Omelia (04-10-2009) |
mons. Antonio Riboldi |
L'uomo non separi mai... Anzitutto mi sembra doveroso gioire con voi, perché sappiamo che la nostra Patria è sotto la protezione di S. Francesco d'Assisi: il santo che tutti veneriamo con particolare devozione e sotto la cui protezione mettiamo la nostra Italia, che ha davvero tanto bisogno della sua protezione e guida. Francesco, il santo della perfezione evangelica radicale, ha portato in primo piano la bellezza della beatitudine di 'sorella povertà', che era poi lo stile di vita di Gesù. In un tempo in cui pare che la ricchezza sia l'idolatria di molti, è giusto affidarci a lui, per renderci, con la sua intercessione, capaci di maggior sobrietà, più poveri in spirito e, quindi, diventare davvero uomini di vera pace. Così come è bello ricordare che il mese di ottobre è il mese del S. Rosario. Ci conduce per mano, nelle nostre riflessioni, il nostro Paolo VI, che così commenta: "Il Rosario è un'educazione alla pietà religiosa, più semplice e popolare e allo stesso tempo più seria e più autentica: insegna a unire l'orazione con le azioni comuni della giornata; santifica le vostre amicizie e le vostre occupazioni, vi abitua a unire le parole della preghiera al pensiero, alla riflessione sui misteri del Rosario; e questi, che si presentano come quadri, come scene, come racconti, l'uno dopo l'altro, vi portano alla storia della vita di Gesù e di Maria e alla comprensione delle più alte verità della nostra religione: l'Incarnazione del Signore, la Sua redenzione, la vita cristiana presente e futura. È una scala, il S. Rosario, e voi vi salite insieme, adagio adagio, andando in su, incontro alla Madonna, che vuol dire incontro a Gesù. Perché questo è uno dei caratteri del Rosario, il più bello di tutti: è una devozione che attraverso Maria ci porta a Gesù. Si parla di Maria per arrivare a Gesù... Quante grazie porta questa devozione 'associatà! Sono grazie per voi, grazie per la vostra famiglia, grazie per la vostra città. Voi potete arrivare a confortare, con il Rosario, i malati, salvare i moribondi, convertire i peccatori, aiutare i missionari, liberare le anime del Purgatorio" (maggio 1964). Porto con me, sempre, fin da ragazzo, la corona del S. Rosario, come a confermare alla Mamma Celeste il mio affetto e il mio bisogno di essere protetto. È la bella educazione ricevuta in famiglia, quando, da piccoli e più avanti, a sera, ci si ritrovava, come piccola chiesa, a recitare il S. Rosario. Mi ha commosso tanto, un giorno, accompagnando il Papa Giovanni Paolo II, per le scale della Sacra di S, Michele, vederlo sgranare ad ogni scalino la corona del S. Rosario: era la sua 'compagnia' quotidiana. E veniamo al Vangelo di oggi, tanto necessario per avere idee chiare sul sacramento del matrimonio. Difficilmente il Vangelo si sofferma a valutare singolarmente i fatti, che compongono, anche in modo sostanziale, la nostra vita. Gesù pare abbia a cuore essenzialmente - e non può essere diversamente, Lui, il Figlio di Dio venuto tra noi, uomo tra gli uomini, con tutti i nostri problemi - di offrirci la conoscenza della ragione del dono della vita che, ricordiamocelo sempre, ha di mira la salvezza eterna. Lì c'è la risposta per ciascuno di noi, ossia l'invito alla felicità eterna. Ed è logico che in tale risposta trovi la sua collocazione il matrimonio, che è la vocazione più 'comuné alla santità. Racconta il Vangelo oggi: "Avvicinatisi dei farisei per metterlo alla prova, domandarono a Gesù: E' lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?. Ma egli rispose loro: Che cosa vi ha ordinato Mosè. Dissero: Mose ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla. Gesù disse loro: Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma, Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina, per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una cosa sola. L'uomo non separi mai ciò che Dio ha congiunto" (Mc 10, 2-16). In fondo Gesù conferma solennemente quanto racconta la Genesi: "Il Signore disse: 'Non è bene che l'uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile'. Allora il Signore fece scendere un torpore sull'uomo che si addormentò: gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò, con la costola che aveva tolto all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: 'Questa volta essa è carne della mia carne, ossa delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo è stata toltà. Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola" (Gen 2, 18-24). Così il matrimonio è essere 'scelti', chiamati a vivere il grande dono della carità, giocandosi tutto l'uno per l'altra. Avete mai osservato quale enorme differenza passi tra una sia pur profonda amicizia, tra persone che sono, se buone, graditissimo dono del Signore - Amico e Padre per eccellenza - e l'amore tra due coniugi? Un'amicizia è partecipazione del bene che si è e si ha, ma non coinvolge tutta la persona, non fa mai, in una parola, dei due amici una carne sola. Nell'amicizia si conserva e si rispetta integralmente la libertà dell'altro: ci si può volere bene immensamente, ma non ci si appartiene. Nel matrimonio l'amore fra due coniugi è totale, fino al dono della propria carne, realizzando la ragione che è nella creazione. Al coniuge si offre tutto di se stesso, come dono meraviglioso e gratuito. E tale dono realizza un'unione, che dovrebbe essere irreversibile, per l'eternità: a: un'unità che si costruisce lentamente, a volte facendo esperienza della croce. Un tale amore è sempre condivisione della vita, anche nelle piccole scelte quotidiane, fino a diventare 'carne della mia carne, ossa delle mie ossa'. L'amore nel matrimonio non può mai essere un evento occasionale della vita, da usare e gettare, ma richiede una virtù che oggi pare sconosciuta, la fedeltà 'fin che morte non ci separi', per poi essere uniti un giorno per sempre. Così si esprime il Concilio Ecumenico Vaticano II nel documento 'Chiesa e mondo': "Però non dappertutto la dignità del matrimonio - ripeto fondata sull'amore che ne è il grande cardine, la pietra angolare - brilla con identica chiarezza, perché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l'amore coniugale - che dovrebbe essere, ripeto, la pietra angolare - è molto spesso profanato dall'egoismo, dall'edonismo e usi illeciti contro la generazione. Tuttavia il valore e la solidità del matrimonio e famigliare prendono risalto dal fatto che le difficoltà, molto spesso, rendono manifesta in maniera diversa la vera natura dell'istituto stesso" (n. 48). E perché il matrimonio giungesse al suo compimento, Dio ha voluto che l'amore tra i coniugi diventare un sacramento, ossia uno strumento di santificazione; ha voluto, cioè, dargli il senso delle cose sante, quelle in cui opera Lui stesso accanto all'uomo. Per cui i coniugi sanno di poter contare su una 'grazia di stato', ossia sulla grazia del matrimonio, sacramento che fa superare tante difficoltà, ossia sentire Gesù farsi partecipe della vita matrimoniale. Quando questa 'compagnia' è vissuta con fede, spiega molto bene la riuscita di tante famiglie, la gioia e la serenità che riscontriamo in sposi che hanno la fortuna di celebrare le 'nozze d'argento o d'orò. Altro infatti è camminare 'insieme', ma con la compagnia di Gesù. C'è una spiritualità del matrimonio che è fondamentale e a cui si dovrebbero educare i giovani fidanzati nella preparazione al matrimonio. Il grave difetto dei matrimoni, oggi, è proprio qui: tanta esteriorità, nella celebrazione, senza la dovuta serietà nella preparazione. In fondo è il cuore che va ricondotto alla bellezza della sua donazione totale nel matrimonio, infatti è proprio il cuore che viene travolto da mille errori, che non gli permettono di accostarsi al grande sacramento con quella apertura al dono, sempre, che sarà il fondamento della felicità. Da qui le crisi profonde che caratterizzano tante famiglie, che si fanno e disfano con la facilità con cui si cambia un vestito. Ma tra persone umane, se davvero mature nel cuore, non ci si può trattare come fossimo 'oggetti' a cui, al mattino, si può dire adoro e, alla sera, 'non ti sopporto più'. Sicuramente troppo spesso si confonde la sessualità con l'amore, ma l'una deve essere ai servizio dell'altro, e mai senza l'altro. La persona umana, uomo o donna, - se matura nel cuore, ripeto – è come 'la vite' evangelica: si fa innestare nell'altro fino a diventare una cosa sola. L'amore è la sublimità, difficile se si vuole, di rimanere nell'altro – senza negare se stesso – fino a diventare 'uno', ma se è reciso fa morire la vite stessa. Gesù questa immaturità nell'amore la chiamava e la chiama 'durezza di cuore': per questa Mosè aveva concesso il ripudio. Come fare per affrontare questa insidia contro l'amore e quindi contro il matrimonio? Anzitutto dovrebbe essere conosciuto e rivalutato il ruolo dell'amore e non soffermarsi solo sugli aspetti sessuali. Così l'apostolo Paolo descrive la aratura dell'amore - una regola per tutti -: "L'amore è paziente, benigno è l'amore; non è invidioso l'amore; non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode delle ingiustizie, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L'amore non avrà mai fine" (1 Cor 13, 4-9). E come riuscire, senza paura, a fare della propria famiglia, ai cui centro sono gli sposi, qualcosa di bello, come 'una piccola chiesa domestica'? Preghiamo, oggi e sempre, per tutti gli sposi e per le nostre famiglie: "Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, noi ti rendiamo grazie e benediciamo il Tuo santo nome; Tu hai creato l'uomo e la donna e hai benedetto la loro unione, perché l'uno fosse per l'altro aiuto e appoggio. Accorda agli sposi (a noi sposi) di vivere insieme lungamente nella gioia e nella pace, perché i loro (nostri) cuori aiutino a salire verso di Te, che sei l'Amore, per mezzo del Tuo Figlio Gesù, nello Spirito Santo. Sempre. Amen". |