Omelia (18-10-2009) |
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PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE a cura di Stefano e Teresa Cianfarani Isaia si riferisce sì a Cristo, il Servo del Signore, ma anche ad ogni cristiano che cerca sinceramente di seguire Gesù. Facciamoci guidare dai verbi utilizzati dal profeta. Crescere: siamo chiamati a crescere nelle fede e nell'amore di Dio, con tutto il nostro impegno, giorno per giorno. Offrire: offrire la vita in tutti i suoi ambiti, metterci al servizio di Dio e dei fratelli per cooperare con Cristo alla salvezza di coloro che la Provvidenza ci ha affidato. Questa è la nostra grande responsabilità. Questo potrà comportare incomprensione, ed anche disprezzo, spesso si disprezza ciò che non si comprende o di cui si ha paura. Patire: "conoscere il patire", è una conoscenza che si basa sulla conoscenza di Cristo, quanto più approfondiamo l'intimità con Cristo e con la sua sofferenza, il suo stile, tanto più si affinerà la nostra comprensione del patire che non è un desiderio di sofferenza, ma un andare oltre la sofferenza, arrivare a trasformarla in offerta, cercando di imitare lo stile del Figlio di Dio. Anzi, poiché siamo già in Lui, uniti in solo corpo mistico, ogni nostra piccola o grande croce, ogni nostra piccola o grande mortificazione quando offerta per amore, è già incorporata nel mistero del corpo glorioso ed eterno di Cristo che per sempre si offre al Padre per strappare l'umanità al peccato e alla morte. Ogni Eucarestia diviene così comunione profonda con Cristo, incorporazione per condividerne la missione redentrice. Vedere-vivere-saziarsi: non avere più appetiti, altri desideri. Saremo saziati dalla conoscenza profonda che sconfina nella incorporazione a Cristo. Giustificare addossandosi l'ingiustizia nostra e altrui. Il cristiano è luce che deve illuminare anche chi e per chi è nelle tenebre. Anzi, dovremo essere ancora più luminosi quanto più fitte sono le tenebre che ci circondano. Lievito ancora più potente quanto più la pasta è di scarsa qualità. La nostra responsabilità è quella di incorporare in Cristo non solo noi stessi ma anche l'umanità che ci è stata affidata. Traghettare in Lui anche i lontani, fare da ponte, da via per unificare, per riconciliare gli uomini con Dio. Immersi nella confusione delle nostre città e dei cuori, senza altro segno distintivo che il cuore rinnovato e la speranza nell'amore di Dio. Per questo arduo compito abbiamo bisogno di "ricevere misericordia e trovare grazia" come ci indica San Paolo. Questo è il momento essenziale, anzi è l'atteggiamento di vita essenziale per cooperare con Cristo. Riaccostarsi continuamente alla misericordia di Dio per trovare la grazia per vivere la nostra vocazione di cristiani. Infine Gesù stesso, nel vangelo di Marco, presenta due caratteristiche che non sono eludibili da chi vuole essere suo discepolo. L'umiltà e il servizio. Si tratta di sperimentare lo stupore e la gioia di essere amati e salvati da Dio nonostante i nostri limiti, le nostre miserie, i nostri lati oscuri. Di scoprire di essere nonostante tutto figli suoi e, rigenerati da tanta gratuita generosità, mettersi al servizio dando la nostra vita, cioè il nostro tempo santificato, ai nostri mariti e alle nostre mogli, ai nostri figli, agli amici, ai colleghi, perché nessuno è escluso dal progetto di salvezza che continua in Cristo attraverso noi. SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE a cura di Marco Simeone • Maestro noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo • Sinistra e destra • Potete bere il calice/ricevere il battesimo? • Sdegno • Potere/servizio: dare la vita • Sommo sacerdote che ci sa compatire • Uomo dei dolori Questa è la domenica in cui la lettera agli Ebrei ci dice che Gesù è il Sommo Sacerdote, il pontefice (cioè colui che costituisce il ponte tra l'uomo e Dio) e il vangelo ci riporta la richiesta di due discepoli di quelli big, Giovanni e Giacomo: "noi vogliamo che tu ci faccia ciò che ti chiediamo". Prima di entrare nel merito della richiesta è importante guardare l'atteggiamento del cuore che l'uomo ha davanti a Dio: "se Tu sei Dio e dici di volermi bene, devi fare ciò che io ti chiedo!" Alzi la mano chi può dire di non averlo mai pensato... Quando si parla di Gesù come sacerdote vero, efficace, definitivo, dobbiamo renderci conto che non lo possiamo capire finché non accettiamo di cambiare l'immagine che abbiamo di Dio. Le due domeniche precedenti il Vangelo di Marco ci ha messo davanti agli occhi le esigenze del discepolato: imparare ad amare con un cuore nuovo imparando da Dio un amore fedele e lasciare ogni ricchezza perché si è scoperto che solo Dio è ricchezza sufficiente. Ogni