Omelia (15-11-2009) |
don Giovanni Berti |
Dio non passa di moda Clicca qui per la vignetta della settimana. In questi giorni nei cinema esce un film dal titolo "2012" che, prendendo spunto da tradizioni maya, racconta la distruzione del mondo in un cataclisma totale. Di questo film (che probabilmente andrò a vedere, vista la mia passione per il genere catastrofico) ho visto solo qualche anticipazione. In una di queste si vede che, mentre il cataclisma Si abbatte su tutto il mondo e anche su Roma, nella volta della Cappella Sistina si apre una profonda crepa che, tagliando in due il soffitto che crolla, passa proprio tra le due mani di Dio e dell'uomo dipinte nella famosa scena della creazione di Adamo di Michelangelo. Davvero inquietante! Mi è venuta in mente questa immagine mentre riflettevo sulle parole "catastrofiche" di Gesù in questa pagina del Vangelo. L'evangelista Marco colloca questa predicazione di Gesù immediatamente prima del lungo racconto della passione, morte e resurrezione. Gesù prima di affrontare l'evento centrale della sua e della nostra storia, che ancora oggi è al centro della fede cristiana, getta uno sguardo alla fine della Storia umana. Il desiderio di Gesù non è certamente quello di spaventare i suoi ascoltatori, come vorrebbe un buon film catastrofico. Cristo, usando il linguaggio apocalittico tipico del suo tempo, vuole al contrario lanciare un messaggio di speranza ai suoi ascoltatori. Non vuole darci nemmeno una comoda scusa per sfuggire dal presente e dalle nostre responsabilità attuali nel mondo, ma vuole che viviamo il presente con impegno e attenzione. Il tempo che vivo ora, le persone che adesso vivono e lavorano accanto a me, il mio lavoro o studio, il luogo concreto dove sono... tutto questo non è privo della presenza di Gesù. E anche se le cose sembrano così fragili e sempre in pericolo di finire, la presenza del Signore rimane ("Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno"). Il cristiano non è uno che vive "fuori dal mondo" come se Dio lo si potesse trovare solo"altrove", ma, al contrario, il cristiano vive il presente come tempo orientato a Dio e come occasione continua di conoscere il Signore. Tutti però corriamo il rischio di vivere così immersi nelle nostre piccole cose e preoccupazioni del momento da non riuscire a vedere un senso nella vita, e tutto ci appare come piccolo e nel caos. Le parole che Gesù ha pronunciato ai suoi discepoli di allora, ancora oggi sono per noi un invito a "stare attenti" e a non farsi troppo distrarre. "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" è per me davvero un'iniezione di fiducia. Queste parole vorrei ripetermele in continuo, in modo che dalla mente scendano nel cuore per ridarmi fiducia quando la perdo, e per darmi quel profondo ottimismo spirituale da trasmettere a qualcuno che soffre. Clicca qui per lasciare un commento. |