Omelia (16-07-2000) |
mons. Antonio Riboldi |
Senza prediche ma con amore C'è nel Vecchio Testamento una figura destinata a turbare i sonni tranquilli degli uomini: quei sonni che non sono mai basati sulla verità che non concede mai respiro nella sua ricerca, ma sono frutto di menzogne o ipocrisie che lentamente diventano un comodo nido in cui ci si adagia. Dio, che ama l'uomo e vuole a tutti i costi la sua salvezza, pronto per questo a "mandare il suo unigenito Figlio", contesta in continuità queste mortali sicurezze e crea "parole", "fatti", manda uomini destinati a scuotere le coscienze, la stessa coscienza del mondo intero, se necessario, senza preoccuparsi delle reazioni. Molto meglio una terribile reazione che perlomeno fa rendere conto del pericolo che si corre, che una quiete simile ad un sopore da cui non ci si sveglia più. La figura cui alludo è Amos il profeta di cui leggiamo oggi: "Non ero profeta, né figlio di profeta: ero un pastore e raccoglitore di sicomòri; il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Va', profetizza al mio popolo Israele" (Am 7, 12-15). Gesù, il Maestro e Signore che non esitò a definirsi, forse tra lo scandalo di tutti, "io sono la via, la verità, la vita", si considerò il Messia, "il Mandato", Colui cioè che doveva annunciare la buona Novella, senza guardare in faccia a nessuno. Basta leggere i Vangeli per accorgersi, dietro le scarne note di cronaca, come la Sua Parola a volte era raccolta con rispetto perché "parlava con autorità", altre volte era schivata perché smontava le false sicurezze interne, comprese quelle di una fede che si credeva sicura; ed altre volte ancora giungeva come sferzata che faceva a brandelli la maschera che gli scribi o i farisei si erano fatta; arriva persino a suscitare un odio tale da avere il suo epilogo nella crocefissione. E Gesù si preoccupa che la voce del Padre che mette "luce" negli uomini portandoli tutti alla verità della vita non taccia mai, non si affievolisca neppure, ma continui com'è continua la luce del sole. Anche se il mondo ha gli stessi comportamenti di sempre: che a volte rivelano persone desiderose di entrare nella verità a qualsiasi rischio; mentre altre volte sono la spia del desiderio della quiete derivante dalla menzogna che appaga l'egoismo, anche se uccide l'anima. Da qui la missione che Gesù affida ai Dodici: "Li chiamò ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma calzàti solo i sandali, non indossassero due tuniche... E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano" (Mc 6, 7-13). Fino a poco tempo fa, si aveva quasi la certezza che tutto fosse chiaro, almeno nei grandi valori della vita: valori che prendevano origine e consistenza dalla Parola di Dio. Chi avrebbe mai osato discutere del bene della famiglia? O del valore della onesta? O del dono della vita? O addirittura della fede che sola dava dignità e volto all'uomo? Oggi tutto o quasi è stato rimesso in discussione: a volte solo per chiarire meglio; a volte per cercare di piegare Dio o la Sua legge al capriccio dell'uomo; a volte per cancellare tutto, sostituendo valori certi con capricci del momento che possono esaltare solo l'egoismo dell'uomo. Ma non si oscura la verità dell'uomo, dietro cui si nasconde il grande e gratuito amore di Dio, senza pagare un duro prezzo. Le piaghe dell'anima dell'uomo moderno sono tante: si ha persino paura di spegnere la speranza che è necessaria come l'aria che respiriamo; si vorrebbe solo guarire; o almeno far giungere l'avvertimento che si può guarire, si deve guarire. Da qui l'amore del Padre che ancora una volta ci prende tutti e ci dice: "Va', profetizza al mio popolo". In altre parole "va', accosta ogni persona, ogni famiglia, ogni ambiente e parla ancora una volta del Regno di Dio, della sua buona novella; di ancora una volta che Dio ama e chiede che ci si apra al suo amore, ci si converta a Lui con tutto il cuore, perché il resto, quello che si crede un bene, a cui si è quasi venduta interamente la vita, non è il bene assoluto, ma semmai un mezzo per conoscere meglio Lui, amarLo di più e poi possederLo per sempre". Affermava il card. C'è nel recente convegno dei catechisti a Roma: "la gente secolarizzata non sa quale sia la sua vocazione, però Cristo la conosce e la ama così com'è: missione significa saper stimare l'uomo come lo stima Cristo e annunciargli di conseguenza la riconciliazione, oltre il muro di divisione che ci separa". "Profetizzare" è avere una grande fiducia da parte di Dio, una fiducia che mette sulla bocca la sua Parola al momento giusto per il prossimo giusto, e ti incarica di dirla, con coraggio. Lo facevano bene le nostre mamme: lo fanno tante anime buone che rivestite della semplicità e umiltà dei veri profeti di Dio, a volte con il loro semplice comportamento, o con una parola evangelica, o anche con una delicata correzione, ti mettono in subbuglio, ma ti invitano alla conversione. Bisognerebbe fare cadere il muro della paura di parlare insieme alla voglia di fare prediche, "profeti di Dio" che vanno dove Dio li manda. |