Omelia (25-12-2009)
padre Gian Franco Scarpitta
La gioia che proviene da un Evento

la gioia del Natale non è quella che ci deriva dalla propaganda immancabile dei consumi che, quando esagerata e deviante, tende a confonderci e a disorientarci screditando il vero senso della festa, per la quale sembrerebbe Natale solo l'evenienza di questa o quella marca di panettone o la corsa al regalo elettronico e alla pelliccia più esaltante; non è neppure quella che potrebbe provenire da un concetto astratto, da una scoperta scientifica o dal sensazionalismo di una notizia foriera di novità passeggere, ma semplicemente la gioia indefinita e del tutto speciale di un Evento realizzatosi una volta sola nella storia, che ha il suo riverbero in tutte le epoche e che anche ai nostri giorni non cessa di stupirci e di affascinarci: Dio, nonostante la sua indiscutibile magnificenza e grandezza, si è fatto Bambino. Il Verbo, Parola Creatrice costerno al Padre e partecipe della sua stessa sostanza, si è fatto carne, cioè ha assunto tutta le precarietà e le debolezze umane, confondendosi con gli uomini di un periodo determinato della storia ai fini di assumere la storia umana fino in fondo. Che Dio abbia creato il mondo ha già il suo fascino, ma ancora più esaltante e magnifico è che Egli abbia voluto spogliarsi di tutte le sue certezze per noi.
Si tratta della gioia che è vano procacciare nel marasma delle disillusioni umane e che solo lo stesso Verbo Incarnato può garantire, perché Lui solo può avere interesse a che l'uomo ritrovi se stesso in Dio.
Pochissimi giorni fa' il libro di Michea ci invitava a guardare Betlemme sotto l'aspetto geografico, in sintonia con la dimensione profetica di città piccola e dimessa e allo stesso tempo privilegiata: "E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti." (Mic 5, 1)
Il profeta prometteva che il re di Israele sorgesse proprio da questo sparuto villaggio di Giudea, a significare come Dio esalta e privilegia l'umiltà e la mansuetudine resistendo ai superbi e agli altezzosi: nessuno infatti si sarebbe mai immaginato che il Salvatore potesse incarnarsi in una dimensione così sottomessa della storia, deliberando per una situazione familiare così precaria e una città così insignificante, stando alle interpretazioni degli stessi Israeliti: l'Onnipotente Eterno Dio, Creatore di tutte le cose nasce da donna, sotto la legge, per riscattare tutti quelli che sono sotto la legge (Gal 4, 4 - 5) e per intrattenersi con gli uomini svelando a tutti i misteri del Regno dei Cieli.
Dio, che potrebbe nascere nella carne in una possente dimora regale, attorniato da innumerevoli sicurezze, sfarzi e comodità che gli garantirebbero l'esercizio della sua autorità indiscussa, preferisce nascere nella piccolezza e nell'umiltà di un paesino sperduto, per di più dal grembo di una umilissima fanciulla, che lo accudisce in un alloggio ostile e rude come quello della mangiatoia! Perché il Creatore decide di diventare Bambino sotto queste condizioni storiche che la nostra umanità interpreta come assurde, impensabili e inaudite? Semplicemente perché Egli prende le distanze dal comune sentire proprio dell'umanità e dalle pretese arrivistiche e ambiziose che caratterizzano le nostre scelte, non ama esaltarsi torreggiando sulla massa, come avviene nei nostri ambiti sociali e professionali, non predilige la grandezza e la caparbietà dietro la quale l'uomo tende a nascondersi per venire meno alla propria realizzazione di maturità e dignità personale; decide piuttosto di assumere quegli aspetti dell'umano che noi definiamo ignobili e aberranti e che tutti vorremmo evitare: la miseria, l'annientamento, l'abbandono. Nelle vesti di un Bambino indifeso, Dio smentisce se stesso per esaltare tutti gli uomini, ma soprattutto per solidarizzare con quanti sono vittime della stessa umanità, ossia con i poveri, gli emarginati, i diseredati, i dimenticati: Dio si mostra solidale soprattutto con coloro che subiscono le ingiustizie della convivenza umana, le discriminazioni sociali, le oppressioni e le ingiustizie di chi presume di esercitare un potere disgregante sugli altri; nascendo nella carne Dio sottomette la propria carne alle intemperie, alla fame e alle insicurezze per sperimentare il dolore di quanti anche oggi subiranno le stesse sofferenze. Per questo il Natale del Signore appartiene esclusivamente ai poveri e agli sfiduciati, che da sempre sono stati resi oggetto dell'amore privilegiato di Dio e che sederanno accanto a Lui nel giorno del giudizio per corrispondere assieme a Lui a ciascuno secondo i propri meriti. Natale è il giorno in cui il Tutto si perde volontariamente nel Nulla, la Grandezza si concede alla frammentarietà infinitesima e la Gloria si perde nella miseria e nel deprezzamento degli uomini, pertanto possiamo essere certi che se vogliamo trovare il Signore con certezza lo potremo rinvenire nei poveri e negli affranti e per estensione anche negli ammalati, nei sofferenti e in coloro che hanno smarrito la fiducia e la speranza.
