Omelia (06-09-2009) |
mons. Antonio Riboldi |
Beati voi, poveri in spirito "Credevamo di essere ricchi, o meglio di stare bene", si sente spesso dire, oggi, ed invece la crisi economica ha messo a dura prova la sicurezza materiale, - tranne per alcuni ‘privilegiati’, davvero ricchi - e ci fa compiere un passo indietro nelle nostre certezze di benessere acquisito. È più che giusto che il nostro pensiero e la carità della Chiesa - come sta avvenendo in tante Diocesi con prestiti agevolati o in altri modi - si faccia vicino a chi davvero non sa come sostenere la famiglia, o perché disoccupato o per i pochi mezzi. È in questi momenti che, al posto dell'egoismo del benessere, dovrebbe, per noi cristiani, sorgere il dovere della generosità, ossia la capacità di farsi prossimo a chi non sa più come affrontare la vita quotidiana. È davvero il momento della carità o, se volete, della beatitudine della povertà, proclamata da Gesù. È quanto oggi ci insegna l'apostolo Giacomo nella sua lettera: "Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore dello gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcun con un anello d'oro, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: Tu siediti qui comodamente e ai povero dite: Tu mettiti in piedi lì oppure: Siediti qui ai piedi del mio sgabello, non fate voi stessi preferenze e non siete voi giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri del mondo per farli ricchi nella fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che Lo amano?" (Gc 2, 1-5). Chi non ricorda quella dignitosa povertà di spirito e di mezzi, che era la veste nuziale di un passato, povero dì cose, ma ricco di amore, di fede? ‘Si stava bene - mi diceva mamma, esperta nella povertà - quando si stava materialmente male. Ora che abbiamo tutto, si sta davvero molto male spiritualmente e come cuore'. Affermava Paolo VI, riferendosi alla povertà che Gesù aveva scelto come stile di vita: "La povertà è da Cristo onorata: bisogna che la onoriamo anche noi. Dobbiamo onorarla, non maledirla, non disprezzarla, come condizione di vita, cioè come stato di povertà, tanto se tale stato di vita sia nostro, sia quando io vediamo nei fratelli. E dobbiamo onorarla come virtù, cioè come volontaria disposizione di animo, che lo libera dall'attaccamento ai beni temporali e lo dirige verso beni spirituali e verso la pratica della carità. Oggi la povertà è oggetto di lodevolissimo interesse. Importante, perché impegna tutti; difficile, perché, più o meno, tutti, specialmente nel nostro mondo moderno, siamo assorbiti dalla vita economica. Né a questa vita economica si deve abdicare, sì bene la si deve ragionevolmente promuovere, perché legge della vita umana. economica. Né a questa vita economica si deve abdicare, sì bene la si deve ragionevolmente promuovere, perché legge della vita umana. Ma poveri in spirito, se vogliamo essere ricchi di carità, se vogliamo essere cristiani, e, alla fine, se vogliamo essere veri e civili, dobbiamo pur diventare. Poveri in spirito vuoi dire essere liberi di spirito rispetto a quelle ricchezze che non possono assolutamente formare lo scopo vero ed unico della vita. Liberi, cioè capaci di dominare quei beni temporali, che tanto impegnano la vita, così da non essere dominati. Chi possiede, spesso è posseduto dalle sue ricchezze e dalle preoccupazioni che esse portano con sé. Difficile virtù, oggi, la povertà di spirito, perché la ricchezza da conquistare, da accrescere, da godere, ha invaso il cuore umano; ecco perché il cuore langue. Il materialismo di chi lotta per raggiungere una ricchezza che non ha, non è diverso dal materialismo di chi manovra per mantenere egoisticamente e per godere edonisticamente una ricchezza che già ha: e forse questo è peggiore perché più sazio di sé. Difficile virtù, ma ci è raccomandata, comandata anzi, dal codice della salvezza, che è il Vangelo". (Natale 1959) E non è davvero una virtù, la povertà in spirito, che è nuova. L'ha sposata Gesù, Figlio di Dio, 'Colui da cui tutto è stato fatto e senza il quale nulla è stato fatto', dalla nascita a Betlemme, fino al totale dono di sé sulla croce. La povertà in Gesù è totalità di amore. Lui, Dio fatto uomo, - come è nella lettera di S. Giacomo – non ha cercato nel 'banchetto della vità il primo posto, ma l'ultimo. È la natura stessa dell'amore, che mette sempre al primo posto il fratello, soprattutto se bisognoso, scegliendo di diventarne servo. È stata la scelta di tutti i santi: ricordiamo come S. Francesco d'Assisi chiami la povertà 