volta additando un bambino come modello di accoglienza del Regno dei cieli (che significa: accogli il Regno nelle piccole cose e accogli il Regno con l'apertura di cuore di un bambino). Oggi è la prova del nove: "io voglio..." il discepolo segue il maestro, non comanda al maestro (cf. il "vade retro" che rivolge a Pietro..); perché il discepolo si fida del maestro, a cui può chiedere insegnamenti e delucidazioni, ma sa sempre che Gesù è più buono (ricorda il giovane ricco) di sé, che è l'unico che sa ciò di cui abbiamo bisogno, è l'unico che conosce il Padre e la strada per arrivarci: noi no! Strano che tutto questo siano proprio i big a dimenticarlo, Marco ci dice che sono loro a fare la domanda mentre per Matteo addirittura è la madre a presentare la loro domanda... forse vuol dire che a volte noi che siamo i vicini, gli intimi, forse diamo per scontato di aver fatto dei passaggi nel nostro cuore che invece dobbiamo ancora fare, magari stanno lì ad aspettarci, dietro all'angolo del primo problema serio, del primo dolore vivo. Gesù è il nostro sommo sacerdote non solo, e sottolineo solo, perché è Uomo e Dio; ma perché per poter essere ponte tra l'uomo e Dio deve essere collegato con l'uno e l'altro e "sapere" dell'uno e dell'altro: sapere di Dio vuol dire rendere presente in sé Dio con il proprio vivere, agire, parlare, respirare, ecc.; e questo Gesù l'ha fatto, direi lo è stato senza alcun dubbio. Ma è la sua umanità che è ancora più interessante: ha vissuto una vita del tutto simile a noi, gioie e dolori, affetti ricevuti e antipatie ostentateGli, ma ogni passo è stato vissuto facendo della propria umanità il luogo dell'accoglienza dello Spirito Santo ("l'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito..."), della donazione incondizionata al Padre, il volersi nutrire solo della sua Parola; questa è l'umanità che a contatto con Dio viene riportata allo splendore iniziale e si apre all'amore di Dio. Il servire è il manifestarsi della novità dell'uomo che si scopre capace di amare veramente, cioè gratuitamente e in modo da vivificare il mondo attorno, capace addirittura di misericordia e di espiazione, cioè capace di diventare dono a favore degli altri e al posto degli altri. Le nostre richieste svelano il nostro cuore e l'immagine che abbiamo di Dio: io voglio stare a destra o a sinistra... certamente i due discepoli avranno pensato che così potevano servire meglio il regno dei cieli, guarire più persone, o addirittura pensare che Gesù è tutto mio, tanto gli altri non ci capiscono nulla e non lo meritano, ecc. Fatto sta che Gesù non si scandalizza e cerca di guidarli: se vuoi essere il mio "numero due", il mio "braccio destro" (che questo significa stare a destra o sinistra) devi diventare come me, cioè capace di bere il calice della Passione e ricevere il Battesimo della croce. Peggio che andare di notte: i due fanno una pessima figura, di calici ne beviamo tanti, uno in più... ma noi lettori sappiamo di cosa parla Gesù il calice è fare la volontà di Dio, cioè allargare il proprio cuore facendo diventare la propria volontà quella di Dio, allora si riceve il dono dell'amore del Padre per ogni uomo o donna della terra, allora si che possiamo ritenerci il braccio destro di Gesù perché faccio quello che farebbe Lui, perché non c'è altra gioia che la salvezza degli altri, ci si dimentica del proprio io per far posto a Qualcuno di immensamente più grande e ad un amore finalmente puro. È così distante questa prospettiva che la prima lettura profetizza che chi vuol vivere così non sarà capito da chi gli sta intorno ma vivrà una fertilità certa, genererà vita nuova, "giustificherà molti". Una caratteristica dell'amore di Dio è la misericordia sovrumana (settanta volte sette) che Gesù ci offre; chi è capace di stringersi a Cristo per trovare misericordia ha già fatto un bel passo avanti, perché vuol dire che conosce il volto vero di Dio. Un'ultima parola sul servizio, spesso mi sono sentito chiedere che differenza c'è tra servizio e volontariato, che differenza c'è tra il bene fatto da un credente e da un ateo: è vero che il panino dato all'affamato è lo stesso, ma per chi crede in quel panino c'è un segno di un amore più grande che chi lo trova diventa il più ricco della terra; per chi non crede è un sollievo alla fame. Pensiamo bene a quale altezza, a quale dignità Cristo ci chiama ogni giorno: essere veramente la sua presenza viva nel mondo. Quante volte gli diciamo: "Signore vieni in questa situazione.." e se Lui ci rispondesse "guarda che io ho scelto te per aiutarmi proprio in quella situazione", la risposta ci scandalizzerebbe o ci farebbe venire la pelle d'oca? Io penso che la mia giornata dipenda solo da questo, da come rispondo. |