Omelia (06-01-2000)
mons. Antonio Riboldi
C'è una stella per tutti

Abbiamo lasciato alle spalle il festoso capodanno e abbiamo continuato il nostro cammino, con negli occhi, come cristiani e anche come laici, il grande spettacolo del grande Giubileo. Non c'è giorno che i nostri occhi non si appuntino su Roma, e anche, in minor misura, nelle nostre contrade, e scopriamo che "qualcosa sta cambiando". Se ricordate, amici miei carissimi che sono certo avrete passato la festa di capodanno con la volontà di imprimere un tocco di bontà alla vita per dare corpo alla gioia ed alla speranza, Domenica 2 Gennaio il Giubileo è iniziato con i bambini: non solo, nella solennità a Roma, ma un po ovunque. E il messaggio che ne uscito è stato "Siate la gioia su cui costruire il domani che appartiene più a voi che a noi". Sì, quei bimbi dai passi che hanno bisogno oggi di una mano che li guidi nella vita: ma una mano saggia che insegni come fecero Giuseppe e Maria, a "crescere in età, sapienza e grazia": la difficile e meravigiosa crescita, opera di papà e mamma, da cui dipende poi la scelta di una gioia e di una vita degna di pace.
Ed ora un pensiero alla solennità dell'Epifania. Una solennità che per i cristiani greci ortodossi equivale al S. Natale, perché nella epifania, Gesù manifestandosi ai magi che non erano Ebrei, popolo eletto, è stata la nostra "chiamata ad appartenere alla famiglia di Dio". E quindi l'Epifania era come la nostra "nuova rinascita". Una grande festa.
Sembra superfluo dover qui ancora una volta dire l'immensità dell'amore di un Padre che creandoci, non può accettare l'idea di lasciarci fuori di "casa" o meglio fuori del "suo amore", solo perché noi nella nostra debolezza ed ignoranza, o cattiveria, abbiamo scelto o scegliamo di fare i figli prodighi, ossia di vivere l'aria di un mondo senza Padre, che è quello che viviamo ed è un mondo di tenebre.
Rimane però una grande nostalgia di "qualcosa di diverso" dalle banalità di questo mondo: si chiamano danaro, piacere, prestigio o quello che si voglia. Noi, se siamo sinceri con noi stessi, guardandoci fino in fondo, abbiamo bisogno di infinito, Dio amore senza limiti che non è facile trovare qui, di un "cielo che abbia i confini di questa vita.
Abbiamo nostalgia di Dio, anche se non riusciamo forse a dargli un volto.
Nei tanti anni della mia pastorale, carissimi, ho avuto la grazia di incontrarne tanti di questi fratelli e sorelle che volevano tenacemente uscire dalla loro infelicità e trovare la serenità che ha il volto di Dio! Ed è stato bello trovarLo insieme. Quanti amici ho in questo senso! Una vera e bella corona che spero di avere sempre nel cielo.
L'Epifania, mi è cara perché da una parte nei Magi ci mostra l'inquietudine di uomini saggi che erano abituati a "guardare in su", ossia oltre le stelle per trovare ciò che non trovavano tra gli uomini, ossia "qualcuno" che non fosse di questa terra, ma desse risposta alla loro vita su questa terra. Finché trovano una stella che si distingue dalle altre e li ispira; fino a farli mettere in cammino e trovare CHI cercavano. Non fu certamente la città di Gerusalemme, così come il nostro mondo a dare spiegazione a un lungo e faticoso cammino intrapreso per trovare "un messia". Avranno sicuramente trovato risate, presi per folli, perché per loro il "messia" erano i soldi e tutto quello che proprio messia sceso dal cielo non può essere per un'anima che ha nostalgia di infinito.
E così si affidarono alla stella che li condusse alla grotta di Gesù, quella piccola e nuda grotta che tanto ricorderà la nudità della croce, ma che conteneva CHI aveva cercato con tanto cammino. E furono pieni di quella grandissima gioia che era il loro desiderio. Oramai per loro la vita aveva un volto, il volto di Dio e dell'eternità.
Tutti dovremmo essere come quei Magi: in cammino verso quel Dio che si è fatto uomo, uno di noi, che è vicino a noi, come lo era con i discepoli di Emmaus, e che si chiama Gesù. Un Gesù che è la città degli uomini" sembra oggi desiderio come fecero gli abitanti di Gerusalemme. Un Gesù che non ama il chiasso della vita, ma la quiete della grotta. Quella quiete che hanno sempre trovato i tantissimi "santi" che vivono ancora tra di noi e che non troviamo nel rumore, ma nel silenzio del cuore. Ma bisogna mettersi in cammino. La stella c'è sempre, a meno che non ce la siamo fatto nascondere dalle luci della città. Una stella che attende che ci rimettiamo in cammino per condurci là dove ci porta la nostalgia del cuore, la grotta di Gesù. E quel giorno sarà la nostra meravigliosa Epifania. La mia, la tua Epifania, se accetti di fare insieme il cammino per arrivare Là.