Omelia (19-08-2009)
Monaci Benedettini Silvestrini
Una favola e una parabola

Una favola per dire che ad Israele non serve un re e una parabola per cacciare l’invidia. L’atteggiamento antiregale di Israele è noto e di esso si faranno portavoce soprattutto i profeti. Solo il Signore è re. Scelte alternative portano unicamente ad "un rovo" (vv. 14-15), mettersi alla sua ombra può costare caro, poiché non è né sicuro, né dà refrigerio nella calura. Fuor di metafora, anzi di favola, Iotam non ne vuole proprio sapere di altri re all’infuori del Signore. Nella parabola evangelica, nota e super commentata, il padrone si comporta stranamente; infatti chi darebbe mai il medesimo salario ad uno che lavora un’intera giornata e ad un altro che invece ha lavorato solo un’ora? E allora in questa parabola c’è qualcosa che doveva rodere la prima comunità, per cui l’autore del vangelo di Matteo si sforza, tramite essa, di dirimere una controversia sorta tra i credenti. E molto probabilmente essi sono da ricercarsi proprio tra quegli ebrei convertiti che mal sopportavano di essere trattati alla pari dei "gentili". Insomma, un po’ di rispetto per la "nobile discendenza"! Pare di sentirli, come sembra sentire tanti cristiani che ancor oggi ricercano "primi posti", proprio perché sono arrivati per primi. Lo si è detto altre volte, Dio ha un metro di misura diverso dal nostro, e poi vorrà pur dire qualcosa il fatto che vive nell’eternità e non nella dimensione temporale! Il cristiano ha il dovere di accogliere l’altro al di là di qualsiasi pregiudizio e soprattutto di qualsivoglia invidia. Meno si dà spazio a questo sentimento e più si è disponibili a vedere i valori positivi che sono nell’altro.