Omelia (08-11-2009) |
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Nel brano del Vangelo di questa domenica, il Maestro e Signore ha di nuovo cambiato città: si è spostato, non è più a Cafarnao, come domenica scorsa, ma si trova a Gerusalemme. È la capitale, la città santa, il luogo del Tempio: ed è proprio nel Tempio che Gesù pronuncia i discorsi che abbiamo ascoltato quest'oggi. Non è l'unico Rabbi a insegnare nel Tempio, ma intorno a questo giovane di Nazareth c'è sempre parecchia folla che si ferma ad ascoltarlo, perché parla in maniera semplice ed usa immagini ed esempi che tutti possono comprendere, anche le persone meno istruite. Il discorso che pronuncia in questa mattina al Tempio di Gerusalemme, comunque, è talmente chiaro e diretto che proprio non c'è il rischio di capire male. Riascoltiamo insieme le parole precise e decise che il Maestro Gesù proclama con forza: "Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa." Il Signore Gesù dice di fare attenzione agli scribi: ma chi erano? Dei pericolosi assassini o briganti? Erano forse degli imbroglioni? Erano gente crudele? No, in verità, non erano nulla di tutto questo. Gli scribi appartenevano alla classe delle persone importanti e benestanti del tempo di Gesù: avevano ricchezze, servitori, belle case; spesso avevano studiato e approfittavano della loro cultura per ottenere ulteriori vantaggi. Per questo Gesù li attacca: non perché posseggono dei beni o perché hanno studiato, ma per il cattivo uso che fanno di questi beni. Il Maestro e Signore descrive in dettaglio il comportamento di queste persone, usa delle parole così efficaci che ci sembra di vedere gli scribi del suo tempo camminare per le strade, avvolti in abiti bellissimi, fatti di stoffe ricche e colorate, badando a non sporcare l'orlo della veste. Ci sembra di vederli attraversare la piazza della città, ricevendo saluti e inchini da tutti coloro che incontrano; vengono chiamati per nome ed omaggiati con rispetto, e loro rispondono con un breve cenno del capo, mentre procedono tutti orgogliosi e vanitosi perché la gente li riconosce e li saluta. Forse ci viene facile anche scusarli: un po' di vanità ce la portiamo tutti appresso; tutti noi siamo contenti di essere ammirati, riconosciuti, salutati con simpatia. Fin qui, credo che tutto sommato non si tratti di una colpa grave. Quello che invece sembra far proprio arrabbiare Gesù è l'ipocrisia. Cos'è? È la maschera che ci mettiamo sul volto per sembrare diversi da quelli che siamo. È il tentativo di apparire migliori, più buoni, più bravi, di quello che siamo in realtà. Attenzione: non è provare ad essere migliori e magari non riuscirci per la nostra debolezza. Questo è normale, tutti proviamo e non sempre riusciamo. Il Maestro Gesù non se la prende certo per questo! No, lui s'indigna di fronte a chi si atteggia a buono e generoso, ma è solo facciata, è tutta apparenza. Usa un immagine chiarissima, il nostro amato Rabbi: "pregano a lungo per farsi vedere." Che tristezza, vero? Una persona che non si ferma a pregare per stare in compagnia di Dio, per aprire il suo cuore al Padre Buono, per dedicare un po' di tempo al Signore della vita, per confidargli le gioie, le speranze e le preoccupazioni... No, gli ipocriti, come gli scribi che tanto fanno infuriare Gesù, si fermano a pregare solo per farsi vedere dagli altri. Non gli importa di Dio, probabilmente non pensano nemmeno al Padre Buono mentre si recano al Tempio, mentre se ne stanno in atteggiamento raccolto: nel profondo del cuore, si fanno i fatti loro. Però se ne stanno in posa, come se pregassero, perché tutti coloro che li vedono, possano dire: - Ma hai visto quanto tempo passa a pregare? Dev'essere proprio un sant'uomo!... ma vedi che non manca mai a una celebrazione, che