Omelia (09-08-2009) |
mons. Antonio Riboldi |
Il grande dono di Dio poco compreso Giustamente la Chiesa ci propone, oggi, il grande dono di Gesù - un dono allora e sempre, per tutti - l'Eucarestia. Per un cristiano vero, l'Eucarestia, in cui si fa comunione con il Corpo e il Sangue di Gesù, è il grande segreto della vita interiore, ma è anche il concreto farsi vicino o, se vogliamo, farsi uno di noi del Signore. Sembra impossibile, frutto della nostra ignoranza, passare oltre questo grande mistero, come interessasse poco per la vita. E facciamo male... ci facciamo male! Ma cosa intendiamo per Eucaristia? Lo descrive ben il S. Padre nella sua enciclica intitolata 'Sacramento dell'amore': "Il nuovo culto cristiano – scrive – abbraccia questo aspetto dell'esistenza trasfigurandola: 'Sia dunque che mangiate o che beviate, sta che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.' In ogni atto della vita il cristiano è chiamato ad esprimere il vero culto a Dio. Da qui prende forma la natura intrinsecamente 'eucaristica' della vita cristiana. In quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza quotidiana. Il Signore Gesù, fattosi per noi cibo dí verità e di amore, parlando del dono della sua vita, ci assicura che 'chi mangia di questo pane vivrà in eterno. Colui che mangia di me, vivrà per me.' Vale anche qui quanto S. Agostino, nelle sue Confessioni dice del Logos eterno, cibo dell'anima; mettendo in rilievo il carattere paradossale di questo cibo, il Santo Dottore immagina di sentirsi dire: 'Sono il cibo dei grandi: cresci e mi mangerai. Non Io sarò assimilato a te, come cibo della tua carne, ma tu sarai assimilato a Me.' Infatti non è l'alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a Sé, e ci attira dentro di Sé." (S.C. 70-71) Possono apparire parole difficili o troppo misteriose, per la sola ragione che appartengono alla sublimità dell'amore di un Dio che non si limita ad amare superficialmente, ma fa del suo amore cibo. Come l'aria per la nostra vita fisica. Fossimo capaci di farci affascinare oda questo Mistero di Amore, credo che faremmo della Messa e della Comunione il vero centro della vita, come Io è per tutti i santi. Può sembrare difficile, per tanti, anche solo accostarci a questo Dio che ci ama, ma chi ha fede lo sa che è davvero toccare il Cielo, Quando Gesù, come narra il Vangelo di oggi, continuando il discorso della settimana scorsa, tentò di farlo capire ai suoi ascoltatori, suscitò addirittura mormorazione. Si rimane davvero perplessi davanti all'atteggiamento di chi aveva la fortuna rarissima di vederLo e ascoltarLe e, anziché accogliere e gioire per quello che rivelava – ed era tutto amore, solo amore – non solo non comprende, ma mormora. Così racconta l'evangelista Giovanni: "In quel tempo i Giudei mormoravano di Lui perché aveva detto: 'Io sono il pane disceso dal Cielo.' E dicevano: 'Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Io sono disceso dal Cielo?' Gesù rispose: 'Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a Me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei Profeti. 'E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da Lui, viene a me. Io sono il pane della vita. I vostri Padri hanno mangiato la manna del deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita eterna.'" (Gv. 6, 41-53) Quanti stavano ad ascoltare Gesù certamente si attendevano altre parole, che interessassero il benessere sulla terra. Erano forse poveri, come tanti di noi a volte. Forse non pensavano che la più grande povertà nostra non è quella materiale, ma quella 'dentrò, là dove davvero tante volte siamo 'affamati e assetati' di ben altro, che non esiste sulla terra, non è frutto di opera umana, ma ha un'altra origine, viene dal Cielo: quel Cielo che troppe volte non entra nelle nostre aspirazioni o vedute. Diciamocelo con franchezza: la nostra fiducia è posta in quello che ci offre la terra ed il mondo e, non è solo fiducia, ma spesso ricerca affannosa, con tutte le nostre forze. Lì è il nostro terribile credo. Ma la nostra origine è dal Cielo e non possiamo quindi ignorare che, se siamo sinceri, abbiamo proprio bisogno di 'quel pane disceso dal Cielo.' In questa scelta si misura la serenità di tanti, che si affidano al pane del Cielo, e la tristezza di chi si affida al pane della terra. Quanta gioia