Omelia (25-12-2009) |
LaParrocchia.it |
Abbiamo visto una grande Luce! "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse"! Con queste parole, che abbiamo ascoltato nella Prima Lettura, il Profeta Isaia introduce l'oracolo messianico attraverso cui descrive l'irruzione di Dio nella storia dell'uomo: il Messia atteso verrà come una "grande luce" e illuminerà il popolo che brancola, disorientato, nelle tenebre dell'oscurità. Eppure, stando al Vangelo che abbiamo ascoltato, sembra che le cose non siano andate esattamente in questo modo. L'evangelista Luca, infatti, descrive la nascita del Messia come un avvenimento del tutto marginale rispetto alla vita politica e agli avvenimenti della storia. Mentre i grandi del tempo - l'imperatore Augusto Cesare e il governatore Quirinio - sembrano intenti a conteggiare il numero dei loro sudditi e l'estensione del loro regno, il figlio di Dio viene alla luce nel silenzio di una piccolissima borgata, Betlemme, e nella povertà e nell'umiltà di una mangiatoia per il bestiame. Se le cose sono andate in questo modo la profezia di Isaia sembra non trovare riscontro nel testo del Vangelo. Eppure, scrutando con attenzione il racconto del Vangelo, ci accorgiamo che anche l'Evangelista Luca parla di una "luce" che avvolge coloro che vegliano nella "notte": "C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce". Questi pastori, perciò, sono i primi destinatari, i primi per cui si compie la profezia di Isaia: "il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce"! I pastori sono come la primizia di questo popolo, sono i primi destinatari di questa notizia sconvolgente: Dio ha fatto irruzione nella storia, ha visitato il suo popolo, è nato il Salvatore, il Cristo Signore! I pastori, elementi indispensabile per i nostri presepi, erano considerati al tempo di Gesù una classe emarginata, emarginata al punto che, se chiamati a testimoniare in tribunale, la loro testimonianza non aveva alcun valore. La loro emarginazione era dovuta al fatto che, per seguire il proprio gregge, non potevano adempiere le pratiche di purità prescritte dalla legge mosaica. Erano quindi considerati impuri e, di conseguenza, lasciati ai margini della vita sociale. Ma Dio, che ha parametri di giudizio differenti, non solo non ha disprezzato i pastori ma li ha scelti come primi destinatari del grandioso annuncio di salvezza e di gioia. E così, per i pastori, si sono compiute le parole del profeta: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse"! La profezia di Isaia non si esaurisce con i pastori e con quelli che, dopo i pastori, sono stati i destinatari "storici" di questo annuncio di gioia. Le parole di Isaia, superando i confini dello spazio e del tempo, abbracciano anche noi, oggi. Siamo noi, qui e oggi, i destinatari della profezia: "il popolo che cammina nelle tenebre e in terra tenebrosa". Oscurità e tenebre, infatti, sono per noi il peccato, la tristezza e la disperazione. Ora, sappiamo che l'effetto principale del buio è il disorientamento e la conseguente angoscia dovuta al non sapere dove si va. Se manca la luce tutto ci appare sbagliato e senza senso. Se manca la luce tutto appare relativo, e così regna un disorientamento generale. Mi pare che tutto ciò descriva bene il nostro contesto storico, politico e sociale. Ma la Luce vera, quella che illumina ogni uomo, splende nelle tenebre e brilla per tutti! È necessario, perciò, alzare lo sguardo, lasciasi travolgere dallo splendore di questa Luce e "ri-orientare", grazie ad Essa, la nostra esistenza. Se ci lasciamo illuminare dalla Luce che è Cristo, infatti, non dovremo più brancolare nel buio o andare a "tentoni", perché Lui ci permetterà di guardare con chiarezza ciò che ci circonda, ci permetterà di superare gli ostacoli e di camminare spediti. Perché questa Luce brilli, splenda anche per noi, è necessario essere come i pastori, semplici ed umili; dovremo riconoscere il nostro essere poveri e bisognosi, dovremo riconoscere il nostro essere piccoli e limitati, per spalancare le porte del cuore alla Luce di Dio che ci salva. Dovremo ritrovare soprattutto la capacità di stupirci, di meravigliarci: Dio ha fatto e continuamente fa meraviglie per noi! A questo proposito mi piace raccontare la "storiella" di uno dei protagonisti dei nostri presepi, di quel pastorello a cui la tradizione ha attribuito il nome di "Meravigliato". Questo pastorello giunge davanti a Gesù con le mani vuote e tutti lo rimproverano. Ma la Madonna gli dice: "Non ascoltarli. Tu sei stato messo sulla terra per meravigliarti: hai compiuto la tua missione e avrai la ricompensa. Il mondo sarà meraviglioso, finché ci saranno persone come te, capaci di meravigliarsi". Il Signore ci conceda in questo Natale la capacità di meravigliarci, di stupirci, di guardare al mondo con i Suoi stessi occhi, con il Suo stesso sguardo di meraviglia e di benedizione! Così, anche per noi, apparirà la grazia di Dio apportatrice di salvezza, che ci insegnerà a rinnegare l'empietà e i desideri del mondo e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo: a lui ogni onore o gloria, oggi e nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia. Commento a cura di don Michele Munno |