è sempre compunto e commosso? Deve essere una persona veramente buona, sensibile, che cerca la volontà di Dio... A Gesù tutto questo proprio non va giù. Non può accettare che il rapporto con Dio Padre, e la vita di preghiera, diventino una specie di spettacolo, una finta per ottenere complimenti e approvazione. Anche perché tutta questa ostentata bontà da parte degli ipocriti, alla fine cerca di nascondere un cuore avido, attaccato ai beni, al potere, alle ricchezze. Ancora una volta Gesù usa un'immagine efficacissima per descrivere quello che realmente cercano gli scribi: "amano... avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove..." Cioè, sta dicendo il Maestro e Signore: "Quello che realmente interessa a costoro è avere i primi posti nelle sinagoghe, cioè essere considerati importanti, avere potere. Quello che realmente vogliono è essere serviti per primi nei banchetti, così da ottenere nel piatto sempre la porzione migliore, la più abbondante. E il loro desiderio di accumulare beni, li porta a cercare di impadronirsi delle ricchezze degli altri, persino a portare via le case alle povere vedove!" Ricordiamoci che, al tempo di Gesù, una donna che restava vedova, perdeva la protezione del marito e quindi facilmente cercavano di portarle via ogni ricchezza, compresa la casa in cui viveva. È una pagina amara, quella di oggi: sentiamo la voce di Gesù arrabbiato, dispiaciuto, addolorato di fronte al comportamento di queste persone. Forse potremmo avere la tentazione di dirci: - Vabbè, ma noi mica siamo scribi... questo discorso alla fin fine, non ci riguarda! Invece credo che la frase conclusiva del discorso del nostro Maestro Buono, sia da ricordare a chiare lettere: "Essi riceveranno una condanna più severa" Una condanna più severa: perché? Perché potevano fare molto, molto, moltissimo bene, e non l'hanno fatto. Perché potevano vivere davvero da figli di Dio e hanno trascurato ogni occasione di crescere e amare sul serio. Perché avevano ricevuto tante cose belle: salute, energia, benessere, ricchezze, istruzione... tutti doni stupendi! E invece di comportarsi con gratitudine per tutto questo, lo hanno sciupato, sperperato, fatto appassire. Perché potevano condividere tutto il bello e il bene di cui era piena la loro vita, e invece hanno scelto l'egoismo, tenendo lontani gli altri da quelle possibilità. Penso che il rimprovero severo di Gesù ci debba far pensare almeno un pochino: in fondo, per certi aspetti, anche noi assomigliamo agli scribi, per quanto riguarda i doni ricevuti dal Padre Buono. Anche noi abbiamo salute, energie, possibilità. Anche noi possiamo andare a scuola, imparare tante cose, scoprire il mondo, ma prenderci pure il tempo per giocare, divertirci, riposare. Anche noi non dobbiamo vivere con la preoccupazione di cosa mangeremo e di come ci copriremo. Come gli scribi, possiamo scegliere ogni giorno che cosa fare di tutti gli innumerevoli doni che abbiamo ricevuto. Possiamo vivere da egoisti o scegliere di condividere. Possiamo cercare sempre e solo di soddisfare la nostra vanità, la voglia di complimenti e applausi, oppure scegliere di andare incontro a tutti, senza maschere, senza finzioni, con semplicità: con le nostre qualità e le nostre fragilità. Possiamo vivere da ipocriti, facendo finta di cercare il bene, oppure scegliere di impegnarci ogni giorno a vivere secondo il cuore di Dio. Fermiamoci allora un istante in silenzio; ripensiamo alle parole di Gesù rivolte agli scribi: che non accada mai di sentirle indirizzate a noi. Con decisione e convinzione scegliamo ora, qui, davanti all'altare, di vivere in trasparenza, senza mai fingere di essere diversi. Sapendo di essere amati dal Padre Buono: amati esattamente così come siamo. Commento a cura di Daniela De Simeis |