Omelia (08-11-2009) |
Suor Giuseppina Pisano o.p. |
Una povera vedova: icona di chi veramente vale " Beati i poveri in spirito..." è il ritornello del salmo responsoriale di questa domenica, in cui il povero, amato da Dio, e perciò " beato", è incarnato dalla persona della vedova; figura che ritroviamo nella prima lettura e nel passo del Vangelo. La donna vedova, nella cultura dell'antico Israele, e di altre paesi, viveva una situazione particolarmente drammatica; infatti, la scomparsa del marito la privava della personalità giuridica, che le veniva dall'aver a fianco un uomo, e le toglieva qualunque altra tutela, per cui, essa finiva in balia degli altri e, spesso, nella mendicità. E' il caso della vedova di di Zarepta, che viveva in uno stato di completa indigenza; di lei ci parla il Libro dei Re a proposito del profeta Elia, che giunge in quella località, fuggiasco e impaurito, dopo essersi sottratto alle minacce della regina Gezabele. L'uomo di Dio,é sfinito, ha fame e si rivolge ad una donna, una vedova, madre di un ragazzo, e le chiede un pezzo di pane; la situazione della donna è, ormai, al limite: le resta, ormai poco da cui attingere per mangiare, poi, verrà la morte per inedia; infatti, alla richiesta di cibo da parte di Elia, essa risponde con queste parole:" Per la vita del Signore tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara, e un po' di olio nell'orcio; ora, colgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e moriremo." A questa donna, che, a motivo della povertà, non sembra aver futuro, il Profeta si rivolge in nome di quel Dio, che è " difensore delle vedove", come insegna il salmista(sl.68,6); di quel Dio che è provvidenza, e che, come canta il salmo responsoriale di questa domenica: "..... è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. ................................. il Signore ama i giusti, Il Signore protegge lo straniero. Egli sostiene l'orfano e la vedova." ( sl.145) Tornando al passo del Libro dei Re, il racconto ci dice che la donna credette alla parole di Elia, che illuminarono la sua fede, ed impastò la focaccia; poi, recita il testo:"mangiarono Elìa, la vedova e Il figlio di lei per due giorni. La farina della giara non venne meno e l'olio dell'orcio non diminuì, secondo la parola che Il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elìa" " Non affannatevi - dirà un giorno Gesù - chiedendovi: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Non affannatevi per il domani!"(Mt. 6,31-34) il domani dell'uomo, il domani del povero, infatti, è nelle mani del suo Creatore, che apre la sua mano, per saziare ogni vivente (sl 145) e, in particolare chiunque si affida a Lui. L''abbandono del povero nelle mani di Dio, non è, però disimpegno, ma è dettato da un profondo atteggiamento di fede, una fede forte, pura, e senza calcoli; una fede, che è, anche, animata dall'amore per chi vive la medesima indigenza, o una ancor più grave; il vero povero, infatti, è pronto a dividere il poco che ha, per risollevare, anche di poco, chi condivide la sua stessa sorte. Il vero povero non sa tenere per sè, ma è pronto a spendersi; ed è quel che accade nel tempio di Gerusalemme, il racconto evangelico che la liturgia, oggi, ci fa rileggere, nel testo di Marco, episodio che narra di una povera vedova, che entrò un giorno nel tempio per l'offerta rituale, e vi lasciò tutto quanto possedeva. Nel tempio, in quel momento, è presente anche Gesù, che osserva i gesti degli offerenti, sopratutto dei ricchi: offerte consistenti, che avevano risonanza nel riconoscimento pubblico del sacerdote che sovrintendeva il tesoro. La vedova, umilmente, getta nel tesoro del tempio "due spiccioli, cioè un quattrino" precisa il testo, un'offerta irrisoria, che non fa rumore, e che nessuno calcola; e che i sacerdoti neppure la vedono, così, come non vedono quella piccola donna che getta nel tesoro del tempio il suo tesoro:"quanto aveva per vivere...". Dunque, i sacerdoti non vedono la donna, ma la vede il Figlio di Dio, Gesù, che richiama su di lei l'attenzione dei discepoli, indicandola come modello di beatitudine, una beatitudibe fatta di umiltà, di fede e di amore: lei infatti, nella sua povertà ha dato al tempio, e perciò a Dio stesso, tutto quanto aveva per vivere, ha dato, cioè, se stessa e la sua stessa vita. La lezione della vedova dà, ora, maggior risalto alle parole del Maestro che, in precedenza aveva detto alla folla:«Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna...». "Guai a voi, farisei ipocriti...", aveva gridato, durante la sua predicazione, il Cristo,(Mt.23,13-37); " Guai a voi...verrà si di voi tutto il sangue innocente sparso sulla terra..."; il Signore Gesù colpisce, così, ogni boria umana, ogni atteggiamento superbo, egoista e sprezzante nei confronti degli degli altri; atteggiamento che si nascondeva, spesso, anche dietro una religiosità solo formale e di facciata. Sono gli scribi e i farisei del tempo, ma sono, ancora oggi, le tante persone, cosidette di prestigio, ricche, arroganti e potenti, che riempiono, magari, le pagine della cronaca, imponendosi all'attenzione della massa; persone, che si professano anche cristiane, ma che di fatto, pensano solo a se stesse, ad accrescere il loro potere, il loro prestigio, la loro ricchezza, e, non riescono a vedere il povero, ovvero, lasciano cadere dall'alto la loro elemosina, offendendo, così, ancor più, chi è nell'umiliazione e nel bisogno. Son persone che hanno il gusto dell'apparire, ma dalle quali è bene prender le distanze, in quanto non dovranno mai esser modelli di vita. Di loro profetò, in un lontano tempo, la stessa Madre di Dio, quando disse:"Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, che ha guardato all'umiltà della sua serva....ma ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ma ha rimandato i ricchi a mani vuote..."(Lc.1,46-53). L'uomo che conta solo su di sè, sicuro del suo potere e delle sue ricchezze, che sembrano garantirgli fama, felicità e sicurezza indistruttitibili, è, in realtà un uomo solo con le sue illusioni; gli manca, infatti, la ricchezza più grande: l'amicizia con Dio e l'amore disinteressato verso il prossimo. Al contrario, l'umile, il povero, che sa bene, quanto grande sia il suo bisogno, la sua indigenza, e non solo quella economica, non può che affifarsi totalmente a Dio, e donarsi a Lui, senza riserve, e con Lui vivere, come la vedova dei quattro spiccioli versati nel tesoro. Questa donna anonima, alla quale il Figlio ha dato visibilità, diventa, così, l'icona di come l'uomo debba porsi davanti a Dio e davanti agli uomini: non con l'arroganza di chi si reputa un grande, ma con l'umiltà di chi ben conosce la sua radicale povertà di creatura, in se stessa fragile e bisognosa sia del prossimo, come di Dio, dal quale ogni bene proviene. E' questo il "povero" di cui Cristo parla, l'uomo che confida in Dio, e che, allo stesso tempo, è attento al bisogno di chi gli vive accanto, per condividere con lui, la sua ricchezza e la sua povertà. Beati, dunque, noi se sapremo fare della povertà di spirito il valore-guida della nostra vita, condotta in umiltà davanti a Dio, e ricca d'amore nei confronti del prossimo. sr Maria Giuseppina Pisano o.p. mrita.pisano@virgilio.it |