Omelia (29-11-2009) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Attesa di liberazione Immagini metaforiche simili a quelle sulle quali avevamo riflettuto due settimane fa ci si propongono nella liturgia di oggi. Il Vangelo di Luca incalza infatti con "segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte" e questo potrebbe suscitare turbamento e angoscia, stupore e apprensione in vista di eventi futuri tremendi e sconvolgenti. Già alcune domeniche or sono avevamo tuttavia osservato che un simile linguaggio, definito escatologico - apocalittico, non va interpretato letteralmente e soprattutto non deve ingenerare paura e angoscia. Come afferma Sant'Agostino, perché dovremmo temere il Signore che noi amiamo e che a sua volta ci ha amati per primo? Perché dovremmo vedere in queste righe una sorta di servilismo e di tensione che sarebbe comunque controproducente? E' evidente che una simile tipologia espressiva indica ben altro che la furia di spietati sconvolgimenti cosmici: semplicemente vuol descrivere la condizione di novità e di trasformazione che subentrerà alla fine dei tempi, quando il Signore farà ingresso nella gloria nella forma paragonabile a quella del Figlio dell'uomo veniente sulle nubi del cielo e determinati simbolismi indicano pertanto la radicale mutazione fra il presente storico dell'oggi e la novità risolutiva del domani. Prosegue infatti lo stesso brano evangelico: "Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina." Si preannuncia infatti la fine delle oppressioni e delle ingiustizie temporali a cui sono costretti tutti gli uomini del presente e l'arrivo della pace e della giustizia definitiva che apporterà il giudizio del Signore quando questi verrà a dare a ciascuno secondo i suoi meriti o demeriti. Nella situazione dell'oggi infatti si è costretti a subire il continuo antagonismo fra bene e male che si contendono a vicenda lo spazio della nostra vita terrena, la presenza della zizzania che cresce innestata fra le spighe di grano buono, il prevalere delle ingiustizie e delle perversità sull'onestà e sulla rettitudine, la persecuzione dei giusti e il trionfo della cattiveria. Nel giorno del giudizio invece subentrerà la nuova era dell'incontro definitivo con il Signore apportatore di gioia e di salvezza risolutiva; sicché il credente di oggi vive il proprio presente costruendo la storia di ogni giorno nella speranza e nella fiducia, motivandosi nel bene nell'attesa di questa pienezza avveniristica. L'attesa del giorno glorioso del Signore non è sterile e inattiva e rifugge da qualsiasi inerzia e passività. E' piuttosto un'attesa fiduciosa e fervente, che nell'intraprendenza e nell'impegno costante riscontra la caparra degli ultimi giorni già adesso, al presente, perché lo stesso Signore che incontreremo all'epilogo della storia va riscontrato già sin d'ora attraverso una vita di fede, di speranza e di carità che ci permettono di vederne la presenza certa anche se confusa. L'attesa di Colui che verrà nella gloria suppone anche la vigilanza e l'attenzione ai segni dei tempi perché il giorno del Signore non è pronosticabile e non è delimitato da scadenze o delimitazioni temporali, ma subentrerà improvviso nella nostra storia: vigilare consiste nel credere, nell'alimentare la nostra fede con la preghiera e il confronto continuo con la Parola, nel fuggire le prove e le tentazioni schivando il peccato e nel prodigarsi attivamente nella carità operosa per costruire con il bene il Regno che giungerà in pienezza nel futuro. Tutto questo è l'Avvento. Con questo termine mutuato dal paganesimo (adventus) infatti fino al VI secolo si intendeva, e si intende tuttora, "ciò che è in procinto di venire" e pertanto anche l'attesa del Signore futuro della gloria. San Bernardo di Chiaravalle ci parla dell'Avvento delineando "tre venute" da parte del Signore: 1) Esiste un primo Avvento perché vi è stata una