Omelia (22-11-2009)
Suor Giuseppina Pisano o.p.
Gesù Cristo: il principe dei re della terra

Con la solennità di Cristo Re, "il principe dei re della terra", come scrive l'apostolo Giovanni, si conclude l'anno liturgico, durante il quale, abbiamo celebrato e meditato i principali misteri della vita del Redentore: l'annuncio della sua incarnazione, l'attesa dell sua venuta, la nascita, la fanciullezza, i tre anni di ministero pubblico, la passione, la morte, la resurrezione gloriosa, e il suo secondo avvento nella gloria, sul quale ci siamo soffermati la scorsa domenica.
Oggi, la Chiesa ci fa considerare ancora, la gloria del Figlio di Dio, il Signore Gesù, riconosciuto e adorato come sovrano dell'intero universo:"Il Signore regna, canta il Salmista, si ammanta di splendore; il Signore si riveste, si cinge di forza. Rende saldo il mondo, non sarà mai scosso. Saldo è il tuo trono fin dal principio, da sempre tu sei."( sl.92); una regalità che ci viene illustrata dal racconto dell'evangelista Giovanni, in un passaggio del processo al Cristo, il rabbi di Nazareth, denunciato dai Giudei all'autorità romana, col pretesto di volersi fare re: il Re dei Giudei, appunto, come leggeremo scritto sulla sua croce.
Gesù, dunque, è di fronte a Pilato, davanti al quale deve risponedere di quella accusa, che lo vedeva come ribelle all'autorità di Roma e sobillatore del popolo.
"...disse Pilato a Gesù: «Tu sei il re dei Giudei?»."; inizia così il passo del Vangelo di oggi.
Il Procuratore romano era ben consapevole delle attese del popolo, e della comune speranza in un Re, che non fosse l'occupante straniero, ma un sovrano potente del popolo di Isaraele, che l'avrebbe liberato dall'oppressione romana, e avrebbe inaugurato un'era nuova di libertà, di giustizia e di pace; ma quell'uomo che gli stava davanti, non aveva niente di minaccioso, sembrava essere soltanto uno dei tanti, che si erano illusi di incrinare il potere di Roma, con piccole rivoluzioni locali, finite nel nulla.
E' così, che Pilato interroga Gesù, sicuramente per scherno, chiedendogli del suo regno.
Parlando di regno, il Procuratore non poteva che pensare al potere di Roma, un potere politico imperialistico, caratterizzato da mire espensionistiche, e di dominio assoluto che, come tutti gli altri imperi, o dittature, che si sono avvicendati nella storia, si fonda sulla forza, la forza delle armi, sulla paura, sull'oppressione e sulla sopraffazione; un potere, che non ha vita lunga, né memoria felice, ma che, tuttavia, si reinsedia, sempre, nei secoli, ed è ancora presente, oggi, in diverse parti della terra.
Alla domanda di Pilato che gli chiede:"Tu sei il re dei Giudei?", Gesù risponde, prima, con un'altra domanda:"Dici questo da te, oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?", poi, conferma di essere Re, di più, afferma che è questa la ragione profonda del suo essere nel mondo:"lo sono re. Per questo io sono nato, e per questo sono venuto nel mondo..."; e definisce, poi, i tratti della sua regalità.
"Il mio regno non è di questo mondo", chiarisce innanzitutto, e ribadisce:"..il mio regno non è di quaggiù..."; dunque, il regno del Cristo non è un regno, come tutti gli altri, fondato sul potere politico, sulla forza, sul dominio, e sulla ricchezza; esso non ha origine nel tempo, anche se è presente nel tempo; ma la sua origine è eterna, perché la sua origine è nella sovranità stessa di Dio, quel Dio che il Cristo è venuto a rivelare: un Dio d'amore, un Dio che salva.
E' questa la verità che l'Uomo Gesù di Nazareth è venuto a portare, e a testimoniare:"Per questo lo sono nato: per rendere testimonianza alla verità."; una verità che si incarna nella Sua persona; una verità che è tutt'uno con l'amore, che si rivelerà pienamente nel dono estremo si sè sulla Croce, per la redenzione di tutti gli uomini.
Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, è Re da sempre; è re degli uomini ed è re dell'Universo, perché come scrive Giovanni:" In principio ere il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.....tutto fu fatto per mezzo di Lui, e, senza di Lui, nulla fu fatto di ciò che è stato creato. In Lui era la vita...era la luce...e il Verbo si è fatto carne ed è venuto a stare in mezzo a noi."(Gv. 1,1-14)
Gesù di Nazareth, l'uomo che i Giudei consegnarono all'autorità romana, perché fosse condannato, e tolto di mezzo, è il Verbo di Dio, l'Unigenito del Padre, fattosi uomo per amore; è il Messia promesso ed atteso per generazioni, del quale il profeta Daniele dice:"...ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo... tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto.".
E' il Regno di Dio, realizzato dal Figlio Gesù, il Cristo, un regno di verità di giustizia e di pace, perché un regno fondato sull'amore, e che, solo, conosce le regole dell'amare, che si traduce in servizio e dono di sé..
Ed ecco il Cristo, che affronta il processo da parte degli uomini; che accetta la loro condanna, che subisce, in silenzio, la loro violenza, e che si lascia mettere in croce; ma, dopo di Lui, quell'infame strumento di morte, sarà l'unico segno di salvezza, che illuminerà la Storia, per condurre gli uomini alla pienezza di vita.
Un giorno Gesù, giunto a Cafarnao coi suoi, dopo essere entrato in casa, interrogò i suoi che, per via avevano discusso tra loro; e quando essi gli dissero che si erano interrogati su chi fosse il più grande li ammonì dicendo:"Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo e il servo di tutti."(Mc.9,33-35)
Regnare, nella logica del Regno di Dio, è, dunque, servire; una cosa non facile, perché l'autentico spirito di servizio, è una conquista interiore, che si compie sul modello del Cristo del quale Paolo dice:"...pur essendo di natura divina, non considerò tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumando la condizione di servo e divenendo simile agli uomini...umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce..."(Fil.2,6-11)
Regnare, alla maniera di Cristo, non è un gioco di superpotenze, non conosce il dominio sugli altri, ma è, al contrario, spogliamento di sé, per spendersi in favore degli altri, con una dedizione infinita, che solo la grazia di Do può animare, e far crescere.
E, se i vari " Pilati" ancora presenti nell nostro tempo, non riescono a capire la grandezza di questo Regno, come non capì l'antico Procuratore romano, al quale premeva, soltanto di difendere i propri interessi politici, noi, che abbiamo incontrato Cristo, siamo chiamati a schierarci con Lui sempre, per testimoniare il suo Regno di amore, ed operare nel Suo nome, contro il male e per la giustizia, privilegiando gli ultimi, gli emarginati, e gli oppressi, che ancora, in gran numero, popolano la nostra storia, .