Omelia (08-11-2009) |
mons. Roberto Brunelli |
Due modi di pensare a Dio "Guardatevi dagli scribi" ammonisce Gesù, estendendo a loro il giudizio severo altre volte espresso nei confronti dei farisei, imprigionati nell'osservanza scrupolosa della Legge divina, della quale però non colgono lo spirito. Perciò si ritengono a posto quando ne rispettano le norme esplicite, e solo quelle; sulle questioni e nelle situazioni in cui una norma esplicita manca, sono pronti a mirare al proprio vantaggio, anche se questo comporta danno per gli altri. Ad esempio circa gli scribi, i rispettati maestri della Legge, nel brano odierno Gesù denuncia la spasmodica sete di onori ("amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti"), una pratica strumentale della fede ("pregano a lungo per farsi vedere") e lo spietato sfruttamento dei più deboli che la Legge non tutelava ("divorano le case delle vedove"). Come è diverso l'insegnamento di Gesù! Egli è andato al cuore della Legge, riducendo i comandamenti a uno solo, quello dell'amore per Dio e per il prossimo; uno solo, ma così estensivo che non c'è questione o situazione che vi possa sfuggire. La seconda parte del brano coinvolge i ricchi nella vanagloria di ricercare l'ammirazione del prossimo. La scena si svolge nel tempio di Gerusalemme, che era strutturato in una serie di cortili via via più esclusivi; al primo potevano accedere anche i pagani, al secondo solo gli israeliti, uomini e donne, al terzo solo gli israeliti maschi, al quarto solo i sacerdoti. Nel secondo, detto cortile delle donne, si aprivano in una parete le "bocche" per le offerte, che scendevano nella sottostante camera del tesoro mediante condotti metallici; ad ogni moneta essi risuonavano, e tanto più forte quanto più la moneta era pesante e dunque di maggior valore. Gesù, "seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo". Che fosse una vedova, e povera, si poteva cogliere dal suo abbigliamento; che avesse offerto due monetine, si capiva dal suono provocato, forse appena percettibile. Gesù segnala quel gesto per dare ai suoi discepoli un insegnamento, in linea con i princìpi da lui tante volte spiegati: "In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere". Ovviamente quello della vedova è un caso estremo. Gesù non intende invitare tutti i suoi discepoli a donare a Dio ogni proprio avere; questa è la vocazione di una minoranza: gli apostoli (abbiamo sentito poche domeniche fa Pietro dichiarare: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto per seguirti"), gli antichi eremiti, i moderni missionari, i frati e le suore; tutti gli altri cristiani hanno la responsabilità di gestire i loro beni "secondo Dio". E però l'esempio della vedova vale per tutti, nel senso che tutti sono invitati a non riporre le proprie speranze nei beni materiali ma in Dio, seguendo la sua volontà, confidando nella sua provvidenza. Accostando il rimprovero agli scribi e il gesto della vedova, Gesù contrappone due modi diversi di vivere la fede: i primi pensando a Dio come a un padrone che detta regole fastidiose, da osservare nella misura minima indispensabile ad evitare i suoi castighi, ma per il resto cercando il proprio vantaggio, le proprie soddisfazioni; la seconda, pensando a Dio con lo slancio dell'innamorato, che non fa calcoli ma dona tutto se stesso. |