prima venuta del Signore nella carne, quando questi si è incarnato per la nostra salvezza divenendo Bambino per noi 2) Un secondo Avvento avverrà alla fine della storia, quando il Signore tornerà nella gloria per il giorno del giudizio, ogni uomo vedrà la salvezza di Dio (Is 40, 5) e tutti guarderanno a Colui che hanno trafitto (Zc 12, 10): attendiamo infatti che si realizzi la nostra speranza definitiva con il ritorno di Cristo per la vittoria definitiva del bene sul male. 3) Un terzo Avvento è quello intermedio, che riguarda la vita di tutti i giorni, il nostro quotidiano e soprattutto la nostra intimità, poiché Dio è Colui che viene sempre nel nostro cuore e nella potenza dello Spirito. Noi ci ritroviamo in tutt'e tre le dimensioni suddette senza escluderne alcuna, perché per noi l'Avvento è il passato, il presente e il futuro di Dio: abbiamo riscosso infatti la gioia del Signore che si è fatto uomo per noi e per ciò stesso la venuta del Regno di Dio nelle parole e nelle opere di misericordia del Signore Gesù, quando questi si è fatto Bambino ed è venuto a condividere la nostra natura e a compartire le nostre infermità; attendiamo fiduciosi nella speranza l'evento della gloria finale del Cristo nel giorno che non ci è dato conoscere, nella certezza che ci attende il premio eterno di quella che sarà stata la nostra fedeltà e la nostra perseveranza nel bene; nel frattempo viviamo la realtà della venuta di Dio in noi, la sua inabitazione nel nostro animo, il suo presenziare misterioso, silente ed efficace nella vita individuale di ciascuno, ben consapevoli che Cristo è tutti i giorni il Nuovo Arrivato della nostra vita . Ne deriva che il tempo di Avvento è la caratterizzazione di tutta la vita cristiana, il fondamento del nostro vivere e del nostro prodigarci nell'oggi in vista del domani: Cristo viene continuamente nella vita dell'uomo per qualificarla e risollevarla, imprime nella nostra dimensione personale per apportarvi fecondità e ricchezza e risolleva le sorti degli animi abbattuti e demotivati. Cristo viene anche nella vita della Chiesa con la Parola, con i Sacramenti, la comunione dei fedeli e l'esercizio continuo della carità che è esternazione della nostra fede in lui. E mentre lo riscontriamo come il Veniente nella vita dell'oggi, lo attendiamo come Colui che verrà definitivamente nel nostro futuro ultimo, quando giungerà glorioso per il giudizio finale e pertanto ci animiamo ferventi nell'attesa operosa della fede, della speranza e della carità. A partire dal VI secolo la Chiesa ha pensato ad un tempo materiale privilegiato che precedesse la data del Natale e progressivamente si è giunti alla formulazione del Tempo di Avvento Liturgico che tutti gli anni celebriamo fra l'ultima Domenica di Novembre e il 25 Dicembre; questo proprio per farci riscoprire più marcatamente l'attualità dell'Avvento nella nostra vita per radicarci ulteriormente nella fiducia e nella speranza dell'attesa; per questo noi considereremo molto più radicalmente il passato, il presente e il futuro che è Dio. L'Avvento Liturgico è un riflesso dell'Avvento a cui l'intera vita cristiana ci esorta; l'attesa del Natale si caratterizza come occasione propizia di riscoperta di noi stessi nella familiarità non con il Signore di una sola epoca circoscritta, ma con il Cristo che riconosciamo l'Unico ieri oggi e sempre (Eb 13, 8); esso ci predispone a celebrare l'evento unico e salvifico del Dio-con- noi, il Verbo Incarnato nel primo Avvento che viene oggi e sempre. E' chiaro allora che l'Avvento è un tempo privilegiato di crescita spirituale e di progresso che va vissuto in pienezza anche in sé medesimo: se anche non dovesse seguire ad esso la data del 25 Dicembre, lo si vivrebbe ugualmente nella profondità considerando le garanzie che esso comporta e gli aspetti di successo personale e comunitario che questi giorni in tutti i casi comportano per noi. |