Omelia (27-09-2009) |
don Daniele Muraro |
Religio vera: Ecclesia ad extra "Chi non è contro di noi è per noi" dice Gesù nel Vangelo. Altrove però san Matteo e san Luca riportano un diverso detto di Gesù, ossia: "Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde." Dal confronto tra le due frasi si capisce che Gesù traccia una distinzione fra Lui stesso e i suoi discepoli. L'adesione alla sua Persona non può essere facoltativa. "Chi non è con me è contro di me." Egli è il Figlio di Dio, di fronte a Lui occorre prendere posizione e non può trattarsi di una scelta di compromesso. Per quel che riguarda la comunità dei discepoli di Gesù, il ragionamento è sfumato. Essi devono fare attenzione ad accogliere tutti quelli che simpatizzano per il loro Signore. "Chi non è contro di noi, è per noi". Sarà Gesù a giudicare della retta intenzione, ed Egli assicura che il minimo gesto compiuto per amore suo non sarà dimenticato. Anche un bicchiere d'acqua dato nel suo nome otterrà la sua ricompensa. Si può salvare anche colui che per motivi indipendenti dalla sua volontà rimane fuori dalla Chiesa; non si salva chi si oppone alla Chiesa, intesa non come persone singole ma nel suo mistero, in quanto comunità di amore e di fede voluta da Dio. Sulle religioni non cristiane si è espresso il Concilio Vaticano II: "La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini". Proseguendo su questa linea, l'impegno di annunciare Gesù Cristo si avvale oggi anche della pratica del dialogo con le altre religioni. Esso comporta un atteggiamento di comprensione e un rapporto di conoscenza reciproca nell'obbedienza alla verità e nel rispetto della libertà. Tuttavia il dialogo non deve sopprimere l'annuncio, cioè la missione vera e propria. Verso chi ancora non conosce Gesù Cristo noi in quanto cattolici siamo in debito di una comunicazione chiara e completa della nostra fede. Sappiamo che lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, ma nelle culture e nelle religioni le Sue ispirazioni sono raccolte in modo confuso, e dunque per fare in modo che vengano capite e apprezzate, occorre sempre un annuncio esplicito. Con la sua azione misteriosa lo Spirito santo prepara il terreno, ma per la Chiesa la semina del Vangelo resta un mandato inderogabile. Su questi ragionamenti si innesta una seconda riflessione e cioè che la diffusione della fede non può avvenire tramite la violenza, piuttosto invece facendo appello alla riflessione e alla maturazione personale. "La violenza è in contrasto sia con l'essenza di Dio che con la dignità dell'uomo dotato di anima e ragione. La costrizione obbliga il corpo, ma la fede è frutto dell'anima. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia..." Il Concilio Vaticano II in un famoso documento ha introdotto la dottrina sulla libertà religiosa. Così facendo si è messo in sintonia con l'insegnamento di Gesù il quale distingueva tra Dio e Cesare e con la Chiesa dei martiri. Fra gli ideali per cui questi ultimi morirono vi furono, senza dubbio, anche la libertà della coscienza e di professione della fede. Così dev'essere pure oggi: "una Chiesa missionaria, che si sa tenuta ad annunciare il suo messaggio a tutti i popoli, deve impegnarsi per la libertà della fede". Ciò equivale a dire che l'annuncio religioso deve essere convincente anche per la mente umana e servirsi di argomenti razionali. Non è tanto la verità quanto la persona ad avere dei diritti, ma fra i diritti della persona c'è quello di sentirsi esporre la verità. Fra i doveri del cristiano poi rientra quello della coerenza tra professione della fede e pratica nella vita. Se il dialogo con il mondo diventa pretesto utile ad eludere la radicali esigenze del Vangelo o peggio ancora a scusare i propri cedimenti, allora siamo fuori strada. In questo senso possiamo capire tutta la serie degli appelli di Gesù nel Vangelo di oggi e che riguardano lo scandalo. Sono parole dure, attraverso le quali Gesù rimarca il valore che Egli dà alla congruenza tra fede dichiarata e fede vissuta. "Se qualcosa di tuo ti scandalizza, taglialo..." Servendosi dei ragionamenti il cristiano annuncia che la sua fede è credibile, ma sono i suoi comportamenti a provare che questa stessa fede è praticabile. Fare convinto il prossimo, senza mostrargli i risvolti pratici della propria dottrina vuol dire lasciare le cose a metà. Abbiamo sentito le parole di san Giacomo nella seconda lettura. Se al mondo tutto andasse per il verso giusto, i suoi avvertimenti sarebbero superflui perché fuori tempo. Invece sono attuali. Dentro di sé molti sentono che il mondo deve cambiare rotta; come effettivamente raggiungere questi ideali di giustizia, pace, sviluppo, nel nostro mondo con certezza nessuno lo sa. All'umanità in ricerca il cristianesimo può dare la risposta: quella della sua fede. Realmente efficace però è solo quel cristianesimo che tiene unito alla forza di convinzione verso gli altri lo sforzo di conversione nei riguardi di se stesso. |