si prova quando si riceve Gesù che si fa nostra carne e così comunica la sua Pace. Ma quanti, tra noi cristiani, ne fanno davvero esperienza, se ne accorgono? Torna alla mia mente il detto dei martiri di Abilene, quando dissero al giudice, che esigeva rinnegassero l'Eucarestia, per avere salva la vita: 'Senza domenica non possiamo vivere', che è quanto dicono tanti fratelli e sorelle: 'Senza Comunione non possiamo vivere.' Forse è un dono da meritare con la fede, quello di sapere entrare nello spirito della fiducia totale in Gesù. Sappiamo dal Vangelo che di fronte all'affermazione di Gesù: 'Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna' – incomprensibile allora e forse anche oggi – 'Quanti lo seguivano si allontanarono e non tornarono più.' Gesù, amareggiato da quella incomprensione, si rivolse ai Dodici, che lo seguivano, e chiese: 'Volete andarvene anche voi?'. Quanta amarezza in queste parole! Ed è la stessa amarezza che, credo, provi nel vedere tanti cristiani 'snobbare' l'Eucarestia oggi. Cristiani che davanti alla Messa e alla Comunione... se ne vanno e non tornano più. Ci siamo anche noi, a volte, tra costoro? Toccherà a Pietro dire le parole che toccarono il cuore di Gesù e vorremmo fossero le nostre: 'Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.' Sono le parole di tanti cristiani pronti a rinunciare a tante cose del mondo, soprattutto la domenica, ma mai e poi mai a perdere il dono dell'Eucarestia. Scriveva il nostro Paolo VI: "Ora un'osservazione pare evidente su l'impiego raffinato ed intenso dell'intelligenza nel mondo moderno, che esso è governato da scopi pratici. Non esistono più studiosi contemplativi, non più oranti, non più profeti. Tutta l'attività spirituale dell'uomo è rivolta o a scopi utilitari o a scopi edonistici. Il che significa che l'escursione del pensiero umano è una grande parabola che ricade sulle cose esteriori inferiori, e si attarda in soddisfazioni soggettive, inclinate verso esperienze animali. È la parabola della morte. È la ricerca del cibo che perisce. È la conquista del pane che sazia i pellegrini morituri: manna sì, discesa dal cielo dello spirito, ma priva di immortalità. L'Eucarestia a questo punto è come un paradosso inatteso, si preannuncia con l'annuncio dell'immortalità: cibo di vita eterna....I1 fedele, nutrito del pane celeste, prova un'esperienza nuova e originale, avente in sé ogni delizia. E Sant'Ambrogio dirà di quel pane: 'In te c'è una spirituale allegrezza celeste.'" Ma a volte manca questa spirituale allegrezza, che confessa la nostra mancanza di 'cibo celeste', e ci fa sentire quanto è duro vivere, come avvenne ad Elia: "Elia si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: 'Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri.' Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora ecco un angelo lo toccò e gli disse: 'Alzati e mangia!' Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio di acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: 'Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino.' Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti, fino al monte di Dio, l'Oreb." (I Re 19, 4-8) È davvero toccante questo episodio e si addice a tante situazioni, in cui a volte ci veniamo a trovare: situazioni così difficili che viene la voglia di dire 'bastà a tutto e a tutti. Chi non ha conosciuto questi momenti, in cui si è manifestata, non solo tutta la nostra debolezza, ma anche la voglia di 'gettare la spugna', che risolve nulla. Ad Elia, perseguitato, viene incontro l'angelo e porta pane e acqua. Facile accostare questo esempio, di ritrovata volontà di continuare a lottare e vivere, nel dono del 'pane eucaristicò, ossia l'Eucarestia. Quante persone conosco, che sanno ricorrere a questo dono, per avere la forza di continuare a vivere, con fedeltà e serenità, nonostante le fatiche e i dolori! Quanti malati hanno trovato il sorriso della speranza nutrendosi del 'pane del Cielo'! Con Madre Teresa preghiamo: "Signore, Tu sei la Vita che voglio vivere, la Luce che voglio riflettere, il Cammino che conduce al Padre, l'Amore che voglio amare, la Gioia che voglio condividere e seminare attorno a me. Gesù, Tu sei Tutto per me, senza di Te non posso fare nulla. Tu sei il Pane di vita, che la Chiesa mi dà. È per Te, in Te, con Te, che posso vivere". |