Omelia (27-09-2009)
don Marco Pratesi
Lo Spirito di Mosè

L'episodio narrato nella prima lettura si colloca in un momento di difficoltà di Mosè, che si sente impari a svolgere la missione di guidare un popolo così turbolento in una situazione così difficile. Il contesto immediato è la richiesta di carne da mangiare, all'origine dell'episodio delle quaglie (11,4-6). Nel frattempo Mosè si è sfogato con il Signore, fino a concludere: "Io non posso, da solo, portare tutto questo popolo; è troppo grave per me. Se mi vuoi trattare così, piuttosto fammi morire" (vv. 14-15). Dio risponde: scegli settanta anziani e portali alla mia presenza; farò scendere su di essi il mio spirito, e loro ti aiuteranno a "portare" il popolo (vv. 16-17). Il che viene descritto nella odierna pericope liturgica.
Il dato centrale è che sui settanta riposa lo stesso Spirito di Mosè. In questo caso lo Spirito è dato per la guida del popolo. Per la sua azione, come Mosè ha saputo guidare Israele sulla base della volontà di Dio, gli anziani sapranno fare lo stesso, ovviamente in sottordine rispetto a Mosè. Qui evidentemente si ha presente la situazione posteriore ai fatti dell'Esodo: il consiglio degli anziani era infatti una istituzione, di cui si parla ancora ai tempi di Gesù, insieme al gruppo dei sacerdoti (cf. Mt 21,23; 26,3.47; 27,1.3.12.20.41 etc.). Il testo intende affermare l'origine mosaica dell'istituto: dotate dello stesso spirito di Mosè, le guide del popolo sapranno portarne avanti la missione, sulla base della legge che egli ha lasciato a Israele. In questo senso, e non tanto nel senso stretto del termine, essi sono "profeti": l'episodio profetico di cui sono protagonisti rimane isolato ("non lo fecero più dopo"), perché non è quello il loro compito, ciò di cui lo Spirito ricevuto li rende capaci. Essi svolgono il servizio dell'autorità, non quello della proclamazione della Parola.
Il secondo elemento è dato dall'episodio dei due assenti, che ricevono lo stesso spirito essendo del gruppo ma non essendo presenti alla tenda del convegno. Mi pare che il senso dell'episodio sia essenzialmente questo: l'azione dello Spirito supera le distanze. Non è necessario essere fisicamente presenti a questa "pentecoste mosaica". Non occorre una prossimità fisica con Mosè per avere il suo Spirito. Questo va nella stessa direzione di quanto abbiamo detto: lo Spirito di Mosè può continuare la sua azione nella storia del popolo tramite il servizio dell'autorità affidato agli anziani, anche se essi sono "fisicamente" lontani da Mosè, dalla tenda del convegno e dall'esperienza dell'Esodo. Di questo appunto si rallegra Mosè: che lo Spirito di Dio possa superare i limiti della sua esperienza e della sua storia, per "debordare" nell'esperienza del popolo. La fase mosaica è certamente costitutiva, ma il resto della storia non è inaccessibile allo Spirito che quell'esperienza ha guidato.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.