Omelia (06-09-2009)
Omelie.org (bambini)


Il Vangelo di questa domenica ci riferisce il miracolo compiuto da Gesù nei confronti di un sordomuto, un uomo che non aveva mai avuto la possibilità di udire né di parlare.
L’evangelista Marco ce lo racconta con poche parole, brevi e semplici, per cui rischiamo di non aver ben presente qual era la condizione di quest’uomo prima di incontrare Gesù.
Il mondo di chi non ha né udito né voce è silenzioso e ovattato, e facciamo molta fatica a immaginarcelo. Soprattutto oggi che abbiamo sempre una colonna sonora nella nostra vita: radio, tv, mp3, i-pod...
Chi è sordo non ha la possibilità di conoscere tutto il mondo di suoni e rumori che ci circondano continuamente. In effetti, quasi non riusciamo a pensare un esistenza senza suoni: fin da quando siamo nella pancia della mamma, prima ancora di nascere, riusciamo a percepire i suoni dell’ambiente e sappiamo riconoscere le voci dei nostri genitori! Prima di vedere i loro volti, già conosciamo il suono della loro voce!
E poi, durante tutta la nostra vita, c’è sempre qualche suono che ci accompagna: anche nel silenzio più assoluto, possiamo udire il nostro respiro e il battito del nostro cuore.
Impariamo presto a riconoscere i diversi suoni della natura, e ci sembrerebbe impossibile vivere senza il fruscio del vento, senza il canto degli uccelli, senza lo scroscio della pioggia, senza lo sciabordio delle onde del mare o lo scoppiettio del fuoco...
Una vita senza canzoni, senza musica, senza il suono della risate, delle voci di chi ci vuol bene e pronuncia il nostro nome con affetto speciale...
È triste ammalarsi e perdere l’udito: ma in questo caso si mantiene almeno la capacità di parlare e si conserva il ricordo di tutti i suoni, rumori, melodie, che ascoltati fino a quel momento.
Ma chi nasce senza la capacità di udire, oltre ad essere immerso in un universo silenzioso, fa molta fatica a capire che è possibile parlare: resta muto, perché non sa cosa sono i suoni e le parole.
Chi nasce sordo non conosce le capacità delle sue corde vocali, non sa come usarle e non sa di avere una voce.
Conosco una ragazza, si chiama Ornella ed è nata sorda. Per lei il mondo non ha suoni. Al massimo ci sono le vibrazioni delle onde sonore: se appoggia le mani su un altoparlante, non sente la melodia della musica, ma la vibrazione della cassa.
Un po’ quello che succede anche con la nostra gola: fate come me, poggiate il palmo della vostra mano, leggermente, sulla vostra gola. Fatto?
Bene, ora dite piano, senza gridare, insieme a me: aaaaaaaaa...
Sentite come vibrano le corde vocali dentro la gola?
Ecco, una persona che è nata sorda deve imparare attraverso le mani a riconoscere le vibrazioni della sua gola, per riuscire a parlare.
Ornella, con l’aiuto di una maestra speciale e dei suoi genitori, ha faticato tanto per imparare a parlare. Ora ci riesce e si fa capire benissimo. Non sente con le orecchie le parole della gente che ha intorno, ma sa leggere le labbra di chi ha di fronte, capendo ogni conversazione. Risponde tranquilla, con una voce appena un po’ rauca. Chi non la conosce, di solito non capisce che è sorda e che un tempo era anche muta.
Al tempo di Gesù, però, la medicina non era sviluppata come adesso e chi nasceva sordo non scopriva mai la possibilità di parlare.
Questa era quindi la condizione del protagonista del miracolo di oggi, incapace di udire e di parlare. Non conosciamo il nome di quest’uomo, sappiamo solo qual era il suo dolore, la sua sofferenza: "Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano."
Non può neppure chiedere di guarire, perché non può usare la parola. Sono altri, forse i suoi parenti o forse i suoi amici, a portarlo dal Rabbi di Nazareth e sono ancora gli altri a chiedere per lui la guarigione.
Gesù dimostra una volta di più la sua delicatezza verso ogni persona: non compie il miracolo davanti a tutti, ma prende per mano l’uomo sordomuto e lo porta lontano dalla folla.
Il Maestro sa bene che nel primo momento in cui riacquisterà l’udito e la parola, quell’uomo proverà anche una grandissima emozione; per questo lo porta un po’ in disparte, perché possa vivere la sua guarigione lontano dalla folla, lontano dagli occhi curiosi di chi vuol vedere cosa succede.
Per una persona abituata al silenzio della sordità, potrebbe essere qualcosa di troppo violento il suono di tante voci che gridano e si meravigliano; ci vuole un po’ di distanza, per dargli modo di abituarsi alla nuova condizione di vita che sta per sperimentare.
