Omelia (30-04-2000)
mons. Antonio Riboldi
Un grande messaggio d'amore per risanare le piaghe del mondo

Viviamo in un pauroso spessore di timori, di solitudini, di angosce. Cerchiamo la pace come il più grande bene desiderabile. Ovunque: nelle coscienze, nelle famiglie, nella società.
Un poco come la sera di Pasqua. "La sera di quello stesso giorno – narra l'apostolo Giovanni.– il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi". Detto questo mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore" (Gv 20, 19-20).
E' già stupendo assistere allo spettacolo di una Chiesa che si è riunita accanto alla casa che la tradizione vuole fosse di Gesù, Giuseppe e Maria, non a discutere, ma a celebrare il grande dono della riconciliazione, per essere capaci di farne dono a tutta la comunità degli uomini, ovunque questi siano: con la delicatezza, l'amabilità, la gioia, la festa con cui si fa un dono. E' come vedere Dio che chiama ad un grande appuntamento con la sua storia. Un Padre che sa fin troppo bene di quale pasta siamo fatti: di quante grettezze viviamo; di quante violenze siamo capaci. Un Padre che, nonostante tutto questo, ci ama talmente da attenderci sulla porta di casa, da chiamarci ad uno ad uno per poi farci diventare "una grande, meravigliosa famiglia", la sua famiglia.
Ci si sente l'inferno addosso a ripensare ai nostri rifiuti del suo immenso amore. Come si può rifiutare l'amore di Dio, senza sentirsi morire dentro? Di fronte a quelle braccia che si aprono per accoglierci proviamo disgusto per i nostri piccoli rancori; per le divisioni, tagli sulla carne nostra e degli altri; per le beghe di casa nostra, sul lavoro, nelle stesse chiese: sbarre che impediscono di correre nel meraviglioso campo della libertà dei figli di Dio.
La Chiesa si è interrogata a lungo in quest'anno di preparazione. Infiniti sono i convegni, studi, preghiere che hanno punteggiato la vita di ogni comunità ovunque. Ed era come uno scoprire lentamente che la "resurrezione" era alle porte: o meglio era avvenuta. Bastava aprire gli occhi; farsi inondare dalla luce del Risorto che dice: "Sono risorto, sono qui tra di voi! Pace a voi!".
Ricordo una grande assemblea in una città. Tema era "Riconciliati per riconciliare". Alla fine un giovane con l'esuberanza, con la grande disponibilità alle cose belle dei giovani, si alzò ed entusiasmò tutti parlando così: "Questa sera non ho nulla da chiedere all'oratore. Devo solo dire grazie per quello che ha annunziato. Più ancora devo dire a tutti questi miei fratelli la mia grande gioia di essere cristiano. Nella riconciliazione mi è parso di avere scoperto la gioia del Cristo risorto che dà pace. La mia religione, la nostra è bella, divina, perché è tutta amore e solo amore".
Ed è proprio così. Ti accorgi stando in mezzo a tanti giovani ovunque che vi è una attesa, una gioia a stento repressa di fronte all'annuncio della resurrezione o riconciliazione.
Eppure Gesù le "sue piaghe" per questa conferma ce le mostra tutti i giorni. Le sue piaghe sono nei "crocifissi" del nostro tempo: i poveri, i malati, i soli, gli emarginati. Se uno ha lo Spirito di Gesù nel suo animo, se ha tanta fede, quando tocca queste piaghe ha lo stupore di Tommaso: "Gesù e veramente risorto: è tra di noi". E gli viene da dire: "Signore mio e Dio mio!"