Omelia (13-12-2009)
Omelie.org (bambini)


Con quanta rapidità proseguiamo il nostro cammino d'Avvento: il tempo passa in fretta e siamo già alla terza domenica! Il Natale si avvicina, l'aria di festa la respiriamo ovunque e il nostro cuore si riempie di gioia!
Questo ci trova perfettamente in linea con la promessa di cui ci parla la Parola di Dio, oggi: infatti, in questo Avvento, stiamo andando alla scoperta delle promesse che Dio ha fatto per bocca dei suoi profeti; promesse che siamo sicuri il Padre Buono manterrà. Abbiamo anche scoperto, domenica dopo domenica, che possiamo diventare collaboratori di Dio perché le sue promesse si realizzino più presto in mezzo a noi.
Ebbene, dopo aver parlato di giustizia, nella prima settimana; di pace la settimana scorsa, la promessa di oggi non dobbiamo fare fatica a rintracciarla, perché il profeta Sofonia, nella prima lettura, e l'apostolo Paolo, nella seconda lettura, ci invitano alla gioia apertamente, in tutti i toni possibili.
Riascoltiamoli un istante, per gustare appieno le loro parole: in un mondo in cui pochi parlano di gioia, diamo spazio a chi non ha paura di assicurarci che la gioia è possibile, è vicina, è una delle promesse del Padre Buono.
Il primo a prendere la parola è il profeta Sofonia: "Rallègrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente.
Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia."

