Omelia (20-09-2009)
Omelie.org (bambini)


Non so se ci avete fatto caso, ma siamo tutti abituati a "fare classifiche": alla TV sentiamo parlare dei programmi con l’auditel più alto; sui giornali si pubblicano ogni settimana i titoli dei 10 film più visti, dei 5 libri più venduti, delle 10 canzoni più trasmesse alla radio...
Poi ci sono le nostre classifiche personali: gli amici più simpatici, i più bravi della classe, i più forti a braccio di ferro, i migliori a giocare a calcio, chi fa più canestri, chi fa meglio la spaccata...
Ci si ricorda dei campioni del mondo, di chi batte i record, di chi vince la medaglia d’oro (di chi vince il bronzo, quasi subito ci dimentichiamo). Le persone più famose e più importanti sono anche quelle più ammirate.
Non è una novità di oggi, di sicuro: è sempre stato così, in ogni tempo. Proprio il Vangelo di oggi ce lo dimostra attraverso il racconto dell’evangelista Marco.
Gesù e i Dodici stanno viaggiando a piedi, come al solito. Lungo la strada il loro Rabbi ripete ancora quello che aveva già detto la scorsa settimana: parla della sua Passione, spiega che cosa gli succederà tra poco tempo: "Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà".
Il Maestro e Signore parla delle sofferenze che deve affrontare, si confida con loro, ma gli Apostoli non capiscono fino in fondo. Solo, intuiscono che si tratta di un argomento triste, amaro, doloroso, per cui hanno paura di chiedere spiegazioni o chiarimenti, e preferiscono mettersi a conversare tra loro.
Sembra di vedere la scena, come se accadesse sotto i nostri occhi: Gesù, strada facendo, ha parlato della sua morte e della sua risurrezione; intorno a lui si è fatto un gran silenzio. Il Rabbi di Nazareth continua il suo cammino e i Dodici lo seguono a testa bassa, muti, per alcuni minuti.
Poi, restando un po’ indietro rispetto a Gesù, cominciano a parlare tra di loro; prima sottovoce, poi in maniera sempre più accesa, finché la conversazione non diventa una vera e propria discussione.
Il Maestro e Signore li lascia parlare, non interviene, e prosegue il viaggio; fino a quanto arrivano alla città di Cafarnao, dove si fermano. Quando sono finalmente a casa, Gesù domanda: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?"
Ancora una volta la risposta degli Apostoli è il silenzio: non hanno il coraggio di parlare, si vergognano di rispondere, tanto più che sono sicuri che il loro Maestro conosce perfettamente l’argomento dei loro discorsi: "Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande."
Ecco, proprio quello che dicevamo all’inizio! Vogliono stabilire delle graduatorie, vogliono fare una classifica per poter dire chi è il più bravo tra loro, chi è il più importante, chi ha più potere!
Com’è facile riconoscerci in questi discorsi degli Apostoli... chissà, magari abbiamo fatto anche noi con gli amici discussioni di questo genere.
Ma torniamo al racconto dell’evangelista Marco.
Naturalmente Gesù sa di che cosa hanno parlato i Dodici strada facendo e lo dimostra con un gesto e una frase: "Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti."
Ascoltiamo bene i dettagli che ci riferisce l’evangelista: prima di tutto Gesù si siede: questo significa che le parole che sta per pronunciare sono importantissime, sono un insegnamento che da vero Maestro sta rivolgendo ai suoi alunni.
Infatti, al tempo di Gesù, era il maestro, era colui che insegnava, a stare seduto sulla sedia, mentre gli alunni rimanevano in piedi o al massimo si accoccolavano per terra ai suoi piedi, per ascoltare la lezione.
Quindi Gesù si mette a sedere proprio per indicare che sta per dire qualcosa di prezioso che va accolto con molta attenzione. Una volta messosi a sedere pronuncia questo insegnamento, breve e deciso: "Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti."
