Omelia (11-10-2009) |
don Maurizio Prandi |
La nostra luce La Parola di Dio continua a proporci un tema che pare essere fondamentale per quello che riguarda la nostra relazione personale con Dio: l'avvicinarsi a Gesù. Ci viene data la possibilità di approfondire quello che domenica scorsa abbiamo cominciato ad interiorizzare e cioè che ci avviciniamo a Gesù non per metterlo alla prova (se sei Dio devi farmi questo...), non per poterlo considerare una nostra proprietà personale (come i discepoli che non volevano che i bambini si avvicinassero a Gesù), ma per offrirgli ciò che di più conta per noi. La liturgia di oggi ci aiuta proprio a fare questo passo: comprendere quello che è veramente importante, cosa è valore per ognuno di noi. Prima lettura e vangelo mi pare che ci dicano chiaramente che i beni non contano, che le ricchezze possono essere un ostacolo per la nostra relazione personale con Dio (si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni)... ma anche possono essere un ostacolo nella relazione con gli altri. La prima lettura ci dice quali sono i beni che dobbiamo desiderare, e questi beni si riducono ad uno: la sapienza... è questa la nostra vera ricchezza. Condividendo un poco la Parola di Dio con le persone che formano le piccole comunità che abbiamo visitato insieme ai missionari questo fine settimana, (il venerdì Copa e il sabato Las Nieves, Baliňo e Rodrigo), abbiamo dato questa semplice definizione di Sapienza: un dono di Dio che ci dà la capacità di distinguere il bene dal male. E' il re Salomone che parla e dice di aver pregato... pregai e... bello questo: imbattersi in un re, un potente, uno che comanda e che dice di aver pregato, (nella traduzione spagnola: supplicato), si conosce e non pensa di essere il migliore solo perché è re, sa che un re ha bisogno della luce che viene da Dio e tutto quello che è simbolo di potenza e di comando (scettri e troni) non serve a nulla se non si è capaci di riconoscere il bene dal male perché si userebbe il potere solo per un tornaconto personale. Dicevamo una cosa carina con i bambini delle comunità: a cosa mi serve essere il primo della classe se non sono capace di condividere una merenda o di aiutare un compagno. E la ricchezza, (che gli ebrei consideravano benedizione di Dio), confrontata con la sapienza, è niente. Bello anche come tutto quello che la saggezza popolare pone in cima alla scala dei valori venga ridimensionato da Salomone. Ah! guarda! Quello che conta è la salute! Quello che conta è la bellezza (così tutti mi guardano...). Tutto questo, dice Salomone, se non sei capace di distinguere il bene dal male, non conta. Per questo, come traduce un noto esegeta, il re Salomone può dire: scelsi lei come mia luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. e qui sento che c'è un legame con quello che il giovane ricco del vangelo chiede a Gesù: la vita eterna, qualcosa che appunto, non tramonta. Che differenza tra Salomone, re di umiltà (per come ce lo presenta oggi la scrittura) e quest'uomo che si avvicina a Gesù come un giudeo perfettamente adempiente, religiosissimo, ma senza fede in chi ha di fronte e senza fede nella sua Parola. Che differenza tra Salomone, che tutto lascia per la Sapienza e quest'uomo, che in Gesù incontra il volto della Sapienza, cioè incontra Colui che ha dato carne al bene, scegliendolo e insegnandolo a tutti in ogni momento della sua vita e di questo volto non riesce ad innamorarsi. Resta innamorato dei suoi beni e da questi non riesce a staccarsi. Leggevo in un commento a questo brano di vangelo, (comunità di don G. Dossetti), che, stando al testo greco, quello che prova questa persona che si avvicina a Gesù è un forte stupore unito ad un senso come di orrore di fronte alla proposta fattagli. Ma cosa dice questo qua? Non è possibile! A volte, i beni che possediamo non sono soltanto materiali, sono anche le nostre idee, le nostre sicurezze, che non siamo disposti a mettere in discussione, la fede che riponiamo in noi stessi. Quando arriviamo a questo punto non abbiamo che da chiedere il dono della conversione per tornare ad ascoltare Dio e i fratelli, perché confidando solo in sé e nelle proprie forze non ci sarà mai abbastanza spazio per Dio e per la fede in Lui. Dicevo che le ricchezze influenzano anche il rapporto tra le persone... è macroscopico in quello che accade nel vangelo. Una cosa sola ti manca, vendi quello che hai, fanne un tesoro per i poveri, ovvero metti le persone prima delle cose... non propone la povertà Gesù, ma la comunione, la condivisione (E. Ronchi). Ma anche tra di noi: faccio lo stesso esempio che hanno ascoltato le persone qui a Cuba. Un giorno, invitato da una famiglia, ho assistito allo sfogo di un ragazzo che tornando a casa ha detto ai suoi: ero da Roberto... loro sì che stanno bene! Loro sì che hanno i soldi! Hanno tre televisori! Magari li avessimo anche noi... così se voglio vedere la partita me la guardo in pace in camera mia, la mamma si guarda la telenovela in cucina e il papà il telegiornale in sala. Io, molto semplicemente gli ho detto che se quella è la ricchezza (direi proprio di sì!) è proprio vero che la ricchezza porta la divisione, a cominciare da quelle che per tanti di noi sono piccole cose come un televisore: una famiglia divisa in tre posti diversi della casa! Pensando un po' anche alla seconda lettura, quanto è vero che la Parola di Dio ci mette a nudo come ha messo a nudo l'uomo del vangelo e mette a nudo la nostra verità, fatta a volte di piccolezze, di attaccamenti alle cose, di nascondimenti. Lasciamoci fare dalla Parola, lasciamoci penetrare, per essere aiutati a discernere il bene, accoglierlo e sceglierlo come luce per la nostra vita. |