Omelia (00-00-0000)
padre Ermes Ronchi
Dall’ascolto di Dio la luce della verità

Il racconto della guari­gione del sordomuto non è il semplice reso­conto di un miracolo, ben­sì un segno che contiene quello che il Signore Gesù vorrebbe operare in ogni suo discepolo, che ha un nodo in cuore, un nodo in gola; quello che vorrebbe realizzare con questa mia u­manità infantile e immatu­ra che non sa ascoltare e non sa dialogare.
Che io sia uomo di ascolto, innanzitutto: «sordo» infat­ti ha la stessa radice di «as­surdo». Entra nell’assurdo chi non sa ascoltare Dio e gli altri, e lascia andare a vuoto tutte le parole. Esce dall’assurdo chi impara ad ascoltare.
«E gli condussero un sordo­muto». Un uomo prigionie­ro del silenzio, una vita chiusa, accartocciata su se stessa come la sua lingua, un non-uomo.
Gesù lo porta in disparte, per un dialogo fatto esclu­sivamente di sguardi: Io e te soli, dice Gesù all’uomo che non è ancora uomo. E sei così importante che ora le mie dita ti lavorano di nuo­vo, come un Creatore che plasmi da capo l’argilla di Adamo.
Gesù inizia a comunicare così, senza parole, con il so­lo calore delle mani, con una carezza sugli orecchi, sulla bocca. Con quel volto fra le sue mani guarda in alto e sospira. E l’uomo co­mincia a guarire.
Il mio volto fra le sue mani! E poi quel sospiro. Geme il Signore il suo dolore per il dolore del mondo, geme per tante vite che non ce la fan­no a sfuggire all’ombra del­l’assurdo, geme e fanno pia­ga in lui tutti i silenzi ostili della terra, tutte le relazioni spezzate...
E infine ecco la parola che salva: «Effatà», «Apriti», ar­rivata così fino a noi, nella lingua di Gesù, viva ancora nel rito del Battesimo.
Apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole. Apriti come si apre uno scrigno prezioso o una prigione del cuore. Apriti come quando cede un argi­ne o una diga o si spalanca la pietra del sepolcro e la vi­ta dilaga. Non vivere chiuso, apriti alla Parola, al gemito e al giubilo del creato.
«E comandò loro di non dir­lo a nessuno». Gesù aiuta senza condizioni. Per lui è più importante la gioia del sordomuto, che non la sua gratitudine; la sua felicità conta di più, e di lui infatti non sapremo più nulla, scomparso nel gorgo della vita ritrovata.
Il Vangelo di Marco riferirà ancora solo due altri mira­coli, la guarigione di due ciechi. Per dire: prima è l’a­scolto poi viene la luce. Solo se hai accolto in te la parola di Dio vedrai bene, capi­rai la verità di ciò che vedi, il senso di ciò che accade.