Omelia (13-12-2009) |
mons. Gianfranco Poma |
La terza domenica dell'Avvento è chiamata dalla tradizione la domenica "Gaudete" perché così iniziava l'antifona di Introito della antica Liturgia e la Parola della Scrittura che oggi leggiamo è un forte invito alla gioia. "Gioisci...esulta...rallegrati..." grida il profeta Sofonia, perché "il Signore è in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura, egli è un salvatore potente". E con le parole rivolte ai Filippesi, San Paolo ci esorta: "Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi". E infine Giovanni il Battista "con molte esortazioni continua ad annunciare al popolo la buona notizia". Con il Vangelo di Luca, la Liturgia insiste nel presentarci la figura di Giovanni, il figlio di Zaccaria per farci comprendere quanto sia importante il suo messaggio. Conoscere Giovanni, ascoltare la sua parola, accogliere il suo invito al cambiamento di mentalità, è un momento essenziale nel cammino della nostra vita cristiana, ma lo è perché ci fa sentire la necessità di un "Altro" al quale "egli non è degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali": è importante conoscere profondamente Giovanni, accorgerci quanto egli, sul quale "è venuta la Parola di Dio", risvegli in noi il desiderio di una esistenza autentica, ma è essenziale accogliere da lui stesso l'invito ad andare oltre lui. Giovanni risveglia il bisogno di autenticità, crea un popolo "in attesa", mette in piedi l'uomo che rischia di sedersi nelle sue illusioni o nelle sue delusioni, ma con estrema chiarezza e libertà, eliminando ogni rischio di strumentalizzazioni o di manipolazioni, "al popolo che era in attesa e a tutti che si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo", "a tutti rispondeva dicendo: Viene Colui che è più forte di me". Conoscere Giovanni è la via per incontrare Gesù, ascoltare la sua parola significa aprirsi per ascoltare Gesù che è la Parola. Il Vangelo di Luca, in modo mirabile, ci descrive l'itinerario che Giovanni stesso ha dovuto compiere per essere fedele alla Parola di Dio, per scendere profondamente dentro la propria interiorità e per aprirsi a Gesù, il più forte che lui stesso aspettava, ma che anche a lui ha chiesto il coraggio di accoglierlo nella sorprendente e inattesa modalità dell'Amore. Gesù stesso di Giovanni dirà: "Tra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui" (Lc.7,28). Il brano che la Liturgia di questa domenica ci fa leggere (Lc.3,10-18), ci presenta, dunque, la figura di Giovanni, e fa risuonare per noi il suo messaggio. Nei versetti che precedono immediatamente, Luca ci avverte del successo della parola di Giovanni: mosso dalla Parola di Dio, la sua parola, piena del vigore degli antichi profeti, mette in movimento la folla e il popolo di Dio che sembra ormai disfatto, comincia a rinascere. L'urgenza del tempo, l'insufficienza di una appartenenza solo sociologica al popolo di Dio, l'illusione del possesso esclusivo di questa appartenenza quasi fosse un diritto acquisito, l'affermazione della libertà di Dio che opera ben oltre confini definiti, l' abbandono dell'equivoco che bastino le radici per affermare la bontà dell'albero, dimenticando l'importanza della qualità dei frutti, sono i grandi temi del programma di Giovanni. "Che cosa dobbiamo fare?": le folle cominciano ad interrogare Giovanni. Qualcosa di nuovo comincia ad accadere: la Parola è all'opera. La risposta di Giovanni è semplice e straordinaria nello stesso tempo: "Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto". La condivisione dei beni suppone un cuore fraterno e una mentalità nuova capace di progettare una società nuova. "Maestro, che cosa dobbiamo fare?": è la domanda posta da alcuni pubblicani venuti a farsi battezzare. Anche per loro il rito del battesimo esprime la decisione di cambiamento di vita che inizia dal riconoscimento di un nuovo maestro che li guidi nell'ascolto della Parola di Dio. E la risposta di Giovanni è ancora semplice e straordinaria: "Non esigete nulla di più di quanto sia stato fissato". I pubblicani sono gli esattori delle tasse: a loro Giovanni indica la via di ciò che noi oggi chiamiamo l' "onestà fiscale". Non chiedere nulla di più, ma chiedere ciò che è stato fissato. Promuovere e attuare l'onestà fiscale suppone ancora il senso della partecipazione alla costruzione di una società fraterna, condivisa e responsabile: anche questo è frutto di una onestà del cuore. "E noi, che cosa dobbiamo fare?": anche alcuni soldati pongono la stessa domanda. La Parola del profeta ha raggiunto tutte le categorie, anche quelle che potevano essere ritenute più insensibili. Ai soldati abituati a sentirsi autorizzati ad agire al di fuori di ogni controllo, la risposta di Giovanni ancora una volta è semplice e straordinaria: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, accontentatevi delle vostre paghe". Anche a loro indica l'onestà, la non sopraffazione, il non approfittare della loro forza, l'equilibrio nel modo di comportarsi: anche questo è la conseguenza di un cambiamento interiore che vede nell'altro una persona da rispettare, da servire, da amare. La Parola di Giovanni apre in chi lo ascolta la speranza meravigliosa di una società nuova e al tempo stesso risveglia la necessità di un impegno responsabile per attuarla: una società fraterna in cui sia bello vivere, che richiede l'impegno personale di tutti. "Tutti in cuor loro si chiedevano se non fosse lui il Cristo": è così bella la prospettiva accesa nel cuore di tutti che tutti cominciano a chiedersi se non sia arrivato il Messia e non siano giunti i tempi messianici. Sarebbe tutto deludente se la Parola di Giovanni fosse solo una irraggiungibile utopia: è bella una società fraterna, onesta e giusta, ma gli uomini che pure si risvegliano a questo annuncio, sono capaci di realizzarla? Nel cuore di tutti si apre il desiderio del Messia. Giovanni con grande onestà proclama di non essere lui il Messia ma, lui, "il servo della Parola di Dio" è chiamato a proclamare che l'attesa non va delusa: viene un altro più forte di Giovanni, che immergerà gli uomini nello Spirito e nel fuoco, li trasformerà e darà loro la forza di realizzare il meraviglioso progetto annunciato da Giovanni. Il brano di Luca termina dicendo che "con molte e altre esortazioni, Giovanni portava il lieto annuncio al popolo": quelle di Giovanni non sono esortazioni deludenti, egli continua a portare il lieto annuncio (il verbo all'imperfetto significa appunto una azione che continua). Viene il Messia, è Gesù, che cambia il cuore degli uomini perché sappiano amarsi come fratelli, vivere di onestà e di giustizia e realizzare una società nuova. |