Omelia (08-11-2009) |
don Daniele Muraro |
Una volta per sempre Il Vangelo riferisce di Gesù a Gerusalemme che insegna dentro il cortile del tempio. Sedutosi davanti al luogo dove in tanti lasciano la loro offerta poi, unico fra tutti, Egli nota e loda il gesto di una povera vedova. La seconda lettura propone invece un'istruzione sull'offerta di se medesimo da parte dello stesso Gesù. Essa fu perfetta e perciò unica. Senza dover entrare in un santuario umano, Gesù presentò il suo sacrificio direttamente al cospetto di Dio e continua ad intercedere a nostro favore. Possiamo stabilire un paragone tra l'elemosina della vedova e la morte in croce di Gesù. Entrambe queste azioni portano a compimento una donazione totale, per la vedova delle sue misere risorse e quindi delle ultime speranze di sopravvivenza, della sua vita terrena nel caso di Gesù. Gesù invita i suoi discepoli a stare alla larga dal modo di fare degli scribi. Dall'abbigliamento e dall'atteggiamento di questi tali traspare solo vanità, trasformano le uscite in pubblico in altrettante occasioni per accrescere prestigio sociale, nel loro intimo però sono avidi di soldi. Arrivano a sfidare il giudizio di Dio non esitando ad impadronirsi del patrimonio dei più sfortunati e nonostante questo pregano a lungo, come se l'Altissimo non conoscesse le loro malefatte o non fosse capace di intervenire. Il quadro che esce dalle parole del Vangelo indurrebbe a giudizi poco benevoli sulla malvagità che regna nel mondo, se non fosse per l'apparizione del tutto inosservata ai più di una povera vedova riconoscibile come tale per il suo vestito logoro e per il suo aspetto deperito. Essa si dirige con fare dimesso verso il tesoro, ossia il luogo delle elemosine, dove i sacerdoti incaricati stavano ad aspettare. Uno di loro controllava il valore delle monete e nel caso di oblazioni consistenti dichiarava, ad alta voce, l'entità e l'intenzione dell'offerta, gettandola nella cassa corrispondente. Le casse erano dodici. Nella tredicesima si gettavano le elemosine spontanee e di poco conto, quelle senza intenzione. Presso quest'ultima si porta la donna, non può pretendere di più con il suo modesto gruzzoletto. Si tratta di due spiccioli, le più piccole monete aventi allora corso legale, pochi euro diremmo noi. Mentre la povera vedova si allontana, le parole di Gesù arrivano come una sentenza inaspettata e sconcertante. "Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere!" È il verdetto di Dio che si esprime sulle labbra di Gesù! Non sappiamo come andò avanti la vicenda di quella donna sola. Nel caso raccontato nella prima lettura della vedova di Zarepta interviene la Provvidenza di Dio. Lei e suo figlio erano veramente allo stremo, ma viene premia la fiducia dimostrata verso il Dio di Elìa e la generosità nei confronti del profeta. Considerata sotto il punto di vista di queste due ultime scene la vita dell'uomo appare fatta di stenti, o almeno di continue necessità. Anche pregando spesso uno si accontenta della richiesta di tirare avanti, di poter ottenere quel che serve nell'immediato, ma nulla più, con in testa quella parola per cui ad ogni giorno basta la sua pena. La possibilità di "una buona volta per tutte" non appartiene al deposito delle speranze ordinarie. Eppure il desiderio di una risoluzione "una volta per sempre" di ogni problema ritorna come istinto del cuore umano. La lettera agli Ebrei incoraggia questa aspirazione, non come il risultato di uno sforzo personale, bensì come un dono proveniente da Gesù e che riceviamo da Lui: "Una volta sola, nella pienezza dei tempi, Cristo è apparso per annullare il peccato (e quindi il male) mediante il sacrificio di se stesso." Il senso della storia è già deciso: il bene ha vinto. Il senso pieno di ogni cosa è già a disposizione nel frammento di tempo che di volta in volta viviamo. Niente andrà perduto di quello che si è fatto per amore di Dio. Noi siamo già fin d'ora in contatto con l'eternità e, se lo affidiamo nelle mani del Signore, ogni nostro atto può essere garantito contro la sparizione nell'oblìo del passato che non ritorna. Il sacrificio di Cristo è stato sufficiente per realizzare la salvezza del mondo. Se per riparare il male dell'umanità avessimo dovuto presentare offerte tratte dal mondo materiale non sarebbe bastata l'intera creazione e questo vale per Gesù stesso. Gesù invece ha offerto se stesso. La sua morte in croce è stata così piena di amore da colmare tutta l'eternità. Perciò essa rimane sempre valida e attuale. Questo dono di sé Gesù lo porta dopo la resurrezione nel cielo e tramite il ministero della Chiesa nel mondo. Soprattutto con la celebrazione dell'Eucaristia Gesù continua a ripresentare a noi che ne abbiamo tanto bisogno la sua offerta per la nostra salvezza e guarigione spirituale. Davanti al dono del Signore in questa Messa raccogliamo, per così dire, anche noi tutte le nostre forze. Domandiamo al Signore di confermare e rafforzare quello che c'è di buono nel nostro cuore non senza aver lasciato che Egli annulli ciò che vi può trovare di sbagliato e di cattivo. |