Omelia (30-08-2009)
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di don Paolo Ricciardi

Domenica di fine agosto. Le chiese di città hanno un respiro diverso, con poche persone. Le chiese al mare, a cielo aperto, o tra i monti, si affollano di gente diversa, turisti e abitanti del luogo si confondono, ci si ritrova comunità pur non conoscendosi, in quel clima che solo il Signore sa donare.
E in questa domenica – dopo aver ascoltato per quattro settimane il vangelo di Giovanni, con il segno della moltiplicazione e il lungo discorso sul pane della vita – Marco ci presenta Gesù in discussione con i farisei a proposito delle tradizioni circa la purità rituale.
L’estate oscilla sempre tra tradizioni e trasgressioni, e la Parola di questa domenica ci scuote ad andare al cuore del nostro rapporto con Dio. Chissà, forse avremo partecipato anche a qualche bella festa di paese, con tanto di processione, e nel nome del Signore o dei santi avremo fatto tante belle cose, con il rischio di non aver incontrato Dio, ma di avere riempito le pance e svuotato i cuori, con occhi ricolmi di fuochi d’artificio ma ciechi di fede. E se ci è capitato di lamentarci dell’inquinamento del mare o della sporcizia delle strade, chiediamoci ora quanto siamo inquinati noi.
I farisei, famosi per l’osservanza scrupolosa della Torah e della Tradizione, sono antipatici a tutti, ma nessuno di noi si sente mai tra di loro. Eppure quante volte anche la nostra fede si riduce al formalismo e al moralismo...
I farisei avevano già attaccato Gesù più di una volta: quando l’avevano visto mangiare con i peccatori (2,15-17), quando si erano accorti che i discepoli di Gesù non digiunavano (2,18-22) e quando avevano visto gli stessi discepoli mangiare il grano di sabato e Gesù guarire un uomo nello stesso giorno (2,23-3,6). Ora, di nuovo, notano che gli amici di Gesù non osservano pienamente la tradizione, ossia non si lavano come dovrebbero. L’uso giudaico di lavarsi le mani prima di mangiare non era fondato tanto su motivi igienici, quanto su quelli religiosi. L’osservanza a puntino della lavatura del corpo, così come delle stoviglie, dava la certezza di "stare a posto" davanti a Dio. Ma le regole di questo lavaggio erano veramente esagerate. Ad esempio non tutti i recipienti per lavarsi erano ammessi e bisognava lavarsi e risciacquarsi più di una volta fino al gomito.
Gesù con uno sguardo che sa sempre andare oltre la superficie per leggere in profondità, non può accettare questa ulteriore ottusità dei suoi avversari. Si accorge che ciò che dovrebbe essere questione di cuore e di interiorità, è solamente diventato questione di purezza di "mani" o di "labbra". La purezza - dice Gesù - non è qualcosa esterna a noi. Non va confusa con la pulizia esteriore. Si può essere infatti perfettamente puliti, ma non puri. E ci si sporca così delle macchie più insopportabili: l’ipocrisia e la formalità.
Anche noi siamo chiamati, mentre ci riaffacciamo non senza difficoltà ad un nuovo anno sociale, a interrogare il nostro cuore, le nostre intenzioni, per non nasconderci dietro una bella facciata di circostanza. Il nostro cuore non si purificherà perché assolveremo formalmente il precetto festivo, faremo digiuni quando ci è comandato o daremo qualche spicciolo in elemosina. Il nostro cuore si purificherà se sapremo accogliere veramente Dio. Tutte le leggi religiose, come quelle date al popolo tramite Mosè, hanno un senso se partono dall’amore. Allora sono per la libertà, altrimenti è una scocciante schiavitù. Se il rapporto con Lui e con gli altri è animato dall’amore, le leggi non sono più comandamenti gravosi, ma giuste condizioni di un Dio che si è fatto vicino, perché l’uomo sperimenti la vita nel possesso di una terra santa – Cristo stesso – in cui non ci si sente più stranieri.
Anche il testo della lettera di Giacomo rientra nella tematica generale di questa domenica: non bisogna essere solamente ascoltatori della Parola di Dio, ma è necessario passare dalla Parola alla vita. Per accogliere in pienezza il dono della Parola che viene dall’alto bisogna vivere di carità concreta su questa terra, conservandosi puri dal mondo. Con l’invito di oggi a guardarci dentro, a osservare la nostra profondità, pensiamo allo Sguardo stesso di Dio rivolto su ciascuno di noi, ricordando ciò che diceva Dio a Samuele, quando era in procinto di scegliere il successore di Saul tra i figli di Iesse: "Non guardare l’aspetto, né la statura. L’uomo guarda all’apparenza. Il Signore guarda al cuore".
Sì, Lui guarda il mio cuore. Non posso dare spazio a tutti i desideri e le intenzioni cattive che possano distogliere quello Sguardo. Voglio essere pronto ai suoi occhi.
E allora il nuovo anno che inizia, con l’aria strana di settembre, le scuole, il lavoro, il ritmo quotidiano, gli incontri, gli imprevisti, gli amici, i nemici, le gioie, i dolori e tutto il resto della nostra vita non saranno elementi intralcianti un cammino di fede sereno, ma l’ambiente che Dio ha scelto per noi, per donarci se stesso, vero Pane di vita.