Omelia (01-06-2003) |
don Fulvio Bertellini |
L'orizzonte è il mondo E' facile scoraggiarsi, per chi tenta di vivere oggi come cristiano. Il mondo non aiuta, la Chiesa appare in difficoltà. Il lavoro, la famiglia, il divertimento, gli ambiti quotidiani del vivere sembrano sempre più lontani e inconciliabili con il Vangelo. Mancano modelli, punti di riferimento, sempre più spesso ci si ritrova a fare i conti con il "vorrei ma non posso, non ci riesco...". Nel nostro sconforto ci raggiungono le parole del Risorto: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". Ai discepoli ancora impauriti, che avevano faticato a crederlo risorto, Gesù apre un orizzonte sconfinato, li avvia alla missione, senza riguardo e senza sconti. Anche a noi, impauriti e scoraggiati, si apre lo stesso vastissimo campo d'azione. L'opera del Risorto asceso al cielo Il messaggio dell'Ascensione del 2003 è dunque innanzitutto un messaggio di fiducia. Nonostante la guerra, nonostante i problemi sociali, nonostante mafia, delinquenza, fame, terrorismo e tutte le nefandezze che giornali e TV ci sbattono quotidianamente in viso, possiamo avere fiducia e speranza. Ma che cosa la sostiene? Che cosa la rende fondata e non velleitaria? Il mistero dell'Ascensione è essenzialmente una modificazione dell'azione di Cristo. Il Gesù terreno opera con il suo corpo umano; il Risorto agisce con il corpo glorioso; il Cristo asceso al cielo opera nella Chiesa, opera con la Chiesa. Paolo radicalizza questa intuizione, quando definisce la Chiesa "corpo di Cristo". Il mistero della Chiesa è ora indissolubilmente legato al mistero di Cristo e di Dio, come mostra la splendida confessione di fede inserita nell'esortazione della lettera agli Efesini (seconda lettura): "un solo corpo, un solo spirito, una sola speranza, una sola fede, un solo battesimo, un solo Signore, un solo Dio padre di tutti...". Ad ogni creatura La nuova presenza del Cristo rende così possibile l'annuncio ad ogni creatura, che a noi appare smisurato, rispetto alle nostre forze. Ma non esiste nessun uomo al di fuori del campo d'azione del Risorto. Il compito è effettivamente impari, ma lui ci accompagna, addirittura ci precede. Nella missione lo sperimentiamo già presente e già all'azione. E se non sperimentiamo questo, sarebbe il caso di considerare se forse non stiamo portando avanti il nostro progetto, la nostra missione, invece di collaborare con lui. I segni E' importante sottolinearlo: l'incarico che il Risorto affida ai discepoli non è una "missione impossibile", che richieda un esercito di "supermen" per essere realizzata. Il Risorto-asceso al cielo ci accompagna, e indica i segni della sua presenza. Scacciare i demoni, parlare lingue nuove, e gli altri segni prodigiosi che vengono enumerati non sono un potere affidato agli apostoli, che per disdetta abbiamo perso, ma sono i segni permanenti che ci indicano se stiamo camminando con il Risorto. Prima di essere "cose da fare" sono eventi da riconoscere: là dove c'è conversione, lotta contro il male, dove le persone trasformano la loro esistenza, lì è in azione il Risorto. E questo accade quotidianamente nelle nostre parrocchie, anche se non nella forma esaltante e misteriosa dell'esorcismo. Lingue nuove e veleni Là dove si crea comunicazione, dialogo, scambio di fede, lì il Risorto è presente. E anche questo avviene, anche se a fatica, nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie, in un mondo dove le risorse tecniche sembrano prevalere sulla comunicazione spontanea e immediata. Qualcuno può obiettare che tante volte non c'è dialogo in famiglia, o incomunicabilità all'interno della parrocchia. Ma forse è il segnale che lì sta prevalendo l'interesse personale, l'ascolto del proprio io, e viene messa a nudo la debolezza della nostra amicizia con il Cristo. E dovunque c'è il coraggio di