Omelia (27-12-2009) |
Suor Giuseppina Pisano o.p. |
La famiglia, dono grande di Dio La famiglia, che la liturgia eucaristica oggi celebra ricordando quella di Nazareth, famiglia santa per eccellenza perché in essa era presente, quale figlio, Gesù, il Santo, come aveva detto l'Angelo a sua madre (Lc.1,35), è un dono sacro di Dio, dono che risale alle origini della stessa stirpe umana, allorché Dio, dopo aver creato l'uomo a sua somiglianza, vide che non era bene che questa sua creatura fosse sola nell'Eden, ove le altre specie viventi non erano tali da poter entrare in relazione con l'uomo e colmarne la solitudine. Fu così che Dio creò la donna e la condusse ad Adamo; la donò a lui come compagna, come un bene per la sua esistenza: lei sarebbe stata sua moglie e la madre dei suoi figli; a loro il Creatore diede un comandamento: "Siate fecondi e moltiplicatevi" (Gn 1,28); questo è il precetto che pone un fondamento sacro alla famiglia ed, allo stesso tempo, è la vocazione naturale dell'uomo a trasmettere la vita ad altre creature, all'interno di una famiglia, cosa che attira sull'uomo la benedizione di Dio. "Beato l'uomo che teme il Signore - canta il salmista - e cammina nelle sue vie... La tua sposa, come vite feconda, nell'intimità della tua casa; i tuoi figli, come virgulti d'olivo, intorno alla tua mensa... Così, sarà benedetto l'uomo che teme il Signore... Possa tu vedere i figli dei tuoi figli" (Sl 127). La famiglia, i figli, la vita che in essi continua, sono un segno grande della benedizione dell'Altissimo; un segno che nel popolo eletto diventava attesa del Messia promesso, per cui la sterilità, veniva avvertita e vissuta come una maledizione e il dono di un figlio diventava un desiderio cocente e una supplica da elevare a Dio. Ed ecco che la liturgia di questa domenica ci presenta l'esperienza di una famiglia nella quale la speranza di un figlio sembra esser divenuta vana: è la storia di Anna, moglie di Elkana, che sembrava destinata alla sterilità, ma che, nonostante tutto, non si stancò di pregare Dio perché le concedesse un figlio: una creatura che lei gli avrebbe poi consacrato. Il Signore ascoltò la preghiera di Anna, ebbe compassione del suo tormento e le concesse quel figlio: "...al finir dell'anno - recita il testo - Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele. Perché - diceva - dal Signore l'ho impetrato". I figli sono dono di Dio, un dono prezioso che non può esser considerato proprietà dei genitori; infatti, ogni bimbo che nasce, in quanto ha in sè l'immagine di Dio, appartiene principalmente a Lui e verso di Lui deve esser guidato, perché lo conosca, e conoscendoLo conosca se stesso e diventi capace di realizzare al meglio tutte le sue potenzialità per attuare, in pienezza di libertà, il progetto che il Signore ha su di lui. E' la storia di Samuele, che Anna consacrò a Dio, è la storia di tanti che non possiamo conoscere e che sono stati educati nella conoscenza e nell'amore del Signore; una storia che dovrebbe essere quella di ogni figlio che viene al mondo, creatura amata da Dio, e che a Lui deve essere consacrata, e noi che crediamo in Cristo sappiamo bene che la prima, fondamentale consacrazione, avviene nel battesimo, non una semplice tradizione, ma l'inizio di un cammino che durerà per tutta la vita. La famiglia; anche per il proprio Figlio, il Cristo salvatore, che veniva nel mondo per redimere gli uomini, Dio volle una famiglia che non fosse diversa dalle altre: una madre e un padre, o meglio, un uomo generoso che, agli occhi di tutti, avrebbe fatto le veci del Padre dal quale il Cristo proveniva. E' la Famiglia di Nazareth: Maria, Giuseppe e Gesù. Di essa, in questo tempo di Natale, abbiamo conosciuto alcuni momenti di vita, dall'esaltante nascita del bimbo figlio di Dio, adorato dai pastori e dai re venuti dallìOriente, all'angoscia per la persecuzione di Erode e alla fuga notturna verso l'Egitto, terra d'esislio in cui i tre si trattennero fino alla morte del Re che avrebbe voluto eliminare Gesù, da poco nato. Il Vangelo di oggi ci presenta un momento particolare della vita della Santa Famiglia, è un momento importante per la vita di quel figlio