Omelia (23-08-2009) |
don Daniele Muraro |
Il sacrificio di Cristo: la consacrazione sacerdotale Gesù finisce di parlare e subito deve registrare la perplessità di molti ascoltatori. Fra di loro non si sono solo Giudei ostili, ma anche discepoli. Anch'essi non riescono ad accettare le parole del Signore, cioè il suo proposito di dare se stesso in alimento agli uomini. Gesù risponde che Egli non è solo un uomo, ma il Figlio di Dio. Tutti cercano di salire più in alto possibile, cioè di migliorarsi e di elevare la loro posizione. Gesù non ne ha bisogno, perché la sua identità è divina, Egli è disceso dal cielo, e presso Dio Padre conserva sempre il suo posto. Per questo può essere tanto generoso. Gesù inoltre invita i suoi ascoltatori a non prendere le sue parole in maniera grossolana: "è lo Spirito che dà la vita". Cercare nella sua proposta un versante solo materiale, di interesse immediato, non porta da nessuna parte. L'uomo sente di essere fatto in vista di slanci ideali, di verità eterne e di amore vero. Per accedere a questo mondo invisibile agli occhi, ma reale, occorre avere fede. Gesù bussa a una porta, quella dell'anima, senza maniglia esterna, che si può aprire solo dal di dentro. Egli fa appello alla libera decisione di ciascuno. "Volete andarvene anche voi?" chiede Gesù ai Dodici Apostoli, scelti fra tutti. Risponde san Pietro in qualità di portavoce: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!" Simone il pescatore era esperto della vita. Ne aveva viste parecchie prima di incontrare Gesù di Nazaret. Conosceva l'asprezza del lavoro manuale e non gli sfuggivano le astuzie del piccolo commercio lui che per tanti anni aveva portato al mercato la mattina il pesce catturato con fatica la notte prima. Simone aveva imparato a conoscere e a rispettare l'autorità romana con cui volenti o nolenti tutti a Cafarnao avevano comunque a che fare. In città infatti risiedeva una guarnigione comandata da un centurione. Si guardava dall'eccessiva familiarità con l'occupante, ma non poteva non ammirare la disciplina militare e l'organizzazione statale dell'impero nonché la sua abilità tecnica nel costruire strade e acquedotti. Simone conosceva la legge di Mosè e le promesse dei profeti, la storia un tempo gloriosa del suo popolo, mentre al presente constatava con dolore la decadenza religiosa e morale che aveva investito le guide spirituali di Israele. In particolare non poteva sopportare la doppiezza dei Farisei che fingevano di essere religiosi, ma amavano il lusso e il potere, né si nascondeva l'indegnità di parte dei sacerdoti. Erano passati centocinquant'anni da quando Giasone aveva offerto al re Antioco parecchio denaro per procurasi con la corruzione il titolo di sommo sacerdozio. Racconta il libro dei Maccabei: "Giasone mandò Menelao a portare al re il denaro. Ma Menelao, si accaparrò il sommo sacerdozio, superando l’offerta di Giasone di trecento talenti d’argento. Al ritorno si presentò senza avere nulla con sé che fosse degno del sommo sacerdozio, ma soltanto le manie di un tiranno unite alla ferocia di una belva." Il racconto prosegue: "Menelao, incontratosi in segreto con un complice, lo sollecitò a sopprimere Onia [cioè il sommo sacerdote legittimo]. Quello, recatosi da Onia e ottenutane con inganno la fiducia, lo persuase a uscire dal suo rifugio e subito lo uccise." Questa condizione di crisi nei sommi vertici del sacerdozio ebraico perdurava al tempo di Gesù e lo storico Giuseppe Flavio ne trasmette casi concreti. Stando così le cose Simon Pietro non poteva assegnare molta fiducia a quelle che si proclamavano guide spirituali del popolo. Gli Zeloti avevano risolto il dilemma avviandosi verso la rivolta armata e azioni violente contro romani e classi dirigenti collaborazioniste. Simon Pietro perciò aveva ragioni da vendere ad esclamare: "Signore, da chi andremo?". Non si profilava all'orizzonte nessun figura di guida autorevole e credibile. Se la sua uscita si fosse fermata qui tuttavia egli non avrebbe detto niente di diverso rispetto a quello che in tanti bisbigliavano; ma Simon Pietro va avanti e rivolto a Gesù proclama: "Signore, Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". Una volta rivelata la volontà di istituire il sacramento del suo corpo e del suo sangue, Gesù aveva bisogno di un ministro di tale mistero e lo trova in san Pietro l'Apostolo schietto e generoso, che non si tira indietro, ma con coraggio prende la parola a nome di tutti gli altri. Nell'Antico Testamento il rito di consacrazione del Sommo Sacerdote prevedeva una procedura complicata e scrupolosa. Gesù abolisce le formalità e bada all'essenziale, sia per quanto riguarda la sua funzione di mediatore fra Dio e gli uomini, sia per i suoi rappresentanti e ministri. Come abbiamo sentito nella prima lettura è necessario che ci sia qualcheduno che si metta davanti e provochi tutti con la propria testimonianza: "Sceglietevi oggi chi servire - dice Giosuè -. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore". È questo che il popolo di Dio si deve attendere principalmente dai suoi sacerdoti e deve chiedere loro: una professione chiara di fede per il Signore e una esortazione all'amore per Lui. |