Omelia (04-10-2009)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)


Uno più uno in matematica è uguale a due, ma la vita sa offrire soluzioni matematiche che di matematico non hanno nulla se non il concetto numerico. In un rapporto sponsale cristiano vissuto in due uno più uno è uguale a uno, a due ed anche a tre...dipende solo se lui e lei vogliono essere un noi compenetrato uno nell'altro, un noi lui più lei singoli oppure un io più lei e l'altro quando l'altro è il Colui che dà sostanza alla Vita, all'Unione, all'Amore.
Nei testi dei Vangeli apocrifi viene riportato che un tale chiese a Gesù: "Maestro, quando verrà il Regno di Dio?" E Gesù rispose: "Quando due saranno uno." E la Bibbia, con il libro della Genesi, si apre proprio con questa formula semplice, unica, rivoluzionaria per il pensiero di allora e forse, a guardare bene, anche quello di oggi. Il primo concetto biblico è che tutta la creazione nasce, si sviluppa, si riproduce in comunione..."non è bene che l'uomo sia solo". Tutta la sua vita è una rincorsa continua a "cercare" qualcuno e/o qualcosa con cui stare insieme. E qui c'è anche una scelta, un progetto, una missione: la Famiglia. "E i due si uniranno e diverranno una carne sola..." dando l'avvio così al progetto di Dio di dare origine alla famiglia umana, che unisce l'uomo e la donna in una missione comune.
Di fronte a questo impegnativo affresco si presenta purtroppo la drammaticità della società di oggi ove sempre più spesso si uniscono non due persone, ma due "solitudini" che si incrociano, che di per sé, semplicemente assommate, non fanno una unità...anzi rischiano di entrate sempre più presto in rotta di collisione e di produrre una solitudine ancora più triste ed amara.
Dio, l'Amore unico e trino di Dio diventa a questo punto il salvagente, diventa lo strumento, il pass par tout a cui affidarsi per evitare che l'amore con la A maiuscola, che dovrebbe unire indissolubilmente l'uomo alla donna, ceda al piacere endonistico, alla passione smodata, all'istinto istintuale, alla "voluptas", alla libido... in cui il sesso si tramuti in un mito, in una religione invertita, una mistica, una tecnica, un fuoco d'artificio erotico intenso ma breve. E qui sta l'altro dramma sociale familiare in una situazione di precarietà relazionale come quello di oggi: la Famiglia diventa, ed è, "un marsupiale nella cui sacca si vanno a collocare tutte le problematiche, le fragilità e le difficoltà che la investono ogni giorno, non ultima la morte, dove padri, madri, figli, sposi e spose non riescono più a toccare il fondo della propria anima" con il forte rischio di ridurre la famiglia a una specie di equazione tra il costo della vita, il numero di figli, la possibilità di divertimento, l'indipendenza reciproca...! E nasce così un relativismo liberale per cui ogni agire e ogni relazione non è più funzionale al "noi" ma alla soddisfazione, più o meno inconscia, dell'io, dell'ego. Sposo e sposa prima coesistono faticosamente, poi si separano; genitori e figli si distinguono e si oppongono, e matrimonio e famiglia restano immiseriti, dissociati, in una subdola anarchica spregiudicatezza che li dissolve all'interno, nel nome di una "libertà" personale e di uno spazio vitale da difendere nel rapporto a due, sia questo matrimoniale che di convivenza.
Cristo, nel riconciliare e riunire l'Uomo a Dio nel sacrificio supremo della sua Vita quale gesto sublime d'Amore, a ricondotto la Famiglia alla sua dignità originaria voluta da Dio nell'ordine della creazione, elevando l'amore matrimoniale alla dignità di Sacramento. Marco nel suo vangelo evidenzia come Cristo supera l'intricata controversia rabbinica divorzista con una affermazione radicale di validità, di perennità e di indissolubilità matrimoniale. Il matrimonio non è il carcere dell'amore, non è uno stare insieme "a tempo", ma bensì è l'"habitat", ove amore, affettività, sessualità trovano la loro massima espressione vitale umana e divina.
E allora quando si conclude un rito matrimoniale sacramentale, al momento del congedo, andrebbe detto agli sposi: Andate in pace, ma non mettetevi il cuore in pace. Andate e fate vedere a tutti quanto è bello l'Amore vissuto in due nel nome di Cristo; un amore umile, che non si stanca di ricominciare ogni mattina, capace di fiducia, di sacrificio: insomma un Amore, il proprio Amore che sa ridirsi ogni giorno, fino all'ultimo giorno: TI AMO, non perché ho bisogno di te, ma perché ho bisogno di te perché TI AMO".

Domande:
- Quanto la mia vita sponsale è una equazione materialistica?
- Ogni mattina, quando mi sveglio, e ogni sera, quando mi addormento, posso guardare la persona che ho accanto e dirle: Ti Amo!?
- La nostra vita coniugale di sposi e genitori è testimonianza dell'Amore unico e trino di Dio?

Commento a cura di Maria Grazia e Claudio Righi