Omelia (08-11-2009) |
mons. Antonio Riboldi |
Meravigliosa vedova! Esempio di carità Il Vangelo di oggi offre parecchie considerazioni, che sono uno sguardo di Dui sy cuò che veramente siamo in ogni momento della vita. Una Parola che deve invitare a 'guardare dentro di noi', per capire 'chi siamo ai Suoi occhi'. E il Vangelo è davvero la Buona Novella, che sconvolge tutte le regole e i comportamenti, che sembrano la 'linea', da tanti ritenuta necessaria per stare a galla con la mentalità del nostro tempo o di tutti i tempi. Un primo aspetto negativo, che Gesù osserva e da cui ci mette in guardia: 'Diceva alla folla mentre insegnava: 'Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere i saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe, e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grande". (Mc. 12, 38-44) E' un immediato avvertimento: 'guardatevi da essi', ossia state lontani, ‘diffidate' non prendete per bene quello che fanno, soprattutto quel fastidioso mettere in mostra la loro apparente giustizia e bontà, a iniziare dalle lunghe preghiere - tranne poi - e qui Gesù usa un verbo davvero pesante - 'divorare', cioè depredare le persone più deboli, ossia le vedove. Gesù impietosamente, ma necessariamente, come fa il medico quando prende in cura un ammalato, e lo vuole guarire, mette a nudo ciò che può attentare alla salvezza dell'anima, proponendo ciò che invece è sicura salute. Lui stesso, del resto, vero Medico delle nostre anime, ha vissuto fino in fondo il suo essere 'Signore', facendo della sua vita 'un dono, un servizio'. Ai suoi discepoli, che discutevano su chi avrebbe avuto i primi posti nel Suo Regno, risponderà: 'Chi di voi è primo si faccia servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto in terra non per farsi servire, ma per servire'. Egli stesso, Signore di tutto il creato, è stato il Servo, fino all'umiliante morte in croce, disprezzato ed abbandonato. Del resto noi, che non siamo certamente degli dèi, proprio nulla abbiamo che ci faccia superiori agli altri. La nostra dignità e grandezza è nell'essere tutti 'figli del Padre'. Il grande vescovo S. Agostino, di fronte alla sua elezione a vescovo, così interpreta le parole di Gesù: 'Da quando mi sono posto sulle spalle questo peso, di cui dovrò rendere non facile conto a Dio, sempre sono tormentato dalla preoccupazione per la mia dignità. La cosa più terribile nell'esercizio di questo incarico, è il pericolo di preferire l'onore proprio alla salvezza altrui. Però, se da una parte mi spaventa ciò che sono per voi, per voi infatti sono vescovo, non dimentico che con voi sono cristiano". Ed aggiunge una preghiera che, come vescovo, faccio mia: ‘Aiutatemi con la vostra preghiera e la vostra obbedienza, perché troviamo la nostra gioia non nell'essere vostri capi, quanto nell'essere vostri servitori'. E l'evangelista Marco, quasi a dare risalto al pensiero di Gesù, fa seguire al suo discorso un fatto che descrive meglio delle parole: "Sedutosi, di fronte al tesoro del tempio, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli, ossia un quattrino" E' una di quelle tante scene a cui possiamo assistere nella nostra vita quotidiana o nelle nostre comunità ecclesiali. I fatti altisonanti fanno sempre cronaca. Come se a dare valore ai gesti che si fanno, nell'esercizio della carità, fosse il 'quanto si dà', più che il ‘cuore con cui si dà'. Ma Gesù non ragiona secondo le, nostre prospettive. Dei ricchi che gettavano esibendo il loro 'dare' afferma: ' Tutti hanno dato del loro superfluo', ossia non è costato loro alcun sacrificio: era qualcosa che avanzava e quindi non merita lode. Ma non esita ad esprimere il Suo stupore, 'guardando al cuore' della vedova e dichiara: 'In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Nella sua povertà vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere". Questo fatto mi ricorda due testimonianze sperimentate. Durante un quaresimale, il tema era la povertà intesa come farsi dono e chi era nell'esigenza, fino a provare il morso di non avere niente. E portavo proprio l'esempio della vedova evangelica di oggi. Alla fine mi raggiunse in sacrestia una donna. Bastava guardarla, per scorgere tutti i segni, non solo della povertà, ma della sofferenza, che si portava appresso. Mi chiese di confessarsi, perché secondo lei 'aveva un grande peccato da farsi perdonare'. Fissandola mi chiedevo che cosa potesse volermi dire: tutto in lei splendeva di santità evangelica, dal volto alla povertà. Cercai di capire la sua insistente preghiera, perché le togliessi con la confessione il 'grande peccato'. L'ascoltai. Mise la mano sul petto, dove portava 'tutto quanto aveva, come risparmio per vivere'. Una modestissima somma, avvolta in un pezzo di carta. Prese l'involucro e me lo mise tra le mani dicendo: 'Sono i miei risparmi. Finalmente mi sono tolta un grande peccato'. Chiedendole la ragione del 'peccato', la risposta fu: 'Anche solo custodire questa somma, è come negare un pezzo di pane a chi non ne ha e muore di fame. E questo è un grande peccato'. Sinceramente le risposi: 'Allora il mondo è pieno di peccatori'. 