Omelia (13-12-2009) |
padre Paul Devreux |
La gente domandava a Giovanni: "Che cosa dobbiamo fare?". E' la domanda di chi è interessato dalla venuta del Signore. Tutti noi ci domandiamo cosa dobbiamo fare quando una notizia ci tocca. Che la novità sia buona o cattiva, il segno che la considero importante è che mi domando cosa posso fare. Che cosa posso fare per aiutare, per manifestare il mio interesse. Noi ci stiamo preparando al Natale, che segna la nascita di Gesù bambino, ma più ancora di questo ci prepariamo alla venuta del messia che annuncia Giovanni Battista nella nostra vita e nel nostro mondo. Qual'è la mia reazione? Dico: "Che cosa posso fare?" Oppure mi limito a dire: "Bene, grazie." A chi l'interroga Giovanni dà risposte molto sensate, che puntano alla giustizia e alla condivisione. E' interessante notare che le sue proposte sono concrete e accessibili. Per esempio ai pubblicani, che sono collaborazionisti al servizio di Roma, non dice di cambiare mestiere, ma semplicemente di non rubare. Dà delle risposte che hanno il merito di dare agli interessati la possibilità di non sentirsi più maledetti ma addirittura benedetti da Dio e da tutti, e questo è il loro bisogno. Per fare un esempio è un po' come se oggi noi dicessimo ad una persona di un'altra religione che c'interpella sulla salvezza: "Ama e sarai in comunione con Dio", piuttosto che dirgli: "convertiti al Cristianesimo". Giovanni, tutto ciò che può fare lo fa', ma con umiltà, si rende conto che non basta, quindi se qualcuno gli domanda se è lui il messia, dice di no, e annuncia la venuta di uno che può fare molto di più di lui, senza aver paura di essere messo in ombra dalla sua venuta. Anche noi siamo invitati a parlare di questa venuta di Gesù, raccontando con entusiasmo tutto ciò che già ha fatto per aiutarci, perché Gesù può fare per le persone che proviamo ad aiutare, quello che noi non riusciamo a fare. |