Omelia (27-12-2009) |
Il pane della domenica |
Famiglia, piccola chiesa Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio "A Nazaret la nostra vita fu tranquilla e nascosta. Sembrava lontano il tempo delle profezie e dei presagi. Solo una volta, di ritorno da Gerusalemme, dove nella solennità di Pasqua eravamo andati per il dodicesimo anno di Gesù, sembrò squarciarsi per un istante quel velo d'ombra che era sceso sulla nostra vita". A parlare così - quasi a fil di voce, dal silenzio del tempo - è Maria di Nazaret, a nome anche del suo sposo, Giuseppe, secondo il suggestivo racconto di uno scrittore contemporaneo, Ferruccio Parazzoli. Oggi vogliamo salire anche noi in pellegrinaggio a Gerusalemme, con la famiglia di Nazaret, ma non alla Gerusalemme "geografica" di oggi, né a quella storica di ieri. Vogliamo salire alla Gerusalemme celeste e lasciare che si squarci quel "velo d'ombra", per contemplare con gli occhi di Gesù, Maria e Giuseppe la prima famiglia, quella trinitaria, e captarne almeno alcuni raggi di luce che possono illuminare il cammino delle nostre famiglie cristiane. 1. O Trinità beata! La santa Trinità è la perfetta comunità. Accostandoci al roveto ardente di questo insondabile mistero, contempliamo tre Persone assolutamente uguali, infinitamente distinte, perfettamente unite. Il Padre è la sorgente prima della vita e dell'essere in Dio: è il massimo dare; il Figlio si lascia generare eternamente dal Padre, e quindi è il massimo ricevere e accogliere; lo Spirito è insieme il massimo dare del Padre e il massimo ridonare del Figlio. Le tre Persone divine sono distinte ma non distanti, fuse ma non confuse. Ogni Persona si "immedesima" nell'altra, si dona all'altra e fa "essere" l'altra. Ognuno dei Tre è impegnato a glorificare l'Altro e l'Altro: il Padre glorifica il Figlio e il Figlio glorifica il Padre (cfr. Gv 17,4-5); il Paraclito glorifica il Figlio e così anche il Padre (cfr. Gv 16,14). Tutto questo ci riguarda. Leggiamo in s. Agostino: "Se tu ami l'unità, tutto ciò che in essa è posseduto da qualcuno, lo possiedi anche tu! Bandisci l'invidia e sarà tuo ciò che è mio, e se io bandisco l'invidia, è mio ciò che è tuo. (...) L'invidia separa, la carità unisce. (...) Soltanto la mano agisce nel corpo; essa però non agisce soltanto per se stessa, ma anche per l'occhio. Se sta per arrivare un colpo che ha di mira non la mano ma il volto, forse che la mano dice: Non mi muovo perché il colpo non è diretto a me?". Appunto perché la santa Trinità è la perfetta comunione, è anche la massima felicità. È ancora s. Agostino ad aiutarci: "L'ineffabile amplesso del Padre e dell'Immagine non è senza fruizione, senza carità, senza gioia. Tale dilezione, piacere, felicità, beatitudine, nella Trinità è lo Spirito Santo, il quale è la soavità del Genitore e del Generato". S. Bernardo riprende questo spunto e lo esplicita, identificando lo Spirito Santo come "il bacio che si scambiano tra loro il Padre e il Figlio". 2. O Famiglia di Nazaret! Scendiamo ora dal cielo della santa Trinità e torniamo a Nazaret con Gesù e la santa Famiglia: "O famiglia di Nazaret / immagine vivente / della Chiesa di Dio!", cantiamo con la liturgia della Chiesa. Dal Concilio si è cominciato a parlare della famiglia "come di chiesa domestica" (LG 11; AA 11). Ma quando nei testi paolini si usa l'espressione "chiesa domestica", non si intende la famiglia nucleare (padre, madre e figli), ma una comunità cristiana che si riunisce in una casa. Oggi, quando si parla di famiglia "piccola chiesa", si rischia di fare non poca retorica. Per passare dalla metafora alla realtà, bisogna tener conto di alcuni fatti che si vanno imponendo come regola dominante: genitori che lavorano entrambi; case con superfici abitabili ridotte a 40-60 mq, da consentire solo le attività essenziali di una famiglia nucleare consistente in tre, massimo quattro persone, a costi elevatissimi di acquisto o di fitto. La pastorale familiare non può illudersi di coltivare in vitro singoli nuclei familiari, ma deve puntare a mettere in rete varie famiglie per costituire una comunità davvero domestica, passando così da una pastorale di massa a una pastorale di piccole comunità, dove si possa esercitare il triplice ufficio sacerdotale dei cristiani laici: la profezia nell'ascolto della parola di Dio e nel discernimento comunitario, la liturgia nella preghiera e nell'offerta della vita, la diakonia nel servizio della carità. Non dobbiamo peraltro mai dimenticare che, per vivere un'autentica spiritualità trinitaria-ecclesiale, la famiglia cristiana, come nasce dall'eucaristia, così è grazie all'eucaristia che vive, cresce e si moltiplica. L'eucaristia è scuola di unità: "poiché mangiamo lo stesso pane, formiamo lo stesso corpo". L'unità non è quindi "in entrata", ma "in uscita": non è il presupposto della celebrazione eucaristica, ma la conseguenza. Inoltre l'eucaristia educa all'accoglienza, secondo l'invito dell'apostolo: "Accoglietevi gli uni gli altri, come Cristo accolse voi per la gloria del Padre" (Rm 15,7)". Come gli sposi si sono accolti reciprocamente il giorno del matrimonio, secondo la nuova formula del rito, che non recita più: "Io prendo te", ma "Io accolgo te", così i genitori accolgono i figli come dono del Signore e non come loro possesso, e anche i fratelli e le sorelle si accolgono reciprocamente nel rispetto sincero, nel dialogo cordiale e nella piena gratuità. L'eucaristia infine educa alla carità, al dono di sé e al servizio gioioso, facendoci amare come Cristo e grazie a lui "fino alla morte". Il prolungamento dell'eucaristia nella vita domestica di tutti i giorni aiuta i membri della famiglia a portare gli uni i pesi degli altri, ricordando sempre che nei giorni in cui gli altri ci sembrano insopportabili, dobbiamo puntare a portarli, non a sopportarli. Così la famiglia evangelizza con la sua stessa esistenza; è essa stessa un vangelo vivente, la buona notizia che Dio non si è stancato di noi. Questa è la notizia che suscita speranza, infonde coraggio, contagia fiducia. Si crea un circolo virtuoso tra la grande Chiesa e la "piccola Chiesa": si verifica uno scambio di doni, si fa della Chiesa una vera famiglia e della famiglia una vera Chiesa. "Fate della vostra casa una Chiesa", raccomandava s. Giovanni Crisostomo. E l'indomani ripeteva ai suoi fedeli: "Quando ieri vi dissi: Fate della vostra casa una chiesa, voi prorompeste in acclamazioni di giubilo e manifestaste in maniera eloquente quanta gioia avesse inondato il vostro animo all'udire queste parole". Dio nostro Padre, che nella santa Famiglia ci ha dato un vero modello di vita, ci conceda "che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché riuniti insieme nella sua casa, possiamo godere la gioia senza fine" (coll.). Commento di mons. Francesco Lambiasi tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi"- Anno C Ave, Roma 2009 |