'Non lo so - rispose - a me basta essermi tolta questo peccato e cosi contribuire in qualche modo a fare meno povero qualche fratello'. Un altro esempio che ha contribuito non poco alla mia formazione religiosa, mi è venuto da mamma. Eravamo in tanti in famiglia e si sentiva il morso della povertà. Ma si era felici lo stesso. La Parrocchia stava edificando la nuova chiesa parrocchiale e il parroco si appellava alla generosità di tutti. Mamma - essendo lei l'amministratrice di ciò che c'era in casa - era capace, ogni mese, di mettere assieme cinque lire (che allora erano davvero tante) per donarle al Parroco, come contributo per la nuova chiesa. E diceva a me: 'Credi, certamente tolgo qualcosa a tutti voi, ma in compenso sto creando un posto per Dio tra noi. E ti pare poco? Senza contare che poi Lui ce ne preparerà uno più grande e bello in Paradiso'. Testimonianze di carità, che attirano l'elogio di Gesù. Possono sembrare favole, tratte dal libro dei sogni, e sono invece la storia dei cuori generosi. Oggi un poco più difficile... anche se non mancano esempi meravigliosi, di cui sono testimone tutti i giorni del mio servizio e che, silenziosamente, come quella vedova, mi hanno permesso di fare tante cose, nel Belice e qui. Dovessi raccontare le storie di queste 'vedove', che sanno dare tanto, tutto, credo che potrei scrivere un libro, ma è un libro che è già scritto nelle opere fatte e in tanti cuori che hanno conosciuto la mano che si porgeva. Purtroppo il nostro tempo - ed è una povertà di amore che allontana la gioia del cuore e del paradiso - fa fatica ad entrare in questo meraviglioso mondo della carità. Scriveva il nostro Paolo VI, arcivescovo a Milano, nel 1960 - parole attualissime oggi -: "Il progresso e la ricerca della ricchezza, come fine a se stessa, come unica garanzia di benessere presente e di pienezza umana, è la paralisi dell'amore. I drammi della sociologia moderna lo dimostrano e con quali prove tragiche! E dimostrano che l'educazione cristiana alla povertà sa distinguere innanzitutto l'uso dal possesso delle cose materiali, e sa distinguere poi la libera e meritoria rinuncia ai beni temporali, in quanto impedimento allo spirito umano nella ricerca e nel conseguimento del suo ottimo fine supreme che è Dio e del suo prossimo che è il fratello da amare e servire dalla carenza di quei beni indispensabili alla vita presente, cioè dalla fame e dalla miseria, a cui è dovere e carità provvedere, Il tema come vedere si fa ampio e complesso. Noi ci fermeremo qui: all'ELOGIO DELLA POVERTÀ DI SPIRITO, CHE PURIFICA la Chiesa da superflui e poco esemplari interessi temporali; che le insegna a rifuggire dal mettere il cuore e la fiducia nei beni di questo mondo; che sensibilizza gli animi ai bisogni e alle ingiustizie che opprimono tanta umile gente; che sgombra il cuore da tanti affanni di interesse secondario e gli restituisce la pace e la gioia della preghiera". Rimane come icona quella vedova, senza nome, del Vangelo, che non ha neppure saputo di occupare 'la prima pagina' nel cuore e sulla bocca di Gesù: una 'pagina' che Lui ha voluto giungesse a noi, come quando si parla di un grande personaggio e, agli occhi di Gesù, lo era! È la grandezza che si acquista in silenzio: il silenzio del dono totale di sé, fatto con tutto il cuore, con semplicità, come fosse la cosa più naturale, quasi ovvia, quando il bene degli altri vale di più, molto di più della propria vita. Questa donna non è 'la povera vedova', ma una 'grande signora del Regno', come vorremmo essere tutti. Un pensiero ed una preghiera del caro Tonino Bello: "Fratelli, mettiamoci davvero alla sequela di Cristo. Tutto il resto è inutile. Tutto il resto è retorica. Tutto il resto è commedia, è sceneggiata se noi veramente non rendiamo questa decisione radicale di seguire Gesù Cristo, Pastore che dà conforto alle nostre anime e dà senso, orientamento alla nostra storia. La vita è un continuo fluttuare... Cambia la faccia delle cose. Fermo nell'Amore rimane soltanto il Signore. E noi questo cammino lo vogliamo fare insieme. Dissipa, Signore, le nostre paure. Scuotici dall'omertà. Liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare per i soprusi consumati sui poveri. Facci capire che i poveri sono i 'punti di entratà attraverso i quali Tu, Spirito di Dio, irrompi in tutte le realtà umane e le ricrei. Preserva perciò la Tua sposa dal sacrilegio di pensare che la scelta degli ultimi. sia l'indulgenza alle mode di turno, e non invece la feritoia attraverso la quale la forza di Dio penetra nel mondo e comincia la sua opera di salvezza". |