Omelia (04-10-2009) |
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Un amore più grande dei nostri peccati Il fallimento di molti matrimoni provoca ferite profonde e dolorose. Il brano evangelico di oggi ci dice innanzitutto che questo non è secondo il disegno di Dio sulla coppia, così come viene espresso dall'autore della Genesi. Ma il racconto di Marco riferisce anche la reazione molto vivace di Gesù nei confronti di certi uomini della legge che considerano il matrimonio da un punto di vista puramente giuridico. No! dice Gesù. Il matrimonio non è ciò a cui voi lo riducete: un contratto concluso da una volontà umana, che la medesima volontà umana può sciogliere. Il matrimonio è una realtà molto più profonda, in cui Dio stesso è coinvolto. È qualcosa di ben più grande di un semplice soggetto di discussione giuridica. È opera di Dio, e come tale dovete rispettarlo! La domanda precisa che è stata posta a Gesù riguarda il ripudio, una forma di divorzio del tutto particolare, in cui il marito, rinunciando ai propri diritti sulla moglie, le permette di sposare un altro uomo. Nell'ambito del diritto giudaico del tempo non c'è uguaglianza fra marito e moglie: la donna è proprietà dell'uomo, alla stregua degli altri suoi beni, e non ha alcun diritto alla fedeltà dello sposo, che giuridicamente non può essere accusato di adulterio nei confronti di lei. Qui invece Gesù dichiara esplicitamente adultero il marito che ripudia la moglie, proprio nel momento in cui quest'ultima cessa di appartenergli giuridicamente! Non si poteva buttare all'aria con maggior violenza l'ideologia tradizionale, né tratteggiare con maggior chiarezza il matrimonio come l'unione indissolubile di due persone che si impegnano in esso in condizioni di assoluta parità. È evidente che quest'affermazione di principio non risolve tutti i problemi concreti - e giuridici - che nascono dal fallimento di una coppia. Ma pone quest'ultima di fronte all'amore indefettibile di Dio, di cui le persone che si amano devono essere segno in questo mondo: un amore più grande dei nostri peccati. |