Omelia (25-12-2009) |
don Roberto Seregni |
Stupore Da bambino amavo fare il presepe. Mi piace anche adesso, intendiamoci. Ma il tempo è poco e le mie abilità manuali sono davvero scarse. Da piccolo invece passavo delle ore a sistemare il fondo con il muschio, trovare il posto migliore per la capanna, lucidare lo specchio per il laghetto, mettere i sassolini e il talco per tracciare le strade di Betlemme e, soprattutto, posizionare le statuine. Ognuno aveva una sua logica: la signora con il secchio del latte e le altre con le verdure doveva stare vicino alla capanna per facilitare la spesa al povero Giuseppe, mentre il pescivendolo e il fabbro stavano il più lontano possibile per non turbare il sonno del piccolo Gesù. Ma la mia statuina preferita, quella che occupava le mie riflessioni, era il dormiglione. Il dilemma era serio e teologico: lo metto lontano dalla mangiatoria perché dorme e non gli interessa nulla di Gesù o lo metto vicino vicino, così se si sveglia all'improvviso si può accorgere di quello che è successo? Non mi andava di colpevolizzare il povero dormiglione, ma nemmeno di posizionarlo in pole position... Così lo mettevo a metà strada, in un angolo tranquillo, con buona visuale sulla capanna. Ripenso a queste riflessioni di bimbo e mi viene da sorridere. Forse quel dormiglione è la metafora di quanto sento in me e attorno a me. Mi piace pensare che Gesù nasce anche per il dormiglione che non lo attende. E per noi, indaffarati e pasciuti, narcotizzati dalle pubblicità e incapaci di stupore davanti a quel cucciolo di Messia. Il Suo amore è più forte e tenace delle nostre superficialità e dei nostri assopimenti. Il Natale è l'esplosione della gratuità di Dio, il vertice della Sua fantasia d'amore. Pronti o non pronti, svegli o addormentati, desiderosi o indifferenti, Lui è nato, Dio è entrato nella storia, uomo tra gli uomini. In questo giorno santo chiedo per me, per la mia comunità, per voi amici lettori, il dono dello stupore. Come sarebbe diverso questo Natale se avessimo nel cuore almeno un briciolo della meraviglia dei pastori che quella notte corsero alla mangiatoia! Innanzitutto bisogna dire che i pastori di Betlemme c'entrano ben poco con i pastorelli dalle guancie paffute e la zampogna a tracolla che soggiornano nei nostri presepi. In realtà erano uomini abituati a una vita dura, senza nessuna comodità, esposti ad ogni intemperia, considerati impuri e sugl'ultimi gradini della scala sociale. E proprio a loro gli angeli portano l'annuncio sconvolgente: "E' nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore". Provate a immaginare lo stupore! Per noi? Ma figuriamoci... Il Messia è per i devoti, per i puri, per quelli che osservano tutte le leggi e i precetti. Qui sta la meraviglia: il Messia è per loro, impuri, lontani, rifiuto della società. L'angelo è andato proprio da loro, dai pastori. Non ha cercato i sacerdoti del tempio, i giusti, i devoti o i pii. Ecco l'anticipo delle beatitudini, l'inizio della sovversione dei poteri e delle gerarchie. L'angelo sceglie Maria, una ragazza di Nazareth, e non la figlia del faraone. Il Messia atteso nasce in una mangiatoia data in prestito e non in una clinica specializzata. Il primo annuncio è dato ai pastori e non ai primi della classe. Giuseppe, e non un professore di Oxford, crescerà il piccolo Gesù. Che Dio meraviglioso! Che stupore contemplare l'Eterno in quel cucciolo d'uomo stretto tra le braccia tremanti di Maria... Sia un Natale pieno di stupore, cari amici! Sia un Natale pieno di Lui. Auguri di cuore don Roberto robertoseregni@libero.it |