Omelia (04-06-2000) |
mons. Antonio Riboldi |
Vivere è pregustare la gioia d'incontrare il Padre Gesù non voleva proprio lasciare ai suoi carissimi Apostoli alcun dubbio sulla sua resurrezione. "Egli (Gesù) - narrano gli Apostoli - si mostrò ad essi vivo dopo la sua passione, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio" (At 1,1-11). Gli Apostoli erano stati scelti per essere "i testimoni della sua resurrezione", un fatto talmente straordinario da superare pensieri ed attese umane; uno di quei fatti che contengono tante certezze e tante speranze, da porsi come pilastro per ogni serenità dell'uomo e dell'umanità intera. Che uno muoia, per quanto la sua morte sia eccezionale, o lui sia eccezionale, non è cosa da sconvolgere totalmente la storia della umanità: può scuoterla; può diventare punto di riferimento; non sarà mai una certezza su cui dopo l'uomo può fondare la sua speranza. Se non altro perché chi è morto era un uomo e di lui si può conservare solo il ricordo. Ma diversa la sorte di Gesù. Lui era Figlio di Dio, un Figlio che ha voluto fino in fondo sporcarsi le mani della povertà e della infinita debolezza dell'uomo. E non c'è povertà che Egli stesso non abbia gustato amaramente, come quella di farsi distruggere dalle mani degli uomini nella crocifissione, quando poteva mostrare la potenza divina che possedeva, una potenza che come aveva creato quei poveri uomini poteva annientarli con un solo gesto. C'è di più: la Sua resurrezione non era e non poteva essere un "caso personale", come un'inutile dimostrazione della potenza che Dio ha su tutto, anche sulla morte, ma essendosi fatto uomo, in tutto e per tutto, fuorché nel peccato, la Sua resurrezione coinvolgeva la resurrezione dell'uomo. Troppo importante per rimanere con qualche ombra di incertezza. Da qui il suo restare per quaranta giorni dopo la resurrezione tra gli Apostoli, "mostrandosi vivo, con molte prove, ed apparendo". A ragione lascia detto, prima di ascendere al cielo da dove era disceso per nostro amore, "avrete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, fino agli estremi confini della terra". Tutti gli uomini dovranno "udire questa testimonianza": "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato... Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio" (Mc 16, 15-20). E gli Apostoli, sappiamo, andarono per tutto il mondo annunziando ad ogni creatura questa meravigliosa novella che è giunta fino a noi, ma non ancora a tutto il mondo. E' bello a questo punto avere un esempio di come gli Apostoli testimoniavano la resurrezione di Gesù e le reazioni che suscitavano: "Diceva Pietro ai Giudei: "Sappia con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso". All'udire tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri Apostoli: "Che cosa dobbiamo fare fratelli?". E Pietro disse: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati: poi riceverete il dono dello Spirito Santo...". Allora quelli che accolsero la parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone" (At 2, 36). Ed era come se Gesù continuasse ad essere tra di loro a compiere la sua opera di salvezza. E' così ancora oggi. Lui è asceso al Cielo; Lui siede alla destra del Padre; ma Lui continua ad essere tra di noi, standoci vicino nel cammino verso il posto che Lui ci ha preparato in Cielo. Per chi crede, o meglio, come usano dire gli Atti degli Apostoli, per chi accoglie le parole del Vangelo, la buona novella di Cristo risorto e asceso al Cielo, vivere è avvicinarsi sempre di più al Cielo, staccandosi giorno per giorno da questa terra: dico terra per dire le creature che nulla hanno a che vedere con la bellezza del Cielo, dalla ricchezza al prestigio, alla fiera della vanità che è diventato il mondo, al nostro sciocco egoismo. Vivere è pregustare la gioia di quel posto che Gesù ci ha preparato e che non deve sfuggirci a nessun costo. Non è forse facile, avendo a che fare con un mondo ed una vita che ti bombardano fino a violentare ogni desiderio di cielo. Ma Gesù, pur essendo asceso al Cielo, pur sedendo alla destra del Padre, è qui, come per vivere con noi la nostra "passione quotidiana" perché ci sentiamo forti della Sua forza. Ma a parte tutto questo, quante volte viene la "voglia di Paradiso"! Sarà perché non ce la facciamo più a respirare l'aria appestata di superbia e di violenza di tutti i giorni e vorremmo avere i polmoni traboccanti di amore e felicità; sarà perché Gesù è la sola felicità desiderabile; sarà perché si ha una gran voglia di, buttarci tra le braccia del Padre una volta per sempre, pur sapendo di essere pieni di miserie che appesantiscono il volo verso di Lui. E nello stesso tempo certi che Lui con la sua misericordia sa lavare ogni schizzo di fango finito sul nostro abito di festa. Contemplando la gioia dell'Ascensione, la vita diventa veramente una serena attesa di Paradiso, anche se questo Paradiso passa per il duro calvario della nostra quotidianità. |