Come come come?! Ma questo è proprio il contrario di quello che di solito pensiamo noi, è una logica tutta alla rovescia, rispetto alla nostra!
Gesù, lo sappiamo, segue la logica di Dio, e quindi capita che facciamo fatica a comprenderlo. Ora spiega che per essere il primo, il migliore, il più grande, il più importante, bisogna scegliere di stare all’ultimo posto, scegliere di mettersi a servizio di tutti.
Ma questo, concretamente, che cosa significa per la nostra vita?
Prima di tutto chiariamo bene le parole del Maestro e Signore: quando afferma "sia l’ultimo di tutti", non vuol dire che dobbiamo sforzarci di arrivare per ultimi, che dobbiamo perdere ogni gioco o ogni gara che facciamo, così da essere sempre all’ultimo posto! No, il suo invito ad essere ultimi significa semplicemente non cercare ad ogni costo di essere i primi.
Sembra un’idea contorta, ma me l’ha spiegata molto bene Alessio, un ragazzino che ho conosciuto qualche hanno fa in oratorio. Alessio mi ha detto: "Mi piace molto giocare a pallone ed è bellissimo segnare un goal. Ma se per tirare in porta ad ogni costo, devo fare un fallaccio al mio avversario, questo non è sportivo e non è secondo il cuore di Dio. Se invece evito di fare fallo, può darsi che il mio tiro sia meno mirato, può darsi che non mi entri il goal... però questo è restare all’ultimo posto come dice il Vangelo!"
E sapete cosa mi ha raccontato un’insegnante mia collega? Ora vi dico, ma è una storia un po’ amara. Dunque, un giorno, nella sua classe stavano provando a scrivere alcune poesie: provavano in gruppo e poi da soli. C’era un’alunna, Claudia, veramente brava, capace di esprimere immagini ed emozioni attraverso le parole. Tutti erano ammirati per la sua bravura, sia la maestra che i compagni. In classe c’era anche un’altra compagna, Mariangela, che se la cavava bene, ma non quanto Claudia.
Il giorno seguente Mariangela ha letto in classe una sua poesia, scritta la sera precedente, veramente bellissima: tutti le hanno fatto un applauso e il foglio con la sua poesia è stato appeso in aula.
Un paio di settimane più tardi, però, un compagno di classe ha portato a scuola un libro di poesie dove aveva trovato proprio la poesia che Mariangela diceva di aver scritto: era di un poeta albanese, che l’insegnante non conosceva, ma che in Albania è molto famoso. Quindi Mariangela, pur di sentirsi la più brava, aveva ingannato tutti: aveva copiato la poesia da un libro o forse da internet, per poi sostenere di essere stata lei a scriverla. Una bugia, per risultare la prima a tutti i costi.
Questo è proprio il contrario del mettersi all’ultimo posto, come ci chiede di fare Gesù!
Il nostro Maestro e Signore aggiunge anche: "Se uno vuole essere il primo, sia... il servitore di tutti."
"Servo" è una parola che magari non ci piace, ma in fondo significa una cosa molto semplice: vuol dire essere disponibili verso tutti.
Pensate a quanti musi lunghi, sbuffamenti, parole scocciate, porte sbattute ed altro ancora, sappiamo tirare fuori quando qualcuno ci chiede qualcosa che non abbiamo voglia di fare! Pensate a come, tante volte, pretendiamo che mamma e papà siano a nostro servizio, senza mai collaborare, neppure tenendo in ordine il nostro zaino, i nostri giochi, i nostri libri...
Ecco, queste sono tutte occasioni preziose per essere "servi" secondo il cuore di Dio.
Allora fermiamoci un istante a riflettere, a pensare alla nostra vita, per scegliere, in questa settimana, cosa vogliamo fare per allenarci ad essere "gli ultimi di tutti e i servi di tutti", così da essere primi nel Regno di Dio.

Commento a cura di Daniela De Simeis