Omelia (15-11-2009)
mons. Roberto Brunelli
Costruire il futuro

Oggi è la penultima domenica dell'anno liturgico, cioè dell'anno come la liturgia propone di viverlo. La proposta è complessa; ma nelle sue linee generali può essere intesa come un cercare di capire chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo: e allo scopo, ripercorrere ogni anno l'intera storia dell'umanità, nei suoi rapporti con Dio. Si comincia con il tempo di Avvento (le quattro settimane precedenti il Natale), che richiama i secoli anteriori alla venuta di Cristo. Poi, da Natale a Pasqua e Pentecoste, l'attenzione si focalizza sull'opera da lui compiuta, la redenzione dell'umanità. Segue il "tempo ordinario", durante il quale si riflette sugli insegnamenti di lui, per vivere come si conviene il tempo presente. Infine, nelle due ultime domeniche si guarda al futuro, alle realtà ultime che investono i singoli uomini e l'umanità intera.
Seguendo la tradizione giudaica, i vangeli presentano le realtà ultime in termini grandiosi e terribili; il passo di oggi ad esempio parla di sconvolgimenti cosmici: il sole e la luna si spegneranno, le stelle cadranno dal cielo e il Figlio dell'uomo (è l'espressione con cui Gesù designava se stesso) si manifesterà in tutta la sua potenza e la sua gloria, convocando tutti davanti a sé. Va detto subito che queste immagini non sono da prendere alla lettera: sono simboli, per dire che il mondo presente è destinato a finire; solo Dio rimane per sempre ("Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno", dice Gesù proprio oggi) e con lui vivranno per sempre tutti quanti l'avranno meritato.
Quando avverrà tutto questo? La curiosità innata nell'uomo ha sempre spinto qualcuno a cercare di scrutare il futuro. Greci e romani consultavano le sibille; già gli antichi ebrei cercavano di evocare i morti; oggi c'è chi consulta l'oroscopo o si rivolge a maghi cartomanti fattucchiere e consimili imbroglioni, per non dire delle sette pseudo-religiose che preannunciano la data della fine del mondo, salvo poi di volta in volta doverla rinviare (in proposito, la prossima sarebbe presto, nel 2012: staremo a vedere!). Ai credenti dovrebbe bastare la parola di Gesù: il giorno in cui questo mondo passerà, lo conosce soltanto Dio.
Tuttavia, qualcosa in proposito si ricava con chiarezza dalle sacre Scritture, se si distingue tra la fine di questo mondo, che resta per noi inconoscibile, e la fine della nostra presenza in questo mondo, cioè il giorno in cui questo mondo passerà per ciascuno di noi. Nessuno può dire con certezza quando questo evento accadrà; ma la comune esperienza insegna che sarà entro un tempo ragionevolmente prevedibile: è questione di qualche decennio, forse qualche anno e magari solo qualche giorno. Inutile nascondercelo: tutti dobbiamo morire, e in genere prima di quando vorremmo. Inutile inquietarsi: non serve a cambiare la realtà. Piuttosto, conviene prepararsi al passaggio, perché la nostra condizione nel mondo venturo non sarà a caso, non stiamo giocando al lotto; né è già definita, sicché dovremo prenderla come ci sarà data, felice o infelice che sia, senza poterci fare nulla. La nostra vita nell'eternità è nelle nostre mani adesso, dipende da come viviamo adesso; il nostro futuro è quello che costruiamo adesso.
Quanto poi al come costruire il nostro futuro, lo sappiamo bene: e non perché ce lo dica la nostra limitata intelligenza, ma perché chi ci giudicherà ce ne ha dato le regole. Ed è un segno della sua amorevole sollecitudine; è il segno che Dio è Padre, e pur rispettando nei figli la libertà di allontanarsi da lui, è suo sommo desiderio vederli felici, e felici per sempre, di quella felicità che solo lui è in grado di assicurarci.