Omelia (15-10-2000) |
mons. Antonio Riboldi |
Vieni e seguimi Difficile conoscere il cuore degli uomini dei nostri giorni e credo sia difficile conoscere bene anche il nostro cuore. Quando dico cuore intendo sempre riferirmi alla sede delle nostre scelte, delle nostre preferenze su cui poi indirizziamo non solo gli affetti, ma l'intera vita e quindi la scommessa della felicità. E' infatti diventato il cuore dell'uomo un tale groviglio di interessi che a volte si affacciano affermando di detenere il primo posto, subito smentiti da altri che nella pratica sono ciò che più conta. Al mattino magari preghiamo così: "Ti adoro, mio Dio, ti amo con tutto il cuore e sopra tutte le cose...". Poi ci accorgiamo di rincorrere altri dèi che sono gli interessi materiali cercati disordinatamente, o più semplicemente il proprio egoismo, ed alla fine con amarezza in cuore ci viene da chiedere: "ma io chi amo veramente?". 0 forse è meglio dire: "Chi è l'amore cui tengo di più, che è veramente la mia vita, la mia forza e da cui solo prendono senso e sapore tutte le altre creature, la stessa mia vita?". Ci deve essere in ciascuno di noi uno da cui si è più amati e uno che abbiamo scelto come il più grande amore a cui dedicare la massima attenzione fino a dare la vita, se necessario: un amore insomma che è come il nostro respiro. Può venire a mancare tutto, e sarebbe sopportabile. Ma guai se venisse a mancare questo amore. Come quando due persone si amano totalmente e interamente. Se una delle due sta male, si è disposti a vendere tutto purché sia salva la vita di chi si ama. Egli è la sola felicità: il resto può ornare, può essere "segno" che fa bella la casa dell'amore: ma non è mai l'amore. E' la domanda apparentemente innocua che rivolge oggi "quel tale" che correndo incontro a Gesù e gettandosi in ginocchio davanti a lui pose la domanda delle domande, quella che sta a cuore a chi ami veramente la vita, una vita che vada oltre questa breve esperienza terrena: "Cosa devo fare per avere la vita eterna?". Inizialmente Gesù da una risposta da Vecchio Testamento: "Osserva i comandamenti... Ossia, comportati bene, seguendo la legge del Signore... non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, onora il padre e la madre". Come affermano molti di noi quando vogliono giustificare il loro amare Dio. "Non rubo, non ammazzo, non bestemmio, vado a Messa, rispetto la famiglia". Un amore sì, ma che è ancora imperfetto. Possiamo non rubare, non ammazzare, andare a Messa, amare la nostra famiglia, ma conservare il nostro cuore per noi stessi. Che è quanto dire: Dio non è "il primo della mia vita". Lo si rispetta, Lo si onora, ma non Lo si ama con tutto il cuore. Non è insomma quella "persona tanto cara" per cui si è disposti a perdere tutto, a ridurci al lastrico. Gesù con quel tale che gli si era messo in ginocchio a chiederGli "la vera strada per la vita eterna", fissatolo, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca per avere la vita eterna. Va', vendi quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo: poi vieni e seguimi". Ma "quel tale" fu come atterrito da una simile proposta. Osservare la legge fino in fondo, dalla giovinezza, va bene. Anche un ricco potrebbe osservare i comandamenti da miliardario con una discreta sicurezza e da questa sicurezza dire a Dio un: "ti amo". Ma in questa affermazione non vanno messe all'ordine del giorno le mie sicurezze, che devono restare fuori dal nostro rapporto. Invece sono le cose cui tengo di più: posso perdere Te, non loro. "Quel tale", come tanti di noi, non aveva forse capito il contesto in cui l'invito era stato fatto. Dice il Vangelo: "Gesù (come rapito da questa apparente disponibilità) fissatolo lo amò". E nella luce di un amore che era pronto a darsi totalmente, fino a fare scomparire ogni altro interesse, dice: "Io valgo più di tutto": ti offro ciò che ho e che vale più di tutti i tesori della terra e del Cielo, il mio cuore, il mio amore: "vendi", ossia prendi le dovute distanze da tutto quello che hai e che ingombra il tuo cuore. "In verità ti dico: non c'è nessuno che ha lasciato padre o madre o "cose" a causa mia e del Vangelo e non riceva già al presente cento volte tanto e nel futuro la vita eterna". Ma è un linguaggio duro. Questo offrirsi di Dio come "primo amore" che deve occupare tutta la vita, viene in un silenzio glaciale rifiutato. "Quel tale, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, perché aveva molti beni". Non riesco a capire e credo non riusciremmo a capire tutti, come può rattristare l'offerta di essere amati e di amare in modo totale, soprattutto se viene da Dio. Ci sarebbe da rattristarsi se non venisse fatta. Così come non riesco a capire che importanza hanno tutte le cose di questo mondo, una volta che si è trovata "la perla", cioè Dio. Posso ammirare, posso anche godere di tante bellezze o comodità della vita, sono sempre creature del mio Dio: ma sarei pronto a venderle tutte per non perdere una fibra del Suo amore. E questo vale per ogni cristiano, qualunque posto il Signore gli ha assegnato nella sua vita. E deve talmente essere grande l'errore di "quel tale" e di quanti siamo come lui, che Gesù pronuncia quella terribile frase che da sola definisce la tragicità di una scelta sbagliata: "Quanto è difficile per coloro che hanno ricchezza entrare nel regno dei Cieli!". |