Omelia (04-02-2001) |
mons. Antonio Riboldi |
Prendiamo il largo e gettiamo le reti C'è una domanda che tante volte la gente rivolge a un sacerdote o ad un religioso: "Che cosa ci trova di così attraente nel fare la vita che fa?". Forse tanti rimangono stupiti dal "nulla" che apparentemente si ha seguendo Cristo. La meraviglia che si tramuta in domanda nasce probabilmente dal confronto che si fa con quanto invece offre la vita di questo mondo: una vita che può attrarre per i tanti idoli che si fanno amare con facilità e per come a volte riescono a contentare. La risposta è molto semplice: "Chi mi attrae fino alla follia è Gesù. Non è quindi prestigio o potenza, ma è la Persona più desiderabile che si possa incontrare; una Persona che offre semplicemente il Suo amore, come unico bene. Ma è un bene tanto grande che fa letteralmente sparire tutti gli altri beni". Difficile quindi decifrare il cielo che passa negli occhi di una persona che Dio ha chiamato a seguirLo, a starGli vicino. Difficile capirne il cuore tanto ingrandito dall'amore di Gesù. Difficile spiegare tutto ciò che si vive, quando ci si è fatti prendere totalmente da questo amore. Sarebbe come spiegare il Paradiso. L'Evangelista Luca oggi ci descrive minuziosamente la chiamata di Pietro: una chiamata fondamentale per la vita della Chiesa. Pietro era un pescatore che veniva da una pesca fallimentare. Aveva faticato tutta una notte sul lago di Tiberiade che conosceva palmo per palmo. Era in fondo una sua scelta di vita fare il pescatore. E un buon pescatore non esce mai in mare se non ha la quasi certezza di tornare con le reti piene. Tornare a mani vuote non voleva dire solo confessare una incapacità, ma anche e soprattutto non avere il sufficiente per vivere e fare vivere. Ma quella notte, davanti al Maestro che aveva scelto di essere spettatore, era stata la notte del fallimento che è così ben espresso da Pietro: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla". Ma Gesù vuole dare un segno a Pietro, proprio sul campo della sua competenza. "Prendi il largo e cala le reti". Pietro, dopo la confessione del suo fallimento, obbedisce dicendo: "Sulla tua parola getterò le reti". Per me è stupendo questo atteggiamento di Pietro. Aveva mille e una ragione per essere furibondo contro se stesso, il mare e contro ogni speranza: perché trovarsi con le mani vuote dopo una grande fatica è come avere le gambe rotte. Supera se stesso e con la docilità di un bambino, fidandosi della parola di Uno che in fondo conosceva appena di vista o di fama, ma con il quale non aveva ancora alcuna familiarità, torna in mare avventurandosi al largo dove si misura capacità e coraggio. "E presero una quantità enorme di pesci che le reti si rompevano". Un fatto che intacca la dura crosta del pescatore che si getta in ginocchio e così prega Gesù: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore". E' pronta la risposta di Gesù che a sua volta getta le sue ineffabili reti verso Pietro, Giacomo e Giovanni: "Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini". E' un poco la storia di tutti quanti Dio ha chiamato per diventare "pescatori di uomini". O se vogliamo anche di ogni battezzato, a sua volta chiamato e scelto da Gesù a seguirLo nel battesimo e nella Confermazione e quindi invitato a gettare le "sue reti al largo". Il risultato non viene dalle proprie capacità, ma dalla fede sulla Sua Parola. Tutti i giorni sentiamo, o ci auguriamo di sentire, la dolcezza di "essere continuamente" chiamati dal Maestro. A volte "per stare vicini a Lui" nella contemplazione, per gustare la gioia di essere da Lui amati. A volte chiamati a gettare le reti su questo mondo che è diventato un mare inquinato da mille veleni, dove è difficile a volte che sopravviva ogni forma di vita vera, quella che viene da Dio. Facile che ci prenda la paura o lo scoraggiamento. "Non so più cosa fare per mio marito, per i miei figli, per i miei amici, per la mia comunità". Sono confessioni quotidiane che sentiamo uscire dalla bocca di tanti genitori, parroci, educatori, gente comune che in pratica di fronte alla sensazione del fallimento ripete le parole, di Pietro: "Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla". Ed allora si sta stancamente a riva: senza osare mai, senza in pratica sfidare la parola di Dio che continua a dirci le stesse parole dette a Pietro: "Cala le reti al largo". E senza avere la fiducia di Pietro: "Sulla tua parola getterò le reti". Il nostro è tempo di inevitabili fallimenti, se vogliamo, ma di meravigliose sfide, che conoscono la loro audacia nella fiducia in Dio che se chiama e manda sa di avere una potenza tale da abbattere ogni difficoltà. E' tempo di coraggio evangelico, che non è esibizionismo di potenza umana, ma di umile servizio alla fede ed agli uomini. La storia di Pietro divenuto poi "pescatore di uomini" lo dimostra e non solo allora, ma in tutta la storia della Chiesa. Sono impensabili alla luce della chiamata di Gesù, comunità o famiglie che sono ripiegate su se stesse, come avessero scelto le catacombe per dirsi la propria vita cristiana, anziché le vie del mondo per recare la luce a tutti gli uomini. Al Signore che diceva a Isaia: "Chi manderò e chi andrà per noi?". Il Profeta rispose: "Eccomi, manda me!". Dovrebbe questo essere l'atteggiamento di chi sente dentro di sé l'amore di Dio e l'amore per gli uomini. |