Omelia (29-11-2009) |
don Maurizio Prandi |
Sperare: disegnare un volto E' la speranza il tema che la Diocesi di Santa Clara in Cuba ha scelto per l'Avvento di quest'anno. La speranza... e io faccio fatica. Fatico perché per me è difficile concretizzare la speranza: non che sia un materialista, ma mi da fastidio restare sulle nuvole. Mi sembra un concetto e niente di più, un'idea, e ai concetti, alle idee è difficile dare un volto. Non riuscivo infatti a spiegare in spagnolo (sono tante le cose che non riesco a dire in questa lingua), cosa vuol dire sperare e mi è venuta fuori proprio questa espressione: esperar es dibujar un rostro, sperare è disegnare un volto. Capisco che può essere qualcosa di molto generale, di molto vago, però che credo che la liturgia della parola di questa domenica può aiutarci a tracciare, delineare il volto del nostro futuro. Su questo ci viene subito in aiuto allora la prima lettura, che nella traduzione spagnola (già mi piace molto) dice: vienen dias en que yo cumpliré la promesa, vengono giorni, ovvero un presente, un presente nel quale Dio opera, costruisce e compirà la promessa. Non so come definirlo, ma direi che è un presente continuo, e la continuità è segnata dall'opera di Dio che desidera compiere la sua promessa. Che bello allora questo: i nostri giorni, tutti i nostri giorni sono importanti, decisivi, perché Dio lavora, perché Dio è presente, perché Dio desidera dare unità alla nostra vita. Di più. La promessa è fatta a Israele e a Giuda, le due realtà in cui il popolo era diviso (anche nelle deportazioni: Israele deportato dagli Assiri, Giuda deportato dai Babilonesi). Ma in che cosa consiste questa promessa? Mi è piaciuta molto la sottolineatura che la comunità di don G. Dossetti fa indicando la traduzione letterale: vengono giorni nei quali io compirò la parola buona. Dio realizzerà la parola buona e l'Avvento diviene il tempo per radicarci in questa certezza: Gesù è la parola buona che compie tutte le promesse di Dio. La seconda lettura ci aiuta a discernere l'atteggiamento con il quale vivere non solo il tempo di Avvento, ma direi la vita intera: il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell'amore fra voi e verso tutti. La traduzione letterale dice: abbondare e sovrabbondare. Io non so se sono capace di farlo, però mi pare di poter dire che vive veramente solo chi è capace di abbondare e sovrabbondare. Questa frase la sento scritta per tutte quelle volte che mi metto a calcolare, che penso di risparmiare, che penso al futuro, a come farò o faranno senza di me. Mi sembra allora che l'importante sia questo abbondare e sovrabbondare ora. Anche perché è Dio che per primo abbonda e sovrabbonda facendosi uomo. Se l'Avvento è questo sperare fiducioso, attesa di un Dio che abbonda e sovrabbonda nell'amore consegnandosi a noi nel sorriso di un Bambino ed io scelgo la via della parsimonia e della misura stretta, non potrò mai capire né l'avvento, né il Natale, né la Pasqua, né un fratello o una sorella quando mi regalano tempo, parole, presenza. Come siamo noiosi con noi stessi per paura di spenderci sempre; non siamo gente che abbondiamo, siamo dei raffinati calcolatori (d. Dossetti). Sento il brano di Vangelo come un invito ad interrogarmi circa la fede. Un invito a mettere al centro Dio e in Dio mettere tutte le mie paure, tutte le mie incertezze. E' vero che i segni nel sole, nella luna nelle stelle, nella terra e nel mare sono qualcosa di spaventoso, ma io in chi credo, in mi radico, in chi pongo la mia speranza? Morirò di paura anche io, perché mi affido al sole che mi scalda e fa tante altre cose preziose, oppure avrò la forza di risollevarmi e di levare il capo per contemplare Dio, la sua bontà, la sua misericordia? Levare il capo, guardare in alto, cosa vuol dire? C'è una bella persona nella comunità di Palo Bonito che mi aiuta a capire meglio questo. Si chiama Pastora e vive inferma. Una volta al giorno (e non tutti i giorni), la mettono sulla sedia a rotelle (e per non molto tempo). Finita la catechesi o la celebrazione della messa sempre con i missionari andiamo a casa sua, per trovarla e pregare un pochino insieme. L'ultima volta che sono stato da lei mi ha detto una cosa che mi ha colpito molto: Chiedo sempre a Dio la forza e l'allegria per trasmetterla alle persone che vengono da me. Questa è inferma e chiede l'allegria! Mi è sembrato ancora più vero quello che tante volte penso e che spesso ci siamo detti e cioè che per levare il capo e guardare in alto è necessario essere persone che guardano dal basso. Pastora guarda il mondo e le persone dal basso del suo letto, e forse è per questo che può penetrare il cielo ed arrivare a Dio, anche quando tutto sembra essere spento nella tua vita (sole, luna, stelle...) puoi ancora affidarti e sperare. Pensate: ci sono persone che passano la vita a guardare gli altri dall'alto in basso, dall'alto della loro presunzione, dall'alto delle loro idee, dall'alto del loro potere; poveretti, quante cose si perdono, quante persone splendide come Pastora non potranno mai conoscere... In questa messa allora chiediamo a Dio, ancora una volta, il dono di questo sguardo dal basso, per desiderare di vivere relazioni belle, vere, costruttive qui, e per essere capaci, nel giorno della prova, di alzare lo sguardo e di scorgere, accanto a noi, la presenza di Dio. Un caro saluto a tutti e un grazie a Pietro per la condivisione della Parola e a don Stefano Giupponi e ai suoi parrocchiani di Ri Basso per l'aiuto raccolto a favore della missione. Buona domenica! maurizioprandi@obistclara.co.cu |