Mi colpiscono, in questo vangelo, i due verbi che usa l’evangelista Marco per descrivere che cosa avviene quando Gesù compie il miracolo.
"E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente."
Le orecchie si aprono come se ci fosse stato dentro un tappo, come se fossero state bloccate, ostruite: si spalanca la porta al mondo dei suoni, delle parole, dei rumori, della comunicazione con gli altri.
E la lingua? L’evangelista Marco dice che "si sciolse il nodo", come se la lingua fosse annodata, come si fa come una corda: non si potrebbe certo parlare con la lingua annodata, giusto? Per il sordomuto, acquistare improvvisamente la possibilità di parlare, di raccontare, di cantare, di sussurrare... è una libertà nuova e stupenda!
Il Maestro e Signore non vorrebbe fosse fatta troppa pubblicità a quanto avvenuto, ma questo risulta praticamente impossibile! Tutti quelli che erano presenti al miracolo sono pieni di stupore e di gioia e non la finiscono di raccontare ovunque quanto è accaduto: "Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!"
Riflettendo su questa pagina del Vangelo mi è venuto da pensare che veramente è un miracolo che ci tocca da vicino, perché riguarda la capacità di comunicare che abbiamo tutti noi esseri umani. Uno degli aspetti che distinguono uomini e donne rispetto ad ogni altro vivente, è la capacità di possedere un linguaggio fatto di parole, attraverso le quali entrare in dialogo con i propri simili e condividere tutto quello che ci portiamo dentro.
Avete mai pensato quanto siano importanti nella nostra vita i suoni e le parole? Anche prima di imparare a parlare, quando eravamo dei bimbi piccoli piccoli siamo stati circondati da suoni e parole, che ci hanno aiutato a crescere.
Per una persona sordomuta il mondo è senza suoni e senza parole, è un mondo in cui la comunicazione diventa molto più difficile.
È vero, ci sono situazioni in cui riusciamo a comunicare anche senza parole: in alcune occasioni può bastare uno sguardo, un sorriso, un abbraccio per comprendersi l’un l’altro, ma di solito il modo più facile per conoscersi, per fare amicizia, per condividere i pensieri e le emozioni, è proprio parlare insieme.
Quindi con il miracolo che abbiamo letto oggi nel Vangelo, non viene descritta solo la guarigione da una malattia, non si tratta solo di sanare un difetto fisico, di far funzionare di nuovo l’udito e la voce di quel sordomuto: è molto di più, perché il Rabbi di Nazareth dona all’uomo guarito la possibilità di comunicare, di entrare in dialogo, in relazione, in amicizia, con le persone che ha attorno.
Riacquistare l’udito e la voce dona al protagonista del miracolo di oggi una vita nuova, in cui c’è tanto spazio per le risate e le arrabbiature, le confidenze e i chiarimenti, le favole e i progetti da condividere...
Ora che può esprimere i suoi pensieri, i suoi sentimenti, i suoi sogni, i suoi desideri, le sue speranze, diventa quasi una persona nuova.
E noi, che siamo nati senza problemi di udito e di parola, viviamo bene il dono della comunicazione? Sappiamo ascoltare chi ci è vicino, non solo sentendo le parole che ci vengono dette, ma ascoltandole con il cuore attento? Sappiamo usare al meglio il dono della nostra voce, non per fare i prepotenti, per prendere in giro, per usare parole sgarbate, ma per offrire amicizia, gentilezza, dialogo, incontro?
Ci ricordiamo qualche volta di avere orecchie e voce, o diamo per scontato il nostro corpo e tutte le possibilità che ci offre?
Tra poco ricomincerà la scuola: avremo tanto da ascoltare e tante volte faremo fatica a tenere a bada le parole che escono dalla nostra bocca prima che ce ne rendiamo conto. Allora, in questa settimana, proviamo a fare attenzione al modo in cui usiamo le orecchie e la voce: se siamo capaci di offrire davvero ascolto a chi ci sta accanto e se dalla nostra bocca escono parole gentili, amabili, gradevoli, che donano gioia a chi le ascolta. Proviamo a riconoscere e a rallegrarci per tutte le occasioni in cui udito e parola ci permettono di stare bene con gli amici, di gustare i momenti di gioco, di sentire che ci vogliamo bene. Vedrete che sono numerosissime, fino al punto che ormai non ci badiamo più! Naturalmente, in questa specie di caccia al tesoro, non dimentichiamoci di dire: Grazie!, al Padre Buono che ci ha donato la capacità di comunicare.

Commento a cura di Daniela De Simeis