Omelia (27-12-2009)
padre Gian Franco Scarpitta
Un valore nel quale si può credere

Sebbene nato in umilissime condizioni e sottomesso all'usura e alla precarietà delle vicende terrene, il Figlio di Dio, al momento dell'incarnazione non è solo: nelle ostilità della grotta e e lo assiste con una fedeltà costante che solo la fede e la speranza possono dare: Maria e Giuseppe. La fede di queste due persone dimesse nella Divina Infanzia che ora hanno fra le braccia, la disinvolutura con cui essi si aprono al Mistero di Dio che assume le carni esili e indifese di un fanciullo si trasforma immediatamente nella carità e nello zelo operativo con cui subito ci si prodiga nell'esercizio della maternità e dellla paternità nei confronti di un neonato. Quale mamma, fosse pure la più reietta e riprovevole, non concederebbe subito tutta se stessa nell'accudire con amore un figlio appena nato? Quale madre, sempre che fotata di coscienza, rettitudine e giudizio, non si dedicherebbe con estremo sacrificio all'assistenza del proprio figlio bambino, sopratttto, sapendolo solo e abbandonato? Ebbene, Maria, assieme a Giuseppe sono animati da sentimenti di maternità disinvolta nei riguardi di Gesù, ragion per cui non lesinano nelle attenzioni e nella sollecitudine nei suoi confronti. Ma siffatto slancio comune da genitori viene in loro animato e assume ancora più consistenza dalla consapevolezza di aver affidato il Bambino Divino, quindi nella fede privilegiata nel Signore che si è incarnato per tutti. Il Bambino che stringono fra le braccia e per la cui tutela e incolumità si teroveranno a dover fuggire, affrontare viaggi e imprevisti anche in luoghi a loro estranei è il Figlio di Dio fatto uomo, che li aveva già interpellati quando aveva raggiunto Maria nella persona dell'angelo Gabriele e aveva convinto Giuseppe alla rinuncia al ripudio segreto della giovane donna; nella convinzione di essere mandatari di una missione di custodia da parte di Dio, si sentono ancora più motivati nel fervore e nella gioia di essere genitori.
Il ruolo di Maria e di Giuseppe è fra i più difficili e corroboranti della storia, perché riguarda una responsabilità e un'attenzione che non hanno precedenti e che non sono equiparabili ad altre situazioni di parto e di gestazione e per questo nella famiglia di Nazareth non si può non riscontrare un monito a che anche nelle nostre attuali dimensioni familiari ci si prodighi marito per la moglie, moglie per il marito ed entrambi per la seria tutela e la crescita dei figli.
Il vissuto odierno, se da una parte si sforza di offrire alla famiglia il sostegno di strutture pubbliche di assistenza come il Consultorio familiare e altre associazioni simili, in linea generale rende complesso e difficile il ruolo di genitore soprattutto per i continui tartassamenti della moda e del costume corrente che toglie sempre più spazio al focolare domestico privando le nostre case del dialogo, aumeentando le pretestuosità dei ragazzi che sembrano esigere sempre di più dai genitori senza mai contentarsi delle camerette molte volte stracolme di regali e non i rado sprecando il cibo a tavola. C'è anche in Italia un divario mostruoso fra le famiglie nelle quali i bambini non di rado sono sfruttati per lavori manuali più atroci e aberranti, costeretti anche a mantenere i loro genitori, e altre situazioni familiari in cui il benessere dei fanciulli è raccapricciante e deplorevole, intriso com'è della logica del "voglio tutto e subito" che erroneamente viene spesso assecondata. Quanto spazio si dedica poi nelle nostre case al raccoglimento e al confronto fra coniugi reciprocamente e con i nostri figli? Sussiste ancora la disponibilità mutua a comunicare a casa ciascuno i nostri problemi e le nostre difficoltà nella comprensione e nell'accettazione reciproca, essendo ciascuno pronto a mettersi in discussione?
Genitori e figli, si dovrebbe essere tutti disposti alla mutua solidsarietà attenta, per la quale ciascuno si sente libero di esprimersi e allo stesso tempo in dovere di favorire l'espressione dell'altro.
Per quale motivo avvengono infatti numerosi scontri familiari (volte per banali motivi) se non per il fatto che si tende noi ad una certa "coercizione" nell'esporre le nostre opinioni e nel risolvere su certi argomenti decisionali? E' giusto, per dirne una, che i giovani apprendano dall'esperienza degli adulti non omettendo di far tesoro dei loro consigli; ma è altrettanto vero e fondato che da parte degli adulti si debba riscontrare la legittimità delle esigenze dei giovani e considerare la difficoltà del periodo che essi stanno attraversando.
Spesso definita la "cellula della società" e rilevata anche come la "piccola Chiesa domestica", la famiglia è comunque tutt'oggi un valore nel quale, nonostante tante pecchie e lacune, ancora si crede e che va valorizzato come opportunità fondamentale di crescita e di sviluppo, coltivato con interesse e abnegazione. Le coppie che hanno impostato la loro convivenza sulla base di valori etici promettenti e forieri di garanzie e di ricomnpense sono fortunatamente numerose come pure quelle fanmiglie nelle quali il sacrificio e la rinuncia, accolte con spirito di umiltà e di mansuetudine, hanno costruito l'intero habitat e se da un lato sono parecchie le coppie che si disgregano quasi sul nascere socccombendo a ridicoli problemi, dall'altro vi è ancora chi persevera nel bene affrontando con fiducia la non facile esperienza della famiglia.
Gesù, Giuseppe e Maria, che ravvivano ancora in noi l'armonia del Natale, ci indirizzano alla riscoperta del valore familiare ritenuto prezioso e irrinunciabile e soprattutto alla considerazione di tutte quelle condizioni per le quali la famiglia potrà sempre essere un successo raggiunto e un traguardo conseguito, cioè la fede nel Bambino divino che ha scelto una madre e un padre terreni perché noi fossimo divini.