Tuttavia in questo giorno celebriamo che "il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi", per percorrere i cammini di tutti gli uomini, di qualsiasi appartenenza sociale e culturale, volendo condividere le ansie e i problemi di tutti e come afferma Paolo a Tito"si è manifestata la grazia salvatrice di Dio a tutti gli uomini", senza alcuna eccezione, pertanto
siamo tutti spronati a rinnovare la fiducia e la speranza e a non perderci di coraggio nelle sfide del quotidiano, in tutti gli aspetti della vita, in cui le lotte, gli oneri e le delusioni sono all'ordine del giorno e non di rado vi è anche chi si lascia catturare dalla morsa della disperazione. Gesù viene a condividere la nostra storia percorrendone le tappe più impegnative e deprimenti perché il Lui possiamo trovare un alleato certo, pronto a schierarsi dalla nostra parte; mentre in questi mesi l'Italia conta oltre 240000 posti di lavoro in meno e si perdono moltissime prospettive per il futuro dei giovani, Gesù fatto uomo, vivente in mezzo a noi, che viene a visitarci con la sua salvezza, si rivolge alla gioventù odierna perché trovi orientamento in Lui, che ha condiviso le insicurezze professionali da umile apprendista artigiano, che ha patito le asperità consumandosi nella fatica per tanti anni prima di partire per il suo ministero di annuncio e che anche nella vita pubblica si è trovato a chinarsi sulle varie situazioni di miseria e di sofferenza. Occorre infatti non perdersi d'animo e perseverare nel bene con rinnovato entusiasmo e vigore, nonostante le avversità che incombono nella vita di tutti i giorni e il Signore Bambino che ha vissuto l'umanità fino in fondo, a questo ci sprona tutti quanti, garantendo la sua amicizia e la sua vicinanza.
Mentre dietro a un deplorevole evento che in questi giorni ha interessato l'incolumità del nostro Premier si consumano innumerevoli, insinuazioni e polemiche ridicole e incresciose che denotano lo stato di tensione e di odio che acceca il nostro mondo politico, il Salvatore nelle vesti insicure di Fanciullo ci assicura che l'amore vince sempre l'odio e che qualsiasi sistema di governo è infallibile quando ci si china veramente al servizio degli altri, soprattutto nelle posizioni di presunto prestigio.
Mentre celebriamo il privilegio che ci appartiene come cristiani di affidarci a un Dio così premuroso da farsi per noi Bambino, non possiamo pertanto disattendere il monito di Paolo ad assumere gli stessi sentimenti di Gesù Cristo che pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso" (Fil 2, 2 e ss) ma neppure possiamo trascurare l'invito alla gioia e all'esultanza che ci proviene dal profeta Isaia, che ci descrive come "il popolo che nelle tenebre vide una grande luce: "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda." (Is 9, 1-4).

Con questi sentimenti di gioia e di speranza che mi premuro di comunicarVi nelle intenzioni profonde di sincerità spassionata, voglio condividere con voi la gioia che scaturisce solamente da un evento unico e irripetibile e per questo non posso che comunicarvi BUON NATALE.
Il giorno della celebrazione della Divina Infanzia possa essere per noi davvero motivo di orgoglio e di gioia infinita di fronte alle incertezze e alle inquietitudini del mondo e la nascita di Dio nella nostra storia possa avvero provvedere a che noi rinasciamo a noi stessi.
BUON NATALE A TUTTI NEL SIGNORE.