'sorella' e l'ha abbracciata totalmente. Il mio fondatore, il beato Rosmini, apparteneva ad un casato molto ricco, a Rovereto: era ricco. Ma quando si sentì chiamato da Dio ad una vita consacrata, fondando l'Istituto della carità, scelse subito una dimora, conservata ancora oggi al Sacro Monte Calvario di Domodossola, che è l'immagine reale di una povertà inimmaginabile. Amava tanto la povertà, da definirla 'muro di sostegno della Chiesa'. Ho sempre in mente, come icona, la povertà di Madre Teresa di Calcutta. Con lei ebbi il dono di parlare ai giovani e la incontrai in altre occasioni solenni, Ogni suo tratto era il canto della povertà in spirito. Così come per tutti i santi. E torna alla mente l'educazione alla povertà di casa mia, improntata ad una semplicità di vita materiale, fino a vivere tante volte la povertà; come mancanza dei necessario; ma aveva sempre la precedenza la ricchezza dello spirito e del dono. E si propone a noi, che vogliamo farci discepoli del Signore, la visuale di una giustizia, improntata alla rivoluzione dei Vangelo, ovvero non basata su criteri distributivi ('a ciascuno il suo'), cioè secondo la sua produttività o il suo merito, ma di reale esigenza 'secondo il bisogno di ciascuno', come avveniva nelle prime comunità cristiane, narrate dagli Atti degli Apostoli: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera, e tenevano ogni cosa in comune: chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno" (At 2, 42-45). Non è certamente possibile, oggi, pensare e attuare quell'esempio dei primi fratelli nella fede, ma che si possa essere più aperti alle tante povertà che ci circondano, sarebbe davvero la testimonianza che essere cristiano è ben diverso che seguire le mode del mondo: è testimoniare che il nostro cuore non è una cassaforte chiusa alle grida di chi chiede aiuto, ma è una porta aperta, per quello che possiamo, e anche oltre ciò che possiamo. Dietro ogni povero c'è sempre Cristo e chi chiuderebbe la porta in faccia a Cristo che bussa? Era io stile di Gesù, che sapeva accogliere i poveri, gli ammalati, lasciando sempre un segno dei Suo amore, senza 'suonare le trombe', anzi raccomandando il silenzio, perché il bene non deve mai voler far rumore. Racconta l'evangelista Marco: "Gesù, di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E Gesù, portandolo in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il Cielo emise un sospiro e disse: Effatà, cioè Apriti!: E subito gli si aprirono gli orecchi e si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli li raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti" (Mc 7, 31-37). C'è da notare la delicatezza di Gesù, che accoglie il sordomuto, lo porta in disparte, come a dire che il bene non è mai spettacolo, prega il Padre e io guarisce, ammonendolo di non parlarne ad alcuno. Il bene, come l'amore, non vuole e non ha bisogno di pubblicità! In sintonia con quanto detto, piace offrire aí miei amici una pagina di don Tonino Bello sulla Madonna: Maria ha fatto una scelta di campo. Si è messa dalla parte dei vinti. Si è arruolata per così dire nell'esercito dei poveri. Qualcuno forse troverà discriminatorio questo discorso con l'universalità del suo amore e con la sua riconosciuta tenerezza per i peccatori. Maria non è come certe madri che, per amore del quieto vivere, danno ragione a tutti, e pur di non creare problemi finiscono con l'assecondare i soprusi dei figli più discoli. No. Lei prende posizione. Senza ambiguità e senza misure. Santa Maria, Donna di parte, come siamo distanti dalla tua logica! Tu ti sei fidata di Dio, e come Lui hai scommesso sui poveri, facendo della povertà l'indicatore più chiaro del tuo abbandono totale in Lui, il quale 'ha scelto ciò che nel mondo è stolto, per confondere i sapienti; ha scelto ciò che nel mondo è debole, per confondere i forti; ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla, per ridurre al nulla tutte le cose che sono’. Noi, invece, Maria, andiamo più sul sicuro. Non ce la sentiamo di rischiare. Sicché, pur declamando con la bocca i paradossi di Dio, continuiamo a fare assegnamento sulla forza e sul prestigio, sui denaro e sull'astuzia, sul successo e sul potere. Santa Maria, Donna di parte, noi ti preghiamo per la Chiesa di Dio, che, a differenza di te, fa ancora tanta fatica ad allinearsi coraggiosamente ai poveri. Aiutala ad uscire dalla sua pavida neutralità. ispirale accenti di fiducia. E mettile sulle labbra le cadenze eversive del Magnificat di cui a volte sembra abbia smarrito gli accordi. |