Omelia (23-08-2009) |
padre Antonio Rungi |
La sequela di Cristo impegna per tutta la vita Celebriamo oggi la XXI domenica del tempo ordinario e il Vangelo di Giovanni, centro della nostra riflessione e meditazione di oggi, ci riporta ai discorsi di Gesù. Questa volta il Signore cerca di capire chi è davvero dalla sua parte, premesso che già è a conoscenza della situazione interiore di ciascuno degli apostoli e dei discepoli, leggendo di fatto nei loro pensieri e nei loro cuori, e domanda se vogliono continuare a stare con Lui o andarsene via, come già alcuni avevano fatto. La sua parola, l’essere vicino a lui non è un gioco, non è un divertimento del momento, né una positiva esperienza di una giornata, ma ci vuole fedeltà, costanza, forte impegno. Gesù chiede ai suoi discepoli la totale disponibilità al suo progetto di salvezza, alla sua persona. Chiede, in altri termini, la fede, la fiducia non di un istante, ma per sempre. Il testo del Vangelo, ricco come sempre, di spunti di meditazione per la condizione spirituale di ciascuno di noi, ci fa ipotizzare tre categorie di persone: quelle che seguono Cristo con coraggio, convinti, senza pretendere nulla; quelle che lo seguono in attesa di qualche evento ed ulteriore segnale che potesse volgere a loro favore; quelle che seguito Cristo per un tempo, non ne avvertono più la necessità, se ne vanno via e non vogliono sentire più discorsi. Tre categorie, in sintesi si possono delineare: quella dei credenti, degli pseudo-credenti e di non credenti o apostati. Di fronte alla scelta di Dio e di Cristo nella nostra vita è lecito domandare oggi a noi ciò che Gesù chiede a Pietro, quale capo del collegio degli apostoli e sapere dalla sua viva voce cosa intendono fare per il futuro, visto che diversi discepoli per la parola coraggiosa ed impegnativa di Cristo lo avevano abbandonato. Domanda di rito: volete andare via anche voi? La risposta poteva essere sì, anche noi vogliamo andare via, vogliamo abbandonarti, non abbiamo più interessi, né motivazioni che ci spingono a stare con te. Invece Pietro interviene a titolo personale e del gruppo ed esprime il suo pensiero e la sua prospettiva di vita in compagnia del Maestro: "Signore da chi andremo tu solo hai parole di vita eterna". Aveva capito che il linguaggio di Cristo era di ben altra consistenza rispetto ai tanti maestri del suo tempo. Egli ha un orizzonte di eternità che prospetta ai suoi fidati amici. Ecco perché che chi era in qualche modo già entrato nella dinamica della grazia e del dono della fede, conta su Gesù, investe su di Lui, scommette sulla sua persona non per una vincita di un premio (forse c’era anche questa attesa, a leggere attentamente il vangelo nella sua completezza) ma per un premio che ha sapore di eternità. La parola di Cristo li affascina e senza quella Parola, cioè senza Dio (Gesù Cristo è la Parola di Dio, è il Verbo, la Parola Incarnata) non si può vivere. Non c’è più orientamento, non ci sono più certezze, tutto diventa precario, soggettivo, relativo, ognuno va per la sua strada, ognuno pensa ed agisce come crede, è anarchia morale e spirituale, caos che non porterà progressivamente all’ordine, ma aumenterà il disordine. E’ quello che avviene oggi a livello morale e in tanti settori. L’uomo vive come se Dio non esistesse e quindi si legittima da solo ogni assurdo comportamento che offende la dignità di se stesso e degli altri esseri umani e della stessa creazione nel suo complesso. Leggendo il testo del Vangelo di Giovanni, oggi comprendiamo quanto al di fuori di un riferimento religioso, di una morale cristiana o naturale l’uomo tende a smarrirsi ed oltre a perdere il senso di Dio, perde anche il senso di se stesso, della vita, delle cose che fa e non ha più vere e rassicuranti prospettive. Magari si inventa e alimenta delle illusioni, costruisce un mondo di favole e di chimere che si sciolgono come neve al sole, per poi motivare che il tutto era stato falsamente impostato o programmato. Il programma di Cristo è ben leggibile nelle sue parole di verità, nella precisione di ciò che intende realizzare. Nel Vangelo troviamo il suo progetto di vita per il mondo e per chi in questo mondo vuole fare la scelta per il Signore. Come sempre chi vuole accostarsi al discorso religioso a Dio, non può farlo solo con la ragione, con la filosofia, con la ricerca scientifica, ma è necessario partire dalla fede. Noi come Pietro dobbiamo riconoscere che Cristo è "il Santo di Dio", cioè Dio stesso in persona che è presente