Omelia (15-11-2009)
don Daniele Muraro
Non più offerta per il peccato

Nel Vangelo di questa domenica Gesù unisce cose grandi a cose piccole. Parla del sole, della luna e delle stelle insieme con le potenze nei cieli e poi racconta la parabola, così la chiama lui stesso, del fico.
A tarda primavera il ramo di questa pianta diventa gonfio per le gemme che stanno per uscire, allora significa che ormai brutta stagione è finita e che l'estate è incombente.
Con un guizzo del pensiero, tipico del suo modo di raccontare in parabole, Gesù conclude: "Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte."
Gesù paragona la fine del mondo al tempo dei frutti, quando Lui stesso manderà i suoi angeli a raccogliere "gli eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra, all'estremità dei cieli".
Queste ultime espressioni ci vogliono dire che quegli avvenimenti saranno proprio universali; coinvolgeranno tutti gli uomini "con potenza e gloria grande".
Potremmo domandarci quando capiterà questa temuta e tanto fantasticata fine del mondo. A chiudere con la curiosità interviene sempre il Vangelo di oggi: "Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre." Dunque neanche Gesù è in grado di dire, calendario alla mano, quando sarà la fine del mondo.
Se non rientrava nella missione di Gesù sapere il momento preciso della fine e se Egli ha potuto salvarci anche ignorandolo tanto meno è consigliabile a noi di lambiccarci il cervello sull'argomento e meno ancora ci conviene credere alle scadenze fissata da antiche lontane civiltà...
Quello che è sicuro è che la fine del mondo ci sarà e sarà preceduta da una grande tribolazione: "In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, eccetera". Il profeta Daniele nella prima lettura aveva anticipato: "Sarà un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo".
Provare angoscia vuol dire sentirsi chiusi in un angolo, ma nel momento in cui si restringono le vie di scampo umane, interviene la potenza di Dio: "in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro". Per noi che le ascoltiamo sono parole di speranza, con le successive riguardanti la resurrezione dei morti e la gloria che aspetta quelli che sono vissuti da saggi nell'amore del Signore.
Anche il Catechismo della Chiesa cattolica parla di una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione attraverso cui passerà la Chiesa svelerà il "Mistero di iniquità" sotto la forma di una impostura religiosa pronta ad offrire agli uomini una soluzione apparente dei loro problemi al prezzo del distacco dalla verità.
In quest'anno sacerdotale non possiamo passare sotto silenzio uno dei tanti segni della fine imminente che troviamo nel libro di Daniele e cioè l'abolizione del sacrificio quotidiano.
Siamo ancora nel capitolo dodici, quello della prima lettura, e poco oltre il profeta annota: "Io udii bene, ma non compresi, e dissi: «Signore mio, quale sarà la fine di queste cose?». Egli mi rispose: "Dal tempo in cui sarà abolito il sacrificio quotidiano e sarà eretto l'abominio devastante, passeranno milleduecentonovanta giorni... eccetera."
Un'indicazione un po' misteriosa che questa mattina vogliamo considerare non tanto nella scansione temporale quanto suo contenuto spirituale ...
Il massimo bene che noi abbiamo in quanto credenti pellegrini verso la patria è proprio l'Eucaristia (quella che Daniele chiama "il sacrificio quotidiano"). La sua abolizione, sotto forma di proibizione o anche solo di abbandono, sarebbe veramente l'oscuramento dell'universo, lo spegnimento del sole spirituale irradiante luce e calore ai cristiani e a tutto il mondo.
Noi celebriamo l'Eucaristia "in attesa della sua (di Cristo) venuta" e siamo convinti che la sua resurrezione Gesù ha vinto una volta per tutte. Lo ha ribadito la seconda lettura: "Cristo si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi."
"Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.": è importante che Gesù abbia parlato di queste cose al termine della sua vita pubblica. Significa che come il suo inizio è prima del tempo, poiché "Egli era in principio presso Dio", così anche la sua fine terrena supera la fine del mondo, poiché Egli risorge per sempre.
La vita procede a passaggi successivi ed è con una certa trepidazione che si oltrepassano le soglie che marcano le varie tappe esistenziali, la soglia della scuola il primo giorno di lezione, la soglia di casa il giorno delle nozze, la soglia dell'ospedale nella malattia.
Il Vangelo di oggi ci dice che dopo la soglia dell'ultima pagina del calendario della storia non ci sarà il nulla, ma l'eternità di Dio. Allora quanto creduto per fede diventerà evidente e quello che si temeva di perdere sarà acquisito per sempre.
Gesù alla porta non ci deve far paura: dopo che tante volte noi abbiamo teso la mano verso di Lui, figuratamente nella preghiera ed effettivamente per riceverlo nell'Eucaristia, sarà Lui in persona a tendere la mano verso di noi, per l'ultima volta e realmente.