Omelia (24-09-2000) |
mons. Antonio Riboldi |
Stare in fondo alla fila per essere il primo Mi incontrai un giorno con una scuola media per un "botta e risposta" spontaneo che svelasse ciò che quegli adolescenti pensavano della vita, della fede, di tutto. Erano ragazzi e ragazze che nulla facevano per nascondere il loro "culto del benessere". Forse papà e mamma erano persone importanti. Il dialogo si avviò con difficoltà anche perché i ragazzi non sapevano cosa chiedere ad un Vescovo, per di più un Vescovo che stava sempre con i poveri, amava i poveri e anche lui se la passava da "povero Cristo". Tentai allora di avviare un dialogo che conteneva la descrizione, quasi impossibile a farsi con le parole, dei valori della vita e soprattutto del grandissimo valore che è la Persona di Gesù. Gli occhi di quei ragazzi erano puntati su quello che dicevo, ma riusciva "un discorso duro, sconosciuto". A bruciapelo feci questa domanda: "Chi vorreste essere nella vita quando sarete grandi?". In coro fecero il nome di una persona ricca e importante. Credendo di non essere stato capito formulai in altra maniera la domanda: "Ammettiamo che voi desideriate veramente la felicità vostra, la vera vostra grandezza di figli di Dio, prima che figli dei vostri genitori, vorreste essere come san Francesco che da ricco si fece povero? O come uno sceicco d'Arabia che da povero diviene ricchissimo?". E anche questa volta la risposta fu fulminea: "Lo sceicco". Quello che ho raccontato potrebbe sembrare un fatto isolato, che riguarda solo alcuni che forse vanno solo compassionati, ma non è la regola generale. Nell'umanità invece si è sempre giocato al tragico, drammatico gioco del "essere primo": ossia del più potente e del più importante, riducendo la vita ad una a volte crudele scalata al potere ed al prestigio. Lo stesso Adamo si lasciò tentare: "sarai come Dio, se mangerai della mela". Lo stesso Gesù venne tentato nel deserto da Satana a svolgere la sua missione messianica con la potenza nel creare pane; nel prestigio del gettarsi giù dal pinnacolo del tempio per mostrare chi era; come se l'amore che Lo aveva spinto a venire tra noi si potesse manifestare con esibizioni da spettacolo, più che essere "dono della vita" che non aveva altra strada che quella della croce. E così ogni uomo è sempre tentato dalla grandezza. Furono tentati anche i discepoli da questo desiderio impossibile per chi segue Cristo e in Lui vuole conseguire la sola e possibile grandezza, quella della santità. Infatti mentre Gesù parlava delle umiliazioni cui sarebbe andato incontro e quindi della sua passione, i discepoli "non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni". E si abbandonavano a discorsi diametralmente opposti a quelli di Gesù, tanto che il Maestro "giunti a Cafarnao chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo lungo la via?" Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra 1oro chi fosse il più grande. Allora Gesù sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti"" (Mc 9, 29-36). Un vero schiaffo morale alla superbia, un motivo perenne a quanti intendono vivere secondo Dio e non secondo gli uomini: "essere primo nello stile di Cristo è essere servo di tutti", come a dire: "il primo è chi volontariamente si fa l'ultimo della fila, perché nessuno stia indietro e sia tagliato fuori dall'interesse e dall'amore". Chi abbraccia Cristo come sua vita e sua via non vive più per se stesso, ma vive per Dio e per gli altri. Per cui non ha più alcun interesse alla sua persona, ma letteralmente scompare perché al primo posto deve stare l'interesse degli altri. Come ha fatto Gesù. E ne ha dato l'esempio nella lavanda dei piedi nell'ultima cena. E' un vero rovesciamento di mentalità, una vera conversione. Dovrebbe essere l'immagine del cristiano e della Chiesa sempre, senza esclusione di gerarchia o persone: tutti servi di tutti. Senza voglia di mettersi in vista, o di fare carriere che sarebbero, anche nel solo desiderio, bestemmia all'umiltà e alla vera sequela di Cristo. Al di fuori di questa regola "del diventare bambini nel Regno di Dio" si scatena la corsa all'ambizione, al potere, al "non sai chi sono io?", al desiderio di essere sempre in prima pagina, alla stupida voglia di essere sulla bocca di tutti. San Giacomo, con parole che sembrano fotografare nitidamente tante situazioni del nostro tempo fino a creare meraviglia nel leggerle, così scrive: "Da cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri" (Gc 3, 16). Parole che sembrano descrivere tutti i fenomeni, malavitosi che oramai infestano i nostri paesi, così come descrivono le lotte selvagge nel campo dell'economia, del profitto, che non ha in nessun conto l'uomo e la sua dignità; come descrivono le faide politiche ad ogni livello per arrivare al potere; gli intrighi per fare carriera, fino alle quotidiane guerre domestiche per apparire sempre di più. |