testimoniare, anche a rischio della vita, lì si realizza il detto sui serpenti e sul veleno. Le forze ostili non riescono ad estinguere del tutto la voce della Chiesa. Ma è sorprendente come la paura blocca noi, in un paese democratico e civile, dove ognuno ha la possibilità di parlare, (e la possibilità di essere criticato), mentre in molti paesi di missione, dove chi si espone rischia la vita, c'è anche più coraggio... forse siamo troppo pieni di noi, e vuoti del Risorto? PRIMA LETTURA "O illustre Teofilo": il destinatario del Vangelo di Luca e degli Atti degli Apostoli porta un nome che significa "amico di Dio", e che non è casuale. Il libro si rivolge, consapevolmente, ad ogni "amico di Dio" che voglia consolidare la sua fede. Solo Abramo, nell'Antico Testamento, viene chiamato "amico di Dio"; gli altri grandi personaggi sono i suoi "servi". Il Vangelo di Giovanni sottolinea fortemente questa novità: "Non vi ho chiamato servi, ma amici". Si abbatte la barriera tra Dio e l'uomo, e diventa possibile una relazione nuova. "Che si era scelti nello Spirito Santo": l'amicizia con il Cristo è fondata su una scelta che viene da lui, e che avviene nello Spirito; il ruolo dello Spirito diventa centrale: "sarete battezzati in Spirito Santo". Prima di avviare la loro missione, gli apostoli devono ricevere lo Spirito (letteralmente: essere immersi nello Spirito), ed è anche per questo che deve cessare la presenza terrena di Gesù. Salendo al Padre, Gesù lascia spazio all'azione definitiva dello Spirito. "E' questo il tempo in cui ricostituirai il Regno di Israele?": la novità portata dalla risurrezione non è ancora pienamente compresa dai discepoli. Essi ragionano ancora nei termini di "regno" e di "servizio". Sentono di dover essere i "servi" o i "ministri" di Gesù, ma non ancora gli "amici", chiamati a condividere la loro gioia con tutti gli altri uomini. "Avrete forza dallo Spirito Santo, e mi sarete testimoni...": Gesù allarga l'orizzonte degli apostoli, in ogni direzione: in profondità, perché verranno rinnovati dalla forza dello Spirito in un modo che neppure potrebbero immaginare; in altezza, perché dalla condizione di "servi" sono stati elevati ad una tale intimità con Gesù da poter essere i suoi personali "testimoni", in ampiezza, perché la loro missione è destinata ad allargarsi "fino agli estremi confini della terra". SECONDA LETTURA L'apostolo comincia raccomandando alcuni atteggiamenti fondamentali, tipo di mantenersi nella "vocazione che avete ricevuto": umiltà, mansuetudine, pazienza. Vanno compresi insieme, con tutta la ricchezza che evocano nel testo greco originale. Umiltà è qui usato in senso radicale, e significa avere una mentalità da poveri. Sullo sfondo vediamo la beatitudine dei poveri in spirito, e l'atteggiamento fondamentale dell'uomo di fronte a Dio, che è la fede. La fede, o umiltà, o povertà nei confronti di Dio si traduce in assenza di presunzione nei confronti dei fratelli. Anche la mansuetudine va letta nel senso della beatitudine dei miti: essi "possederanno la terra". La mitezza si configura come rinuncia alla pretesa e alla sete di possesso, al tentativo di prevaricare nei confronti dei fratelli; ma non è solo un vuoto, un'assenza: si tratta di un atteggiamento di attiva dolcezza, amabilità, che attira l'amicizia; così come la "pazienza" non va intesa solo come un "sopportare", ma come un "caricarsi" dei pesi dei fratelli. Tutti questi atteggiamenti hanno il loro radicamento in Cristo: è lui il povero per eccellenza, il mite, colui che si è caricato dei nostri peccati. L'esortazione di Paolo non è quindi trito moralismo, ma traccia una via per entrare al cuore del mistero di Cristo e di Dio: "un solo corpo, un solo spirito, un solo Signore, un solo Dio". Coloro che coltivano l'unità e la concordia arrivano a scoprire sempre più profondamente il mistero di Dio. |