giovinetto e per quella dei suoi genitori; un momento in cui, per la prima volta, Gesù rivela a Maria e Giuseppe il suo Mistero, ed è un momento per certi versi oscuro: "essi non compresero..." recita il testo. Eppure questo evento è un momento grande, che ancora parla ad ogni famiglia che accoglie in sè il mistero di uno o più figli. "I genitori di Gesù, si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero". Inizia così il passo del Vangelo che la liturgia oggi proclama; Gesù non è più bambino, ha compiuto dodici anni, un'età in cui ogni ragazzo ebreo entrava nella pienezza della responsabilità di fronte alla Legge e ad ogni precetto della religione; ed è in questo momento della sua vita che i genitori lo conducono al tempio di Gerusalemme; qui il ragazzo si ferma, senza peraltro avvertire i suoi. Gesù è nella casa del Padre suo, è nella sua stessa casa, la sua vera casa, e qui rivela ai dottori della Legge una sapienza insospettabile: "tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore - nota l'evangelista - per la sua intelligenza e le sue rispost"; egli si trattiene da solo per tre giorni: quei terribili giorni in cui i suoi "angosciati" lo cercano. Finalmente la ricerca di quel figlio, il loro figlio, sul quale sicuramente avevano fatto sogni e progetti, ha termine proprio lì nel tempio, dove si compie la prima grande autorivelazione che Gesù fa di sè e del suo destino, con quelle parole sconcertanti, rivolte principalmente a sua madre, la quale gli chiedeva ragione di quanto aveva fatto: "Perché mi cercavate? - è la risposta - Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". "Ma essi non compresero le sue parole". Precisa il testo: non compresero, in quel momento, e non risposero, anche se quanto il figlio aveva detto loro, rimase scolpito nella loro mente; soprattutto in quella di sua madre, che dovette tacitamente ripetere in cuor suo, ancora un "Sì!" al progetto di Dio che incominciava a delinearsi più chiaramente sul Figlio. A Gerusalemme, inizia per Maria, la madre, il faticoso cammino della fede dietro a quel ragazzo, il suo ragazzo, che silenziosamente accompagnerà sino alla morte. E' un messaggio veramente grande quello che viene a noi dalla famiglia di Nazareth, un messaggio di importanza vitale in questo nostro tempo, che vede la dissacrazione della famiglia, quella voluta da Dio, che viene sostituita da facili e illusori surrogati che non portano bene a nessuno, soprattutto ai figli, che si affacciano alla vita in un mondo, per tanti aspetti inquieto e carico di incertezze. Maria e Giuseppe ci insegnano che in ogni figlio che nasce c'è un progetto, che non è quello che ogni padre e ogni madre fanno, dettato dall'immaginazione e dal cuore; ma è un progetto che nasce dalla volontà di Dio; sta ai genitori saperlo scorgere, saperlo accogliere e saperlo promuovere, guidando i figli in tal senso; ecco perché nel percorso educativo, volto alla piena maturazione della persona, non può assolutamente escludersi il rapporto con Dio. D'altro canto i figli, pur non essendo proprietà dei genitori, devono crescere nell'amore verso di loro, amore che si esprime anche nel rispetto e nella sottomissione, atteggiamenti che non compromettono la realizzazione di una propria personalità ma, al contrario, valgono a maturare una autentica libertà, che è tale nella misura in cui tiene conto degli altri, anzi nella misura in cui si è capaci di amare gli altri, nel nostro caso i genitori, come lo stesso Gesù insegna, nell'episodio che il Vangelo oggi ricorda: "Partì dunque con loro - recita il testo- e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso.... E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini." La Famiglia di Nazareth, la Sacra Famiglia, si offre perciò come icona di vita familiare, un modello importante sul piano umano, che ci parla di dedizione, di amore, di armonia e di rispetto reciproco; una vita familiare il cui centro è Cristo; infatti è lui che si deve cercare, conoscere, accogliere e seguire; perché solo Lui è la luce che può guidare i passi di tutti, genitori e figli, verso la Verità che salva. sr Maria Giuseppina Pisano o.p. mrita.pisano@virgilio.it |