nel mondo e che ritornerà da dove è venuto. L’inviato del Padre, il redentore prospetta ai suoi apostoli non solo lo scandalo della croce, ma la gioia della risurrezione e dell’ascensione al cielo. In poche parole, Cristo educa alla fede vera, indirizza verso il nucleo centrale della dottrina che Lui è venuto a far conoscere. Diciamo che svolge, attraverso la sua parola, una forma di catechesi o di evangelizzazione in cui va al cuore dei problemi e non si ferma all’apparenza, né tantomeno per accaparrarsi la simpatia della gente e il consenso manipola la verità, mistica o promette cose che non può mantenere. Cristo è chiaro e trasparente nel linguaggio è luce che illumina è maestro che forma e guida alla verità. Egli chiede fedeltà e coerenza. Come d’altra parte leggiamo, in un contesto completamente diverso, relativamente al Vecchio Testamento nella prima lettura della liturgia della parola di oggi, tratta dal Libro di Giosuè. Come sempre nella storia e nella vita di ciascuno di noi o di una nazione che un momento in cui bisogna scegliere: la via di Dio o la via di altri dei. Il bene o il male, la sicurezza o l’incertezza, la fede dei propri avi o quella dell’autonomia individuale. Giosuè nel suo ruolo di guida del popolo di Israele, nella sua responsabilità e compito di sapere cosa pensasse quel popolo che Dio si era scelto e che era stato già contrassegnato da tanti benefici dall’Alto, chiede democraticamente, a modi di referendum, di sondaggio di opinione e di vera espressione di voto, cosa vogliono fare se continuare sua strada dell’Alleanza sinaitica oppure altra religione. Il popolo convinto di essere sulla strada giusta afferma senza mezzi termini: "Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi!". Una dichiarazione di intenti che dovrebbe aiutarci a capire che quando si fanno delle scelte, bisogna poi mantenere. Non bisogna svendere la propria fede, i propri principi morali, religiosi per rincorrere altri modelli di vita o di religiosità. La parola data a Dio va mantenuta e rispettata, altrimenti diventiamo canne al vento che cambiano bandiera facilmente, senza trovare pace a nessuna parte. Le scelte fatte con convinzioni vanno mantenute a costo di grossi sacrifici e rinunce. Ci aiuta in questo discorso il testo della lettera agli Efesini che ascoltiamo oggi come secondo brano biblico della liturgia della parola, con il riferimento alla sacralità del matrimonio e della famiglia. Tema molto attuale e dibattuto ai nostri giorni, falsamente interpretato da chi non vuole entrare nella logica dell’amore, del rispetto, della collaborazione che sottostà ad ogni scelta di vita coniugale e familiare. Di fronte alla crisi delle nostre famiglie, a tanti fallimenti nella vita coniugale, questa parola ci viene in aiuto e ad illuminarci perché possiamo tutti, a diverso titolo e grado, collaborare per il recupero della dignità del matrimonio, della famiglia, della donna, dei figli e dell’uomo. La dignità del matrimonio è evidenziata nell’analogia con la Chiesa e con la sua struttura. All’interno dell’uno e dell’altra deve circolare la carità e l’amore. Le regole sì, le leggi pure, ma alla base di tutto ci deve essere l’amore, la carità, quel sottomettersi l’uno all’altro che è indice di umiltà, volontà di collaborare per il bene della famiglia, senza presunzioni, arroganze, superbie, sopraffazioni. Consiglio a coniugi che vivono insieme, a quelli che sono in fase di separazione e che si sono sposati in chiesa con il sacramento nuziale di valutare attentamente queste parole prima di assumere qualsiasi decisione soprattutto se porta allo sfascio della famiglia e se nella famiglia ci sono bambini e minorenni. La sacralità e la dignità del matrimonio e della famiglia vanno sempre salvaguardate, tranne il caso in cui il sacramento non c’è mai stato, per cui l’atto posto in essere è nullo, ed è nullo perché davvero mancano i presupposti per essere vero. Sia questa la nostra preghiera che eleviamo al Signore dal profondo del nostro cuore: "O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia". Signore facci assaporare la gioia di essere uniti, di essere in amici, di superare le incomprensioni, le divisioni, le lotte e questo in ogni luogo, ma soprattutto nella famiglia, ove, oggi, maggiormente si avverte la fatica e il peso di continuare nel cammino intrapreso, promettendo amore eterno davanti a te. La vera gioia su questa terra è vivere vicino a Te Signore ed essere in pace con la nostra coscienza e con tutti. |