Omelia (15-11-2009) |
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Chiamati a guardare La parte finale del capitolo 13 del vangelo di Marco ci guida in questa domenica dell'anno liturgico. È un testo escatologico, caratterizzato da espressioni particolari, segni e simboli che necessitano di una lettura approfondita e di una retta interpretazione per evitare un approccio esclusivamente letterale. La preoccupazione maggiore dell'evangelista è quella di mettere in guardia i cristiani da alcune forme di accomodamento che si possono presentare nel corso della vita... o che sono presenti all'interno della comunità ecclesiale alla quale viene rivolto questo discorso; per cui è vivo sempre il grido: "state attenti", "vigilate/vegliate"... espressioni che ripercorrono il testo a mò di filo rosso dandogli senso e logica. L'evangelista tiene a precisare che l'incontro con Gesù Cristo che viene è centrale e in questo incontro si gioca la partita della vita nella sua totalità. La finalità ultima del brano in questione è quella di suggerire ai cristiani di non assopirsi o perdersi in luoghi molto compromettenti e comuni ad un tipo di società o modus vivendi. Si corre spesso il pericolo di smarrirsi in discussioni o in disquisizioni che non sempre edificano la persona, il nostro modo di stare nel mondo è omologato al mondo, i problemi della vita li affrontiamo con i metodi e i mezzi che la società ci offre... la fede non viene considerata più di tanto e diventa un rifugio nel momento in cui il mondo e le sue strutture non riescono a dare risposte soddisfacenti ed esaustive alla nostra vita. Quando c'è bisogno di ritrovare la propria identità, il proprio equilibrio e la propria immagine, si riscopre la ricchezza dei luoghi di preghiera e di solitudine. Ma deve succedere sempre qualcosa!!! Alcune volte abbiamo le "nostre uscite" a difesa della fede - a mò di parata - su argomenti che in qualche modo ci interessano: vogliamo il Crocefisso appeso nei luoghi che si frequentano, ma non vogliamo conformare la nostra vita ai valori che la croce emana, non vogliamo essere "disturbati" da Colui che ha dato la sua vita per noi. (Forse) Queste "provocazioni" ci vengono offerte proprio come un richiamo a ritornare alla radice, alla fonte, a riconsiderare la vita come luogo privilegiato dell'amore divino, vita che ha il fondamento in Colui che è la massima espressione d'amore... fino alla fine e che continua a Parlare nella Scrittura e non solo. Però il rischio di considerare la Parola di Dio "lettera morta", distaccata e lontana dalla vita è "accovacciato" alla porta del nostro cuore e della nostra esistenza. Si pensa: la Scrittura non è all'altezza di dare orientamento e luce alla vita dell'umanità, incapace di "partorire" la Parola della Vita. È un pericolo da evitare assolutamente!!! Allora bisogna ritornare ad essere "Uditori della Parola". Il testo di questo discorso escatologico è un invito a mettere tutta la nostra fiducia e a fondare la nostra vita sulla scrittura che abbiamo a portata di mano... per fare questo ci sono alcuni passaggi obbligati (ma si possono sempre adattare in base alle proprie esigenze): prendere il testo, aprirlo, invocare lo Spirito, iniziare a leggerlo (nello Spirito), confrontarsi e iniziare un cammino di conversione. La familiarità con il testo mi porta ad ascoltare, e l'ascolto, a sua volta, scioglie il nodo della lingua e ridona luce agli occhi... ascolto - proclamo - gioisco. In sintesi: il rapporto con la scrittura mi porta ad un cammino di fede profondo e autentico... entro così del dinamismo che non devo pretendere di avere il Crocefisso visibile, ma che io devo essere testimone del Crocefisso... io devo essere Crocefisso per gli altri; la mia presenza all'interno del mondo deve essere una presenza evangelica: si sta nel mondo, ma con lo sguardo rivolto verso la patria eterna... si vivono le vicende del mondo cercando e costruendo (con la propria vita) il valore della fraternità. In cosa ci siamo assopiti? In che forma di torpore siamo caduti? |