Omelia (09-04-2000) |
mons. Antonio Riboldi |
Insensate travi che hanno l'età dell'uomo Ci si accorge dalla Parola di Dio che stiamo veramente correndo verso il "momento più alto della storia della umanità", ossia il momento in cui Dio fa esplodere tutto il Suo amore verso gli uomini nella maniera più drammatica e vera, ossia affrontando il male, per guarirlo, fino a farsi male, morendo sulla croce. Forse è difficile per tanti capire e soprattutto sperimentare questo "modo di amare". Il più delle volte quando pensiamo all'amore, ci facciamo prendere dalla sua necessità per vivere. Come la necessità di conoscere la gioia. E questa viene sempre dall'amore. Cosa sarebbe mai la vita di ciascuno senza amore, senza gioia? Lo scherzo di pessimo gusto di un genio malefico che si diverte a farci conoscere l'inferno per divertirsi. Ma amare è sempre un dono che ci si fa. Gesù così dice, rivelando il Suo modo di amarci, ossia di donarsi totalmente perché noi dalla sua morte possiamo avere la vita, quella che è eterna condivisione della felicità di Dio. "E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto". Paragona il suo amore al chicco di grano destinato a comporre le grandi messi di spighe. Ha bisogno di essere gettato nel profondo di un solco: lì morire e quindi diventare spiga, e da spiga pane. Una regola che Lui accetta come volontà del Padre e prepara i suoi discepoli a vedere tutto ciò nella imminente passione, morte e resurrezione. Ma non ferma il discorso solo a sé, lo allarga come "regola di vita" a tutti quanti vogliono essere suoi discepoli, come lo siamo noi, o speriamo di essere. "Chi ama la sua vita, la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna" (Gv 12, 20-33). E da allora accanto alla croce di Gesù è "follia" di crocifissi. Difficile contare "le croci" degli uomini oggi: più facile contare le stelle che sono nel cielo. Con la differenza che queste fanno sognare, quelle morire. Ci sono le croci dei ricchi che tutti apparentemente cerchiamo, come fossero troni... Troni di solitudine, di ingiustizia molte volte, pesi per preoccupazioni. Non hanno conosciuto mai il vero trono, quello di Cristo, un trono che è esplosione di ricchezza di gioia e di amore: ma è un trono ben inchiodato sulla croce. Ci sono le croci dei tossicodipendenti trapuntate di siringhe. E loro, crocifissi senza voglia di scendere. S'è spenta in loro la voglia di una resurrezione, quando qualcuno o la stessa nostra società ha strappato dal cuore il Cristo Risorto. Ci sono le croci ruvide dei condannati alla fame, alla disoccupazione, alla miseria. Sono insensate travi che hanno l'eta dell'uomo. Le ha inventate cinicamente l'egoismo di chi vuole farsi credere potente; chiunque esso sia; chiamando magari tali aberranti croci "necessità di civiltà e progresso", senza avere neppure il coraggio di definirle "vergogna della coscienza". Forse perché questi uomini non conoscono l'umiltà di Cristo Crocifisso che è capace di fare arrossire di fronte alla vergogna. E ci sono 1e croci quotidiane: la malattia, la fatica, l'incomprensi6ne, la famiglia, il lavoro, lo stesso sacrificarsi giorno per giorno per amore. Altro non sono, tutte queste realtà "feriali" che un tessere pezzetto per pezzetto la croce della vita, che poi lentamente e quotidianamente si stampiglia nella carne della nostra schiena, fino a farsi questa – la nostra schiena – disegno scavato di croce. Le chiamano, queste croci, inevitabili come la debolezza della carne che ci riveste, "condanne della vita": perché non conoscono Cristo che ha voluto questa condanna come "sublime, totale, unico, irrepetibile dono dell'amore che ha per ciascuno di noi". E c'è la croce di Cristo che non vuole stare al collo come monile da ornamento; e neppure sulle labbra nei momenti difficili come a esprimere castigo e condanna che non hanno più ragione di esistere perché sono state bruciate proprio sulla croce per sempre. La croce di Gesù è la festa di un "sì", uscito dal cuore del Padre, perché ogni uomo conosca da quella croce quanto Lui ci ama, ora e per sempre. E' la grande festa della resurrezione, o della riconciliazione. Vorrei che la mia croce fosse costruita come quella di Cristo, ossia fosse un continuo dire di sì all'amore, divenisse segno di un amore ricevuto e donato, gioia di dire: "non sono più io che vivo, ma vive in me Cristo crocifisso e risorto". E' la grande festa dell'amore che è sorgente di vita, che vince ogni pena, che dà ragione e senso a tutti i dolori di cui è costellata la nostra vita. E' la grande festa di coloro che sanno che il "grande nemico", la morte, è vinto per sempre. "Signore, fammi ogni giorno finire su una croce divenuta festa come vi salisti e la costruisti Tu: perché conosca amore, dolore e resurrezione. Signore, aiutami a non salire su croci che sono solo morte perché senza questa fede. Anzi aiutami a schiodare quanti sono saliti su queste croci perché anche loro imparino ad abbracciare croci che siano anche festa, la festa della tua resurrezione, dopo la tua morte in croce". |