Omelia (20-12-2009)
Suor Giuseppina Pisano o.p.
"Ecco, io vengo...." e in Lui siamo santificati

Il tempo liturgico dell'Avvento sta per concludersi, e, come la secolare attesa del Messia salvatore si è compiuta in quella "pienezza dei tempi" quando l'intera creazione vide Dio scendere tra gli uomini in forma umana nella persona di Gesù di Nazareth, nato da Maria, così oggi, in prossimità del Natale, la liturgia eucaristica presenta alla nostra riflessione proprio la figura di questa Madre, la fanciulla di Nazareth, la vergine che credette alle parole dell'Angelo, le accolse quali erano: parole di Dio, ed obbedì, con umiltà e fede.
E fu proprio la fede semplice, umile e resa grande dall'amore, che guidò Maria, nel cui grembo già aveva preso vita il Figlio di Dio, a recarsi ad Ain Karin, anonimo villaggio delle montagne di Giuda, per servire l'anziana cugina Elisabetta, e contemplare ciò che l'Altissimo aveva operato in lei che, nonostante l'età avanzata, stava per diventare madre: la madre di quel bimbo che sarebbe stato, poi, il precursore del Messia.
E' il racconto evangelico che la Chiesa oggi, proclama e che conosciamo come la visita della Madonna a Santa Elisabetta, la quale si rivolse a Maria dicendole: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore", parole che, come scrisse l'indimenticato pontefice Giovanni Paolo II, "ci schiudono la visione dell'intima realtà di Maria": la donna beata per eccellenza, beata, ma non principalmente per la maternità straordinaria, bensì per la sua fede totale, umile, semplice, e, soprattutto, generosa, nel ripetere il suo " Si! " lungo tutta la sua non facile esistenza, sino alla fine, sino alla terribile esperianza del Calvario.
Maria è tutta lì: in quel "Si" incondizionato e ininterrotto.
Non molto tempo prima la fanciulla di Nazareth aveva ascoltato quell'insolito annuncio, quelle parole sconvolgenti che la dicevano:"piena di grazia...", e mentre lei, turbata, si interrogava sul significato di quel saluto, l'Angelo continuò dicendole: "Non temere, Maria, tu hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai nel grembo e darai alla luce un figlio. Lo chiamerai Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo.....lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra..." (Lc 1,28-35).
Erano parole che giungevano a lei, piccola figlia di Israele, da parte di Dio, l'Altissimo che voleva associarla al suo progetto di salvezza, un progetto grande che aveva dell'incredibile, una proposta che non rientrava negli schemi della logica umana; eppure, Maria rispose con l'immediatezza dell'amore e la semplicità della fede: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga in me come tu hai detto." (Lc 1,38); e da quel momento prese vita in lei il Figlio di Dio.
Fu nell'esultanza di quel dono, che la trasformava radicalmente, che lei, promessa sposa a Giuseppe, incurante di tutto, mossa dallo Spirito di Dio e dall'amore, si recò presso la casa di Zaccaria, per servire sua cugina Elisabetta che, illuminata dallo Spirito colse, nella giovane, la presenza operante di Dio, per cui esclamò con parole profetiche: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". Benedetta e beata, dunque, Maria di Nazareth, la madre del Figlio di Dio, che in lei si fece carne come ogni altro figlio d'uomo; benedetta, la dice Elisabetta, e benedetta la diciamo ancora noi, ripetendo dopo due millenni la preghiera mariana più antica.
Benedetta: una parola che, nel concetto della Bibbia, come nelle culture dell'antico Oriente era strettamente legata alla fecondità, e, in modo particolare, in Israele, dove ogni donna avvertiva la benedizione della propria persona, e del proprio corpo in particolare, come segno della presenza operante dell'Altissimo, che aveva promesso di inviare il Messia liberatore; perciò la benedizione era legata ad un'attesa molto viva che anche la fanciulla di Nazareth portava e coltivava nel cuore, lei, che un giorno, sarebbe stata chiamata a cooperare alla realizzazione della promessa, divenendo così la benedetta tra tutte le donne: la Madre del Cristo Redentore.
Benedizione e beatitudine appartengono in modo speciale a Maria, la donna della "pienezza dei tempi", la madre già annunciata dagli antichi profeti, come leggiamo oggi nella prima lettura, tratta dal profeta Michea, che così recita: "E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità; dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele".
Questo stesso oracolo risuonerà, un giorno, nella reggia di Erode, quando i Magi si recarono da lui per avere un'indicazione sulla via sicura da seguire, per raggiungere quel Re, da poco nato, e indicato da una stella (Mt 2,6); allora il ricordo dell'antica profezia creò grande sgomento nel sovrano, dispotico e violento, che giunse ad ordinare quella che, storicamente, conosciamo come "strage degli innocenti" pur di non cedere il potere ad un altro sovrano. Ma non fu certo la malvagità di un uomo a modificare la Storia e ad annullare il progetto salvifico di Dio; quella profezia, infatti, si era ormai realizzata e il messaggio di speranza che essa conteneva apriva definitivamente un orizzonte nuovo agli gli ultimi, i poveri, e a quanti, uomini e donne di buona volontà, cercavano giustizia, verità e pace, cercavano salvezza sicura e piena.
Di questa speranza nuova Maria nell'esultanza del cuore aveva profetizzato, nell'incontro con Elisabetta, quando disse quelle parole che, ancora la Chiesa ogni giorno ripete, e cioè che Dio guarda all'umiltà dei suoi servi, guarda agli uomini, che sono suoi figli, con amore; guarda, e interviene a loro favore, innalzando gli umili, ricolmando di beni gli affamati, schierandosi dalla parte degli ultimi e degli oppressi e riversando su tutti la sua misericordia (Lc 1,47-54) della quale, il segno più grande è l'incarnazione del Figlio, fattosi uomo nel grembo della vergine Maria.
Di Lui, il figlio di quella Madre Vergine, icona di fede e di obbedienza, nel passo della Lettera agli Ebrei leggiamo queste parole rivolte al Padre: "Non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato - recita il testo - ed ecco, io vengo per fare la tua volontà". Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.
Gesù, dono del Padre, è anche dono di Maria, ed egli oggi, alla vigila della celebrazione del suo Natale, ci ripete ancora: "Ecco, io vengo!"; viene, il Signore, velato dal Mistero, viene per offrirci ancora la sua salvezza; viene e attende da ognuno accoglienza, fede e sequela semplice, umile e amorosa, come fu di sua Madre, che è anche la nostra Madre dono del Figlio morente, e che perciò ci affianca e ci sostiene nel cammino non sempre facile della fede, fino a quel natale eterno che sarà, un giorno, il nostro Natale alla pienezza di vita in Dio.
E a tutti gli amici di QUMNRAN2 auguro un Natale fecondo di grazia.

sr Maria Giuseppina o.p.
mrita.pisano@virgilio.it