Omelia (16-01-2000) |
mons. Antonio Riboldi |
Maestro, dove abiti? Capita alle volte, almeno a me che amo vivere accanto alla gente con tutti i suoi problemi, di essere investito non solo delle sofferenze che a volte sfiorano l'angoscia per la difficoltà di una vita dignitosa - a cominciare dalla ricerca di una occupazione – ma anche dei problemi intimi, quelli che toccano la sostanza della vita, più ancora del pane quotidiano. E questo essere fatto partecipe della sofferenza per trovare la luce della propria esistenza, e il dono più grande che mi è stato fatto nei tanti anni del mio servizio pastorale. Sembra di vivere quanto il Vangelo di oggi ci propone: Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: "Ecco l'agnello di Dio!" E i due discepoli, sentendolo parlare così seguirono Gesù. Allora Gesù si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?" Gli risposero: "Maestro dove abiti?" Disse loro: "Venite e vedete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui (Gv.1,35-42). Continua il racconto che il giorno dopo uno dei due, dopo aver visto, corse dal fratello, che era Pietro e gli riferì di aver trovato il Messia (ossia il Cristo) e lo condusse da Gesù che subito gli consegnò la missione che continua anche oggi nel Papa dopo 2000 anni: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni: ti chiamerai Cèfa (che significa Pietro). E, senza troppe spiegazioni, ma con la docilità di chi segue Colui che chiama, seguirono Gesù per sempre. Ma che cosa avevano visto? Dove abitava Gesù? Cosa aveva di così attraente da fare lasciare tutto e seguirne non solo i passi, ma addirittura la vita, fino a morire per professare la gioia di essere discepolo e comunicare questa gioia fino al martirio? Il Vangelo non lo dice: ma certamente e "quel qualcosa" che si chiama "attrazione dell'amore". Verrà un giorno in cui Gesù dirà: "Quando sarò glorificato, attirerò tutti a Me". Ma rimane il fatto che dopo averLo visto lo seguirono. Ho provato a chiedere a parecchi che ora sono di Cristo, (e sono sacerdoti, religiose, semplici laici, soprattutto giovani) quale è il motivo della loro sequela di Gesù e la risposta è sempre stata la stessa: "Gesù" che ti accosta quando meno te l'aspetti, magari crea quella "febbre" che ti fa sentire male nel cuore una febbre che è insoddisfazione della vita intera che conduci e il bisogno di trovare una risposta, un chi ascoltare e seguire, e ti dice: "Vieni e vedi". E' capitato così a me da ragazzo. A proposito voi che oramai siete miei amici siete forse stati colpiti dalla notizia che il S. Padre ha accolto le mie dimissioni dall'incarico di guidare questa Chiesa di Acerra, per raggiunti limiti di età. Così dice il Diritto Canonico. Tanti di voi mi hanno scritto esprimendo il loro rammarico e temendo che io mi allontani abbandonando questa Chiesa che è tanta parte della mia vita e per sempre. Anzitutto un vescovo è vescovo della Chiesa in eterno. Quindi continuerò a esercitare il mio ministero in modi più liberi. Continuerò la mia presenza qui tra la mia gente per sostenerla nel cammino di crescita e di speranza: un cammino che fa bene a tutti. Sapeste quanto e quanti mi hanno supplicato di non lasciare questa "frontiera della fede e della carità", non solo qui, ma da tutta Italia. "Non ci faccia mancare la sua voce!" E' stato il coro. E continuerò il mio dialogo con voi in Internet. Voi che ne dite? Mi piacerebbe sentire la vostra voce. Detto questo, torniamo al nostro pensiero evangelico. Per seguire Gesù, che davvero ti riempie il cuore – e non c'è bisogno di essere prete o suora per questo – occorre la prontezza del profeta Samuele narrata oggi: quando Dio lo chiama di notte: "Samuele!" questi si alza prontamente dal letto e corre dal sacerdote Eli dicendo una sola parola, che da sola dice la totale disponibilità. "Eccomi". Ma il Sacerdote nega di averlo chiamato. Si ripete la scena per ben tre volte e per tre volte Samuele ripete: "Eccomi": fino a quando comprende che chi lo chiamava era Dio e risponde: "Eccomi! Parla, o Signore, che il tuo servo ti ascolta!" Un "eccomi" che è diventato oramai la parola che descrive il modo di accogliere Dio nella vita. Ed è davvero "il dono" più grande quello che uscire dalla oscurità della vita, per entrare nella luce di Dio. |