Non è da meno l'apostolo Paolo che, scrivendo ai Filippesi, raccomanda: "Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti!"
Che bella raccomandazione, non vi pare? Capita più spesso di sentirci dire: - State buoni, fate i bravi, state in silenzio... -
Difficilmente qualcuno ci dice: - Rallegratevi, gioite, siate lieti! -
L'apostolo Paolo lo fa', non ha paura a parlare di gioia, anche se questa è una parola un pochino inafferrabile.
Se dico gioia, voi a cosa pensate?...
Ho provato a chiederlo a bruciapelo in classe, ai miei alunni, per sentire quali idee o immagini tiravano fuori. Somigliano alle parole che state scegliendo ora voi: luce, colori, pace, amici, mamma e papà, sorriso, coccole, abbracci, sorprese, regali...
Tante parole diverse, tante immagini che si accavallano, per cercare di esprimere un'emozione, uno stato d'animo, che invece sembra sfuggire alle nostre definizioni.
Tutti sappiamo che cos'è la gioia, tutti la riconosciamo quando abbiamo il dono di viverla, tutti la desideriamo profondamente, ma fatichiamo a trovarne una definizione, per spiegarla... Ma forse è meglio così: va gustata, non spiegata!
La Parola di Dio in questa domenica, mentre ci invita alla gioia con le prime due letture, attraverso il Vangelo ci propone un punto di vista secondo me molto interessante e stimolante: ci suggerisce che la gioia è anche impegnativa. Ha bisogno del nostro contributo per realizzarsi, come tutti i doni più preziosi che provengono da Dio.
L'evangelista Luca ci racconta quello che accade sulle rive del Giordano: tutte le persone che sono in cerca della gioia, si rivolgono a Giovanni Battista con una domanda precisa: "Che cosa dobbiamo fare?"
Perché non basta desiderare la gioia: la si può costruire giorno dopo giorno con le nostre scelte e i nostri comportamenti.
Attenzione, non dobbiamo confondere la gioia con la buffonaggine: si può ridere per le stupidaggini, per le battute comiche, per le smorfie, i versacci o le spiritosaggini, ma quella è l'allegria di un momento, l'ilarità, il divertimento.
La gioia riguarda l'intera vita, è uno stato dell'anima e del cuore, coinvolge tutto di noi: la gioia è una cosa seria.
Seria non perché triste o seriosa, ma perché importante, decisiva, trasformante.
Ognuno di noi, nel momento in cui scopre di desiderare la gioia dentro di sé, si rende conto che c'è da cambiare qualcosa nella sua vita e quindi si domanda: che cosa devo fare?
Proprio questa, dicevamo, è la domanda che la folla rivolge a Giovanni Battista: "In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: Che cosa dobbiamo fare?... Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: Maestro, che cosa dobbiamo fare?... Lo interrogavano anche alcuni soldati: E noi, che cosa dobbiamo fare?"
Giovanni Battista risponde a ciascuno con un'indicazione concreta, su misura, che mette in gioco la vita: penso possano essere utili anche a noi.
Rivolgendosi alla folla suggerisce: "Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto"
Una parola sola può tradurre questo consiglio: condivisione. Non si può vivere la gioia da soli, in maniera egoista. Una gioia che non è condivisa, appassisce e muore, come una pianta che è rimasta senza luce per troppo tempo. Non riusciamo ad essere veramente felici da soli: la gioia, per la sua stessa natura ha bisogno di espandersi, di circolare, di moltiplicarsi nei cuori.
Per questo Giovanni Battista suggerisce gesti molto semplici, ma efficaci: "Se sei nella gioia, ricordati di condividere ciò che possiedi, perché altre vite si possano illuminare di speranza e felicità - questo consiglia alla folla e a ciascuno di noi - Il cibo che per te è abbondante, perché hai fatto troppa spesa, perché hai espresso un capriccio e ora non ti piace più, non sprecarlo, non buttarlo via, ma condividilo: ci sono persone che non hanno nulla da mangiare e faranno festa grazie al tuo dono. I vestiti che non indossi più, perché sei cresciuto, mettili in circolo, a disposizione di chi non ha la possibilità di acquistare un cappotto pesante, delle scarpe ben chiuse, un maglione caldo caldo."
Che ne dite, possiamo essere capaci anche noi di seguire questa indicazione, non vi pare?
Ma proseguiamo, per ascoltare quello che Giovanni Battista suggerisce ai pubblicani, che erano gli esattori delle tasse: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato". I pubblicani, infatti, avevano fama di approfittare della loro posizione, per intascare una parte di quello che dovevano riscuotere: chiedevano tasse più alte del dovuto, in modo che i soldi in più potevano tenerseli. Per questo tutti odiavano i pubblicani, li consideravano ladri e imbroglioni. A tutti coloro che, pur essendo pubblicani, desideravano vivere secondo il cuore di Dio per gustare fino in fondo la gioia, Giovanni Battista propone una cosa semplice: "Fate bene il vostro lavoro, senza ingannare, senza imbrogliare."
E secondo me è un suggerimento che va molto bene per noi: facciamo bene, ogni giorno, il nostro dovere e gusteremo la gioia serena della soddisfazione. Siamo a scuola? Perfetto: allora ascoltiamo con attenzione, eseguiamo presto e con precisione ciò che la maestra ci chiede; non sciupiamo i libri e i quaderni; non roviniamo il materiale che ci serve a scuola: se sapeste quanti temperamatite sento cadere a terra ogni giorno, quante matite spuntante da troppi voli giù dal banco, quanti libri spaginati perché lanciati con malgarbo, quante pagine piene di orecchie, per i gomiti che vi si sono appoggiati sopra... Invece è tanto bello poter disporre ogni giorno di tutto il necessario in buono stato: mette di buon umore, ci fa sentire più a nostro agio.
Sempre in classe, far bene il proprio lavoro significa anche non cercare di copiare, approfittando del lavoro degli altri; non disturbare, se finiamo in fretta un esercizio, per non togliere la giusta concentrazione a chi è vicino a noi... Basta poco, vedete? Non servono grandi gesti, ma la serenità che ne scaturisce in noi e attorno a noi, ci porta a gustare la gioia!
Un'altra situazione in cui attuare il consiglio di Giovanni Battista è a casa, quando dobbiamo fare i compiti: invece di rimandare, di trascinare per tutto un pomeriggio il momento di aprire il diario e cominciare a lavorare, tuffiamoci subito nel nostro impegno, così finiremo in fretta e poi ci sentiremo leggeri e liberi.
Come diceva sempre una mia insegnante: "Ci vuole lo stesso del tempo sia a far bene che a far male un compito. Ma se lo fai male, poi dovrai rifarlo, e il tempo raddoppierà!"
Se svolgiamo un compito sciattamente, distrattamente, lo riempiremo di cancellature ed errori e verrà fuori un pasticcio, ci toccherà rifarlo: quanto tempo sciupato, che avremmo potuto invece utilizzare per giocare o rilassarci!
Diamo retta a Giovanni Battista e impegniamoci a fare bene il nostro lavoro, a svolgere con cura i nostri compiti: gusteremo la gioia soddisfatta di chi vede i bei risultati del suo sforzo.
C'è ancora un terzo suggerimento per vivere fino in fondo la gioia, e ci viene dalla risposta che il Battista dà ai soldati che lo interrogavano per sapere cosa fare: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe."
Sempre molto diretto, il nostro Giovanni Battista, che ricorda ai soldati: "Non approfittate della vostra posizione, della vostra forza, del potere che avete, per far del male, per maltrattare. Siate limpidi, onesti, sinceri in tutto ciò che fate."
Noi non siamo soldati, ma il consiglio vale anche per noi: quando siamo insieme a compagni più piccoli, non approfittiamo della nostra forza per fare i prepotenti, per decidere tutto noi, per fare "i comandino", per appropriarci dei giochi che altri stanno usando... Allora ci sentiremo più contenti e vedremo la gioia fiorire nel nostro cuore e anche sui volti di chi si trova insieme a noi.
Se daremo ascolto ai suggerimenti di Giovanni Battista aiuteremo la promessa di Dio a compiersi in fretta, a realizzarsi subito, perché cominceremo a gustare la gioia serena di chi sa condividere, fa bene il suo dovere e non approfitta della sua posizione.
Penso che questa settimana sarà molto impegnativa per ognuno di noi, ma vedrete che sarà anche piena di gioia!

Commento a cura di Daniela De Simeis