Omelia (22-11-2009)
padre Gian Franco Scarpitta
Regalità vuol dire servizio, cioè amore

Con i percorsi dell'anno liturgico la Chiesa ci accompagna per tutti i dodici mesi dell'anno nella celebrazione del mistero di Cristo che ci si rende presente nella nostra vita come prospettiva di salvezza attraverso le varie tappe e i vari contesti celebrativi. Durante questo anno, Cristo è sempre al centro della nostra riflessione, oggetto della nostra meditazione e motivo fondamentale del nostro progresso spirituale per il miglioramento della nostra vita quotidiana e celebrare le varie tappe del suo mistero dall'Incarnazione all'Ascensione al Cielo, immedesimandoci nelle sue parabole e nei suoi insegnamenti corrisponde a vivere nella celebrazione liturgica il mistero stesso della salvezza Ma se l'anno liturgico assume tanta consistenza, particolarmente esaltante è la sua conclusione, che la speciale intuizione del papa Pio XI dal 1925 individua nella solennità di Cristo Re dell'Universo., la quale è di coronamento all'anno liturgico appena terminato e al contempo una pronta introduzione al tempo di Avvento con cui inizia l'anno liturgico successivo.
Lo stesso Signore di cui abbiamo esaltato durante questi dodici mesi tutte le tappe, ci viene rammentato ora come il Re dell'Universo, il detentore del potere regale divino che è all'apice di tutte le cose che in lui sussistono e in lui si ricapitolano (Col 1, 16 - 17); il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e l'Omega (Ap 1, 8; 1, 17). Così infatti recita il famoso salmo 110 realizzato in occasione dell'intronizzazione di un monarca ma immediatamente applicabile al Figlio di Dio: "Oracolo del Signore al mio Signore siedi alla mia destra finché io ponga i miei nemici a sgabello dei tuoi piedi", e anche Paolo (fil 2, 9 - 11) afferma la glorificazione di Cristo al di sopra di tutti gli esseri celesti, terrestri e sotterranei e in effetti ogni potere non può che attribuirsi a chi è Dio coeterno e consustanziale al Padre.
Come tuttavia esprime lo stesso apostolo Paolo, la magnificenza di Cristo Re universale non è una prerogativa gelosamente custodita, ma condivisa e anzi donata gratuitamente agli uomini: a differenza che negli altri evangelisti, in Giovanni la risposta di Gesù al procuratore di Roma Pilato è assai marcata e profonda: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù... Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". Essa esprime la differenza di fondo fra la concezione umana del regime politico terreno e il pensare proprio di Dio, per il quale il Regno prende le distanze dalle aspettative di questo mondo; quello che Gesù annunciava, infatti era tutt'altro che un regime dispotico e istituzionale che si sarebbe sostituito a quello vigente; egli afferma se stesso come re, si, ma di un regno che non è di questo mondo ma che è dato dalla pace e dalla giustizia universale apportata dalla presenza di Dio nelle opere e nelle parole del Cristo. Il Regno di Dio si riscontra infatti non già nei moniti di subordinazione o nel presidio politico ed egemonico sulle masse, ma dalle opere di misericordia attuate verso i deboli, gli ultimi e gli esclusi come aveva riferito lo stesso Gesù agli emissari di Giovanni Battista quando questi era in carcere: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella" (Lc 7, 22).
I discepoli di Giovanni ricevono un'indicazione concreta ed esauriente del Regno poiché è Gesù stesso che lo fa vedere loro come realtà inequivocabile:. Il Regno quindi, è la piena espressione dell'amore del Padre nei confronti dell'uomo suo Figlio, la vittoria del bene sul male e della vita sulla morte e il ristabilimento definitivo delle sorti dell'umanità per l'intervento amoroso e spontaneo di Dio nella storia attraverso le parole e le opere del Cristo.
In altre parole: Dio in Cristo regna non soltanto perché è padrone di tutto il creato, ma soprattutto perché salva l'umanità dai malesseri fondamentali, primo fra tutti il peccato, offrendo ad essa dei criteri di convivenza del tutto estranei alla mentalità mondana; appunto quelli dell'amore e della giustizia.
Gesù, Figlio di Dio e obbediente alla missione del Padre di salvare l'umanità, di questi valori si rende apportatore e testimone: caccia i demoni dagli ossessi, guarisce i ciechi, riabilita gli storpi, rende giustizia ai poveri e agli oppressi rendendosi solidale con i peccatori e condividendo le precarietà e le miserie umane.... In tutto questo Egli è re. Se quello di Gesù fosse un regime dispotico o dittatoriale, se egli esercitasse un dominio o ricoprisse una carica politica, avrebbe certamente provveduto a realizzarla con tutti i mezzi e pertanto si sarebbe premunito anche dagli assalti e dalle aggressioni nemiche scongiurando ogni pericolo per la sua vita fisica, come si conviene a qualsiasi ministro, governatore, presidente anche attuale; e invece, poiché il suo Regno si configura nella realtà del servizio, della sottomissione e dell'amore egli rinuncia a qualsiasi sicurezza terrena esponendo se stesso anche al vituperio e all'ignominia.
E infatti la sua regalità si esprime soprattutto nell'oblazione libera e spontanea sulla croce, espressione massima dell'amore per l'uomo. Il re dei Giudei che sospira di fronte a Pilato e che gronda sangue dal capo trapunto dalle spine rende l'idea di una regalità che dona se stessa agli uomini rinunciando ai propri diritti di grandezza e di predominio indiscusso. Quale espressione migliore dell'amore se non quella di offrire la propria vita in riscatto di tutti? Quale esempio di umiltà di servizio se non quella dell'annichilimento e dello svilimento di se stessi fino all'effusione del sangue per l'umanità intera? E' l'offerta sulla croce ad offrici l'espressione massima della vera realtà del Regno di Dio e dell'esercizio della regalità di Cristo come amore infinito ed effettivo.
Il Cristo Re dell'Universo che non subordina ma che ama gli uomini fino alla fine ci ragguaglia che la dimensione del Regno è un fatto di vocazione per tutti gli uomini perché inesorabilmente anche noi siamo invitati ad assumere l'atteggiamento del servizio e della solidarietà verso i fratelli. Quella dell'amore e del servizio è la prerogativa che ci contraddistingue come persone raggiunte dalla novità del Regno e coinvolte dall'amore di Dio anziché oppresse e soggette alla coercizione di un dominio da accettarsi passivamente. Anche noi possiamo regnare con Cristo se saremo capaci di assimilare il Cristo come colui che ci serve, ci riconcilia e ci perdona e siamo capaci di accogliere con gioia il dono medesimo del Regno nell'immediatezza del servizio ai fratelli.
Vivere radicati nell'amore non comporta semplicemente essere sudditi o dimessi servitori del Signore ma ci rende partecipi della stessa regalità divina, attribuendoci tutti quegli onori che di fatto spettano al solo Signore della gloria perché anche noi siamo chiamati di fatto a regnare con lui.