Omelia (06-09-2009) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Ascolto e accoglienza Il profeta Isaia (in verità un anonimo autore che si inserisce fra i redattori del testo profetico) invita il popolo di Israele deportato in Babilonia alla gioia e alla letizia perché Dio sta per operare la loro liberazione e presto avrà luogo il rientro in patria: grazie all’edittto di Ciro, infatti, i Gerosolimitani un tempo deportati a Babilonia (587 a C) ora stanno per fare ritorno nella loro terra, nella quale potranno riprendere la vita e le consuetudini, lodando e magnificando Dio per averli liberati e salvati. Il profeta però, nel bel mezzo delle immagini simboliche, si sofferma anche sulla promessa: "Si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi." Finalmente i sordi cominceranno ad udire e i ciechi a vedere; non tanto però nel senso materiale del termine, quanto nella loro capacità di assimilazione della Parola del Signore: fino a ad ora sempre restii e insensibili a Dio e al suo messaggio, adesso i sordi avranno la possibilità di ascoltare la Parola di Dio e di aderirvi, assimilandola, facendola propria e mettendola in atto. Nella Sacra Scrittura i sordi sono propriamente coloro che mostrano indifferenza e riluttanza al Signore e sono ben lungi dall’ascoltare la sua Parola; orbene, il Signore stesso "aprirà le loro orecchie" e le renderà sensibili alla Parola e propriamente parlando è nella Parola definitiva del Padre, Cristo Verbo Incarnato, che l’uomo può vantare di avere aperte le orecchie e che anche i suoi occhi siano capaci di vedere, osservare, valutare... quello che dovrà essere messo in pratica. Dio stesso in Cristo ci rende in grado di attenzione e di ascolto verso la Parola di Dio ed è per questo che la liturgia del Battesimo dei bambini comprende il cosiddetto rito dell’"effetà" = apriti nel quale si chiede al Signore che conceda al battezzato di ascoltare presto la divina Parola e di mettersi in religioso ascolto del messaggio salvifico del Cristo, del Vangelo. Senza l’ascolto non vi è attenzione e di conseguenza la Parola di Dio, per quanto efficace e profonda essa sia, non potrà mai apportare i propri frutti nell’animo umano. Come possiamo pretendere che essa ci trasformi, se da parte nostra vi è sterile indifferenza e chiusura? Come possiamo permettere a Dio di trasformare la nostra vita se non gli lasciamo il dovuto spazio perché egli possa trasformarci? E’ nell’ascolto, ossia nel soffermarci attento, libero e disinvolto, che noi possiamo accogliere quanto di benefico il Signore ci suggerisce e per questo motivo anche la società odierna dovrebbe concederci opportuni spazi all’attenzione e alla ricezione omettendo almeno una volta la frenesia e l’efficientismo delle attività proprie di chi presume di cambiare il mondo solo con le proprie forze. Anche da parte nostra non è fuori luogo che ci concediamo periodi di isolamento e di lontananza dalle nostre apprensioni quotidiane, luoghi di ristoro fisico spirituale e tempi di raccoglimento personale per favorire la concentrazione e l’attenzione verso noi stessi nella comunione ce nella familiarità con Dio, considerando che "lavorare stanca" (C. Pavese) e che l’attivismo conduce solo a risultati deleteri per noi stessi e per gli altri. Non per niente Gesù conduce questo malcapitato sordomuto fuori dal contatto con la gente: "lo prese in disparte, lontano dalla folla" e il suo intervento produce effetti di guarigione fisica ma anche di cura dal male più ostinato dell’indifferenza e della preclusione. Se, come dice Paolo, la fede deriva dall’annuncio, questo annuncio lo si percepisce solo nell’ascolto e pertanto l’atteggiamento da parte di ciascuno di noi dovrebbe essere quello del giovane Samuele: "Parla Signore, il tuo servo ti ascolta." A partire dall’assimilazione della Parola si potrà vantare indiscussa competenza nell’annuncio edificante a terzi di quanto ci è stato comunicato e pertanto saremo capaci di predicazione e di attività ministeriale non prima di aver operato l’opzione fondamentale della Parola di Dio e la scelta di concederci intimamente a lui, ma anche prescindendo da ogni attività missionaria, è opportuno e conveniente l'ascolto della Parola in se medesimo per la nostra edificazione personale e per la necessità